Il caso Censura "Sposa Chi Vuoi"

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Nozze gay, il Comune si difende ma il caso diventa nazionale - L'Arena 6.2.2018

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Verona, il comune: Via lo slogan sulle coppie gay - Il Corriere di Verona 5.2.2018

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Nozze anche gay E lo stand finisce nella bufera - L'Arena 4.2.2018
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Nozze gay, il Comune si difende ma il caso diventa nazionale - L'Arena 6.2.2018

Slogan #sposachivuoi rimosso da uno stand di «Verona sposi», all’Arsenale, di un «wedding planner» specializzato anche in matrimoni tra persone dello stesso sesso? Dopo lo scontro politico l’Amministrazione comunale si difende: «Abbiamo soltanto ricordato ai titolari dello stand che la posizione dell’Amministrazione è per la famiglia tra persone di sesso diverso. Gli organizzatori non avevano alcun obbligo di modificare l’esposizione. È stata una loro libera scelta», dice l’assessore al Patrimonio Edi Maria Neri. Ma il caso ormai è nazionale, visto tra l’altro che l’Arcigay - in una nota del segretario nazionale Gabriele Piazzoni - fa sapere che sta «segnalando la vicenda all’Unar, l’Ufficio nazionale contro le discriminazioni, affinché richiami la giunta di Verona al rispetto delle leggi». L’imprenditrice Silvia Cassini, creatrice dello slogan finito al centro delle polemiche, aveva detto che dopo aver fatto togliere i cartelli su cui era scritto, ha difeso la libertà d’impresa, non rilevando nulla di male in ciò che aveva fatto. La Neri però - alla nostra richiesta di una ulteriore presa di posizione dell’Amministrazione - ha definito «polemiche strumentali tutte le posizioni avanzate su una presunta censura del Comune nei confronti della manifestazione e dello stand Sposa chi vuoi. Se davvero il Comune avesse voluto censurare, avrebbe revocato la concessione data a una società privata dietro pagamento del regolare canone di affitto. Si tratta di un evento commerciale, al quale giustamente non è stato concesso patrocinio e del quale non si conoscevano i contenuti». L’unica azione messa in campo il giorno prima dell’inaugurazione, prosegue la Neri, «quando abbiamo appreso dalle pubblicità sulla stampa e non da comunicazioni dirette ai nostri uffici, è stato informare gli organizzatori della posizione ormai nota della nostra Amministrazione. Il Comune di Verona rispetta e dà esecuzione alle leggi nazionali che prevedono la celebrazione delle unioni civili, ma non i matrimoni per le coppie delle stesso sesso, come in maniera ingannevole suggeriva la pubblicità. Non abbiamo fatto altro che ricordare agli organizzatori questo aspetto». Palazzo Barbieri sottolinea che «gli organizzatori non avevano alcun obbligo di modificare l’esposizione. È stata una libera scelta. Non è un segreto che la nostra Amministrazione di centrodestra abbia questa impostazione valoriale, è invece strumentale l’azione di chi approfitta di temi etici per fomentare partigianerie». Lo scontro però non si placa. «Ha ragione l’imprenditrice Silvia Cassini. Essere credenti non significa fare crociate o barricate. Anch’io, come lei, sono cattolica e praticante e sono imbarazzata di fronte a questo continuo ridurre la dottrina morale della Chiesa esclusivamente a una morale sessuale, spesso strumentalizzata in condanne astiose e giudicanti». Il senatore uscente di Idea Carlo Giovanardi invece difende l’operato del Comune. E spiega che «l’articolo 1 della Legge Cirinnà stabilisce che “La presente legge istituisce l’unione civile fra persone dello stesso sesso quale specifica formazione sociale ai sensi degli articoli 2 e 3 della Costituzione…”. Quindi chi confonde unioni civili con nozze e matrimonio fra persone dello stesso sesso fa pertanto un’affermazione falsa e contraria alla legge in vigore». Michele Bertucco, capogruppo di Verona e Sinistra in Comune, si augura invece che «la professionista vittima a mio parere di una richiesta illegittima da parte dell’amministrazione faccia valere il diritto di impresa nelle sedi appropriate». Per Flavio Tosi, consigliere comunale, , «che un’amministrazione comunale arrivi a censurare un’azienda di wedding planner, danneggiandola, solo perché promuove le unioni civili, è inconcepibile». E Alessia Rotta, deputata uscente del Pd, sfida il leghista Vito Comencini: «Leggo con stupore che secondo lui la famiglia è solo quella “composta da mamma e papà”. Quindi le coppie che non possono avere figli non sono una famiglia? Lo sa che la legge tutela tutte le famiglie, sposate, unite civilmente e conviventi?» Enrico Giardini su L'Arena di Verona del 6.2.2018

Verona, il Comune: via lo slogan sulle coppie gay. Scoppia la polemica - Corriere di Verona 5.2.2018

LA VICENDA
Verona, il Comune: via lo slogan sulle coppie gay.
Scoppia la polemica Chiesto agli organizzatori dello stand di «Verona sposi» di far sparire la scritta #sposachivuoi


VERONA «Verona ha tradito la sua missione di città dell’amore».

È bastato uno slogan ad effetto, #sposachivuoi, proposto in uno stand dagli organizzatori della manifestazione «Verona Sposi» in programma in questo fine settimana all’ex Arsenale della città veneta, per scatenare una polemica politica con accuse di discriminazioni nei confronti delle coppie gay da parte dell’opposizione in consiglio comunale e decise prese di posizione da parte di chi sostiene la famiglia tradizionale. Nel mirino la decisione dell’amministrazione comunale scaligera di centrodestra di «invitare» gli organizzatori della rassegna veronese a rimuovere in uno stand immagini e slogan allusivi al «same sex wedding», condensati nell’hashtag #sposachivuoi.



