Due risposte di Papa Francesco

[0] http://www.huffingtonpost.com/2013/07/29/pope-francis-gays_n_3669635.html

Non leggo la stampa italiana, e quello che ha detto Papa Francesco, che ha suscitato tante polemiche, lo so dall'articolo [0].

Una cosa positiva credo vada riconosciuta: come osserva l'autore dell'articolo, mentre Benedetto 16° riteneva l'omosessualità un impedimento al sacerdozio, non è così per Francesco 1°, il quale dice che non se la sente di giudicare una persona che, pur gay, cerca sinceramente Dio.

Direi che è un colpo mortale a tutto il sottobosco di cialtroni, da Tony Anatrella in giù, che a dispetto della scienza continuano a sostenere che l'omosessualità è una malattia da curare. I fautori delle terapie riparative ora perdono la copertura in alto loco.

Certo, restano molte cose da fare per rendere la chiesa cattolica accogliente verso le persone LGBT, ma il primo passo, il non patologizzarle, è stato fatto. Un altro passo importante è stato fatto quando Papa Francesco, rispondendo alle domande su un prelato accusato di aver avuto una tresca gay una decina d'anni fa, ha osservato che, se le indagini avessero confermato le accuse, si sarebbe comunque trattato di un peccato, non di un reato come sarebbe stato ad esempio abusare dei bambini.

Quindi, Papa Francesco rifiuta di equiparare l'omosessualità alla pedofilia, e di criminalizzare l'attività (omo)sessuale tra adulti consenzienti - direi che sarebbe il caso di riproporre all'ONU la mozione per la decriminalizzazione universale dell'omosessualità, e vedere se la delegazione vaticana ora vota a favore e non più contro.

Questo certamente non risolve i problematici rapporti tra chiesa cattolica e movimento LGBT, e tra chiesa cattolica e stato laico in Italia, ma li riduce.

Una cosa che mi ha parecchio infastidito è leggere su Facebook l'insulto "cattochecche" rivolto agli LGBT cattolici che hanno apprezzato le frasi di Papa Francesco, e l'accusarli di essere la causa degli scarsi risultati ottenuti dal movimento in Italia.

Chi scrive queste cose mostra di pensare che la strategia del movimento LGBT non deve essere quella di raggiungere l'egemonia culturale, ovvero convincere il 90-95% di persone etero che l'eteronormatività è una rovina per tutti, e che più diritti per le persone LGBT vuol dire anche più diritti per gli etero - ma quella di creare un esercito di militanti dalla fede perfetta ed immuni da compromissioni con il Male.

Sarà Dio a premiarli con la vittoria poi? E che ci guadagniamo ad insultare delle persone LGBT per quello che sono anziché criticarle per gli eventuali errori che commettono? Questo è il mestiere degli omofobi, lasciatelo fare a loro.

Ciao, RL

Diverso vuol sempre dire diseguale

[1] http://www.ourdocuments.gov/doc.php?flash=true&doc=52&page=transcript

[2] http://it.wikipedia.org/wiki/XIV_emendamento_della_Costituzione_degli_Stati_Uniti_d'America

[3] http://www.law.cornell.edu/supct/html/historics/USSC_CR_0347_0483_ZO.html

[4] http://www.nytimes.com/interactive/2013/06/26/us/26windsor-doc.html?_r=0

[5] http://www.supremecourt.gov/opinions/12pdf/12-144_8ok0.pdf

[6] https://ecf.cand.uscourts.gov/cand/09cv2292/files/09cv2292-ORDER.pd

[7] http://caselaw.lp.findlaw.com/scripts/getcase.pl?court=US&vol=388&invol=1

[8] http://www.freedomtomarry.org/page/-/files/pdfs/mildred_loving-statement.pdf

Mi capita di trovarmi di fronte all’argomento per cui si potrebbe offrire alle persone LGBT l’unione civile in luogo del matrimonio – se l’unione civile ha i medesimi contenuti (diritti e doveri), non si può parlare di discriminazione, è il ragionamento.

Purtroppo, è un ragionamento a cui le corti costituzionali del mondo non credono più. Poiché l’argomento e la sua confutazione sono nati negli Stati Uniti d’America, cito la giurisprudenza americana.

Tutto cominciò nel 1896, quando la Corte Suprema USA sentenziò, nel caso Plessy v. Ferguson [1], che un treno con carrozze per i bianchi e carrozze per i neri non discriminava contro i neri se le carrozze per i neri erano uguali a quelle per i bianchi.

Che l’argomento fosse soltanto un modo per autorizzare la discriminazione razziale a dispetto del Quattordicesimo Emendamento della Costituzione USA [2] se ne era reso conto il giudice supremo Harlan nello scrivere la sua opinione di minoranza (sempre in [1]), giustamente passata alla storia.

Dopo la 2^ Guerra Mondiale l’argomento è stato però respinto; caso classico è stato nel 1954 Brown v. The Board of Education [3], in cui si discuteva se era lecito far frequentare a bianchi e neri scuole diverse, anche se di eguali caratteristiche.

La sentenza dice (non traduco le note):

(inizio)

Arriviamo quindi alla questione postaci: la segregazione dei ragazzi nelle scuole pubbliche solo sulla base della razza, anche se le strutture fisiche ed altri fattori “tangibili” possono essere uguali, privano i ragazzi del gruppo minoritario delle opportunità di ricevere eguale istruzione? Crediamo di sì.

In Sweatt v. Painter, supra, nel rinvenire che una facoltà di legge segregate per i negri non poteva offrir loro opportunità di eguale istruzione, questa Corte si è affidata in gran parte a “quelle qualità che non si possono misurare obiettivamente ma che contribuiscono alla grandezza in una facoltà di legge”. In McLaurin v. Oklahoma State Regents, supra, la Corte, richiedendo che un negro ammesso ad una scuola di specializzazione bianca venisse trattato come tutti gli altri studenti, ha nuovamente fatto ricorso a considerazioni impalpabili: “… la sua abilità di studiare, di entrare in discussione e scambiare opinioni con altri studenti, ed, in generale, di apprendere la sua professione”. Tali considerazioni valgono con maggior forza per i ragazzi delle scuole elementari e medie. Separarli da altri di età e qualifiche simili solo a causa della loro razza genera un sentimento di inferiorità al riguardo della loro posizione nella comunità che può influenzare i loro cuori e le loro menti in un modo che è assolutamente improbabile che si possa disfare. L’effetto di questa separazione sulle loro opportunità di istruzione è stato ben affermato da un pronunciamento nel caso del Kansas da parte di un tribunale che comunque si sentì obbligata a sentenziare contro gli attori negri: la segregazione dei ragazzi bianchi e di colore nelle scuole pubbliche ha un effetto dannoso sui ragazzi di colore. L’impatto è più grande quando è sanzionato dalla legge, in quanto la politica di separazione delle razze è usualmente interpretata come denotante l’inferorità del gruppo negro. Un senso di inferiorità influenza la motivazione di un ragazzo ad apprendere. La segregazione con la sanzione della legge, perciò, ha la tendenza a [ritardare] lo sviluppo educativo e mentale dei ragazzi negri ed a privarli di alcuni dei benefici che riceverebbero in un sistema scolastico razzialmente integrato. Qualunque sia stata la portata delle conoscenze psicologiche al tempo di Plessy v. Ferguson, questo pronunciamento è ampiamente sostenuto dall’autorità moderna. Ogni linguaggio in Plessy v. Ferguson contrario a questo pronunciamento è respinto.

Concludiamo che, nel campo dell’istruzione pubblica, la dottrina del “separati ma eguali” non ha posto. Strutture educative separate sono intrinsecamente ineguali. Perciò sosteniamo che gli attori ed altri in posizione analoga per cui sono state intentae le azioni, sono privati dell’Eguale Protezione della Legge garantita dal Quattordicesimo Emendamento a ragione della segregazione lamentata. Questa disposizione rende superflua ogni discussione sul se tale segregazione violi inoltre la clausola del Giusto Processo del Quattordicesimo Emendamento.