Lega e Pd
Il capogruppo della Lega Nord in consiglio comunale, Vito Comencini, ha commentato favorevolmente le critiche che erano state avanzate in precedenza dall’assessore alla trasparenza, Edi Maria Neri. «Le trovate di marketing non possono affossare i valori - ha sottolineato l’esponente del Carroccio -. Bene ha fatto l’assessore Neri a frenare l’allestimento di stand palesemente contrari alla famiglia tradizionale, che rischiava di trasformarsi in propaganda relativista a favore di altre unioni che nulla c’entrano con la famiglia composta da mamma e papà». Immediata la replica del centrosinistra con il consigliere del Partito Democratico, Federico Benini: «l’amministrazione comunale finalmente ha battuto un colpo, ma non per convocare le commissioni sulle richieste delle minoranze che da oltre tre mesi non vengono discusse o per esaminare decine di mozioni ignorate: ha subito trovato il tempo per far rimuovere uno slogan in uno stand a Verona Sposi». Anche il Circolo Pink di Verona ha fortemente contestato la censura allo stand con lo slogan #sposachivuoiverona: «Verona è sempre meno città dell’amore e sempre più patria dei diritti negati - afferma una dichiarazione -. Giulietta e Romeo si stanno rivoltando nelle loro tombe, ammesso che siano esistiti, perché in queste ore Verona ha tradito la sua missione di città dell’amore». 


«Verona sempre meno città dell’amore» 
Verona «sempre meno città dell’amore e sempre più patria dei diritti negati: a sostenerlo il circolo Pink che ha diffuso domenica sera una nota per criticare due distinti episodi che coinvolgono il capoluogo veneto. Il primo è la richiesta da parte dell’amministrazione municipale, dopo la sollecitazione del movimento il Popolo della Famiglia, di cancellare lo slogan »#sposachivuoi” da uno degli stand della rassegna «Verona sposi», in corso nel fine settimana in città. «Giulietta e Romeo scappano e si rifugiano in un’altra città - commentano - con grande preoccupazione per l’indotto turistico generato dal famoso balcone, che da solo attira metà dei turisti che arrivano a Verona da tutto il mondo». Il secondo riguarda l’organizzazione il 16 e 17 febbraio alla Gran Guardia del convegno «Festival per la vita», un evento, sostiene il circolo, che riconduce in città «l’integralismo cattolico», tanto da essere «pubblicizzato sul sito di ProVita». Un appuntamento, accusa il circolo Pink, che riporta Verona «a tempi molto bui, quando la città era laboratorio dell’estrema destra e dell’integralismo cattolico» 

La wedding planner
Si chiama Silvia Cassini ed è una promettente wedding planner la creatrice dello slogan #sposachivuoi finito al centro delle polemiche a Verona. «Ho levato tutti i cartelli con lo slogan - racconta Silvia, 48 anni, madre di tre figli, creatrice della società MyEve, specializzata nell’organizzazione di matrimoni - ma resto convinta di non aver fatto nulla di sbagliato. I matrimoni civili sono legge dello Stato». Lo slogan incriminato, spiega, lo ha inventato lei: «mi è venuto così e ho voluto che diventasse la frase-simbolo del mio lavoro». Silvia organizza matrimoni da quasi tre anni e ha già curato diverse cerimonie per coppie omosessuali. «Sono cattolica praticante - sbotta - ma non vedo niente di male in quello che sto facendo. Io vado avanti per la mia strada, anche perché non capisco cosa ci sia di sbagliato». A non vederci nulla di male, dice, dovrebbe essere pure l’amministrazione municipale di Verona «che organizza cinque matrimoni civili al mese affittando alcune delle sale più belle a sua disposizione». Il patrocinio Il Comune di Verona «non ha dato nessun patrocinio alla manifestazione». Lo precisa l’amministrazione comunale in merito all’evento `Verona Sposi´ e all’invito che l’assessore alla Legalità, Edi Maria Neri, ha rivolto agli organizzatori di togliere riferimenti ai matrimoni gay con l’iniziativa #sposachivuoi. L’amministrazione guidata dal sindaco Federico Sboarina ha sottolineato che il caso è scoppiato all’insaputa del Comune e gli organizzatori «sono stati poco chiari». In sostanza, sapendo la posizione dell’attuale amministrazione sulla questione delle unioni civili, sarebbe stato opportuno - hanno fatto sapere da Palazzo Barbieri - informare i responsabili comunali per affrontare il problema ne trovare la giusta soluzione.

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Nozze anche gay E lo stand finisce nella bufera - L'Arena 4.2.2018

Nozze anche gay E lo stand finisce nella bufera
E pensare che quello slogan lo aveva studiato da tempo apposta per Verona Sposi. Una trovata di marketing con l’obiettivo di distinguersi e colpire nel segno i potenziali clienti: le coppie - di qualsiasi genere - alla ricerca di un aiuto per organizzare il giorno del “sì”. Chi organizza matrimoni, di questi tempi, deve saper andare incontro alle richieste di tutti i clienti, senza distinzioni, siano nozze tradizionali o unioni civili. E mai avrebbe pensato Silvia Cassini, impiegata con l’hobby del wedding planning, che il suo hashtag #sposachivuoi sarebbe stato cassato proprio a Verona, città dell’amore, di Giulietta e Romeo, per di più alla vigilia di San Valentino. Con l’invito, neanche tanto velato, da parte del Comune, dopo i comunicati di protesta del Popolo della famiglia, a far sparire lo slogan dall’allestimento dello stand pronto per il via della manifestazione dedicata ai promessi sposi, inaugurata ieri all’ex Arsenale e che si conclude oggi.
 Elisa Pasetto - L'Arena 4.2.2018