(fine)

Se Plessy v. Ferguson fu emessa a maggioranza (ricordo il dissenso del giudice Harlan), Brown v. The Board of Education fu emessa all’unanimità ed ha influenzato anche la giurisprudenza straniera (l’ha citata perfino l’Alta Corte di Giustizia israeliana nel 2000, quando ha sentenziato in Qa’adan v. Katzir che un “insediamento cooperativo” non può impedire ad una persona di farne parte solo perché araba).

La Corte Suprema USA non ha abolito soltanto il DOMA [4] la settimana scorsa, ha anche stabilito [5] che chi aveva fatto ricorso contro la sentenza della Corte Distrettuale Federale della California del Nord [6] che aveva abolito la Proposizione 8 in California non aveva titolo per farlo – doveva farlo il Governatore Jerry Brown, ma si è rifiutato.

Si tratta di un caso molto interessante, perché il diritto californiano, pur riservando il matrimonio alle coppie eterosessuali, consentiva alle coppie omosessuali di unirsi in “domestic partnership = unione civile”, con praticamente gli stessi diritti e doveri delle coppie coniugate.

Ciononostante, così argomentarono gli oppositori, la perfetta eguaglianza non poteva esserci perché socialmente non è la stessa cosa dire “noi due siamo sposati” e “noi due siamo in un’unione civile”, e l’allora presidente della Corte Distrettuale Vaughn R. Walker ha così concluso la sua lunga sentenza:

(inizio)

La Proposizione 8 non riesce a mostrare una qualsiasi base razionale per negare la licenza matrimoniale proprio ai gay ed alle lesbiche. Infatti, le prove mostrano che la Proposizione 8 non fa altro che incorporare e santificare nella Costituzione della California la nozione che le coppie di sesso diverso sono superiori a quelle del medesimo sesso. Poiché la California non ha alcun interesse a discriminare contro i gay e le lesbiche, e poiché la Proposizione 8 impedisce alla California di adempiere al suo dovere costituzionale di consentire il matrimonio a condizioni di eguaglianza, la corte conclude che la Proposizione 8 è incostituzionale.

(fine)

Dopo la sentenza della Corte Suprema USA lo stato della California ha ricominciato ad emettere licenze matrimoniali alle coppie lesbiche e gay – ed a sposarle.

Io e mia moglie abbiamo più volte discusso se esigere proprio il matrimonio od accontentarsi dell’unione civile. Il compromesso che propongo è che l’unione civile può essere un primo passo, giusto per convincere gli scettici che non casca il mondo se le coppie lesbiche e gay hanno un riconoscimento sociale, e tenendo conto che l’evoluzione costituzionale è sempre graduale: dalla sentenza del 1954 Brown v. The Board of Education a Loving v. Virginia, la sentenza del 1967 [7] che ha abolito il divieto di matrimonio interrazziale che vigeva in 19 stati USA sono passati 13 anni – e non perché nessun altro nel frattempo avesse fatto ricorso.

Però è solo un primo passo, che a me pare ora superfluo: L’Olanda è stato il primo paese al mondo ad aprire le unioni civili (1979) ed il matrimonio (2000) alle coppie omosessuali, ed è in miglior salute dell’Italia da tutti i punti di vista.

Tornando alla sentenza Loving v. Virginia [7], essa è stata citata dal giudice Walker nella sua sentenza sulla Proposizione 8 [6], per affermare che “il diritto costituzionale al matrimonio protegge la scelta che un individuo fa del coniuge indipendentemente dal genere”; Mildred Loving, la donna nera condannata insieme con il marito bianco Robert Loving, prima di morire, nel 2007 dichiarò [8]:

(inizio)

Credo che tutti gli americani, non importa la loro razza, non importa il loro sesso, non importa il loro orientamento sessuale, dovrebbero avere la medesima libertà di sposarsi. … Sono ancora una persona non politica, ma sono orgogliosa che il nome di Richard e mio sia in un caso giudiziario che può aiutare a rinforzare l’amore, l’impegno, l’equità e la famiglia, che molte persone, nere o bianche, giovani o vecchie, gay od etero cercano nella vita. Sostengo la libertà di sposarsi per tutti. Questo è tutto ciò che riguarda Loving ed amarsi” [“Loving” non è solo il cognome di Mildred e Richard – in inglese vuol dire anche “amarsi”].

(fine)

Pensate che chi sostiene che prevedere il matrimonio per gli etero e l’unione civile per gay e lesbiche non sia discriminatorio riuscirà a convincere i giudici costituzionali degli USA e del resto del mondo?

Raffaele Ladu

L'ontologia di Agere Contra





Agere Contra ha pubblicato l’articolo [1]; vi pregherei, prima di leggere la mia risposta, di leggere [0].

Il fulcro di [1] è questo brano:

(inizio)

Il punto decisivo per decidere se i sostenitori di questo nuovo diritto abbiano ragione o torto, se il nuovo diritto vada introdotto oppure no non è affatto l’uguaglianza, ma l’istituto matrimoniale considerato nella sua essenza e nei suoi fini. Si tratta, in altri termini, di accertare se le ragioni per le quali  la legge riconosce il matrimonio e la famiglia, distinguendoli non solo dalle unioni più o meno occasionali, ma anche dalla semplici convivenze di un uomo con una donna, valgano anche  per le unioni fra due persone dello stesso sesso. Hanno, quindi, perfettamente ragione i vescovi  nel richiedere che tutte le leggi  “rispettino la verità sul matrimonio”. Volendo, si può discutere quale sia la verità sul matrimonio, ma in base alle  funzioni e ai compiti del matrimonio e, quindi, della famiglia, che su di esso si fonda ed è la vera ragione per cui l’ordinamento giuridico può e deve interessarsi dell’unione fra due esseri umani (che altrimenti avrebbero tutto il diritto di pretendere che lo Stato non si occupi dei fatti loro). Funzioni e compiti che i vescovi americani individuano nell’impegno a “originare, promuovere e difendere la vita” e nel garantire “ad ogni bambino il diritto e la certezza di avere un padre ed una madre”. Chi non condivide è su questo piano che deve affrontarli dimostrando che hanno torto.

(fine)

Credo che questo brano tradisca un errore di ontologia: Agere Contra è convinta che il matrimonio sia un oggetto ideale, eterno ed increato al pari di Dio, con delle proprietà universalmente valide anche se al mondo non ci fosse nessuna persona da sposare; un matrimonio che violi queste proprietà sarebbe come uno spazio euclideo in cui non vale il Teorema di Pitagora – una cosa non solo inesistente, ma pure inconcepibile perché illogica.

Purtroppo, lo stesso racconto biblico pone l’istituzione del matrimonio come posteriore alla creazione di Adamo ed Eva, facendo del matrimonio un oggetto sociale, al pari della Torah e del denaro. Tocca quindi alle singole società stabilire le caratteristiche del matrimonio, esattamente come lo fa con le monete e le leggi.

Non è possibile applicare al diritto dimostrazioni rigorose come in matematica (perché le leggi sono oggetti sociali e non ideali), ma un principio basilare fu espresso così già dalla Nona delle Dodici Tavole (vedi [2]): “Privilegia ne irroganto = Non si creino privilegi”, a danno o vantaggio di qualcuno.

Con buona pace di Agere Contra, in Italia i coniugi hanno il dovere di mantenere, istruire ed educare i loro figli – ma non hanno il dovere di generarne, e non è una lacuna dell’ordinamento; infatti solo per il diritto canonico (cattolico) l’”esclusione dei figli”, cioè il non volerli generare, è motivo di nullità matrimoniale.

Gli altri doveri dei coniugi sono, per il diritto civile italiano (vedi [3]):

-          l’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi;
-          la fedeltà reciproca;
-          l’assistenza morale e materiale e la collaborazione;
-          la coabitazione e la contribuzione.

Tutti questi doveri li possono adempiere anche due coniugi del medesimo genere – perché negare a due persone quello che possono e vogliono fare, e non fa danno a nessuno (certamente non a me ed a mia moglie, felicemente sposati ed attivisti per il matrimonio egualitario)?

Raffaele Ladu