Aids, la guerra dimenticata

http://roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/11_novembre_30/aids-percezione-dei-giovani-Giornata-Mondiale-1902363006632.shtml


IL PRIMO DICEMBRE LA XXIV GIORNATA MONDIALE

Aids, la guerra dimenticata dalle istituzioni
Troppi giovani non sanno cos'è l'Hiv

A vent'anni dalle ultime grandi campagne di informazione, oggi poco si fa per la prevenzione. Un malato su 4 non sa di esserlo. In Italia 1.191 casi. Contagio in crescita tra stranieri

Il nastro simbolo della lotta all'AidsIl nastro simbolo della lotta all'Aids
ROMA - Si celebra il primo dicembre la XXIV Giornata Mondiale per la lotta all’Aids. Ma la battaglia contro l'immunodeficienza da virus Hiv pare essere passata in secondo piano rispetto a tanti altri problemi sanitari. Eppure in Italia ci sono 165 mila «persone viventi con Hiv/Aids». All'occhio dei non esperti potrebbe sembrare che media e istituzioni abbiano «abbassato la guardia». Quel che è certo è che non si fa abbastanza per ricordare ai più giovani la minaccia dell'Hiv. E la percezione dei ragazzi riguardo all'Aids appare quantomeno sbiadita. Tanto che un sieropositivo su 4 non sa di esserlo, finchè la malattia si manifesta con virulenza: E allora è troppo tardi per limitare i danni: il contagio, in tempi in cui il preservativo nei rapporti sessuali viene di nuovo condierato da tanti under 20 un optional, è in aumento.
Ospedali: un reparto malattie infettive Ospedali: un reparto malattie infettive
DATI VECCHI DI 2 ANNI - Gli ultimi dati riguardanti l’Aids risalgono al 2009. Due anni fa, vennero raccolti pubblicati dall’Istituto Superiore di Sanità: documentavano i risultati della sorveglianza, a copertura nazionale, di nuovi casi di infezione da Hiv, attivata in 16 regioni o province italiane che rappresentano il 72,3% della popolazione residente.
Qualche numero: 1.191 nuovi casi di Aids in Italia, 4,5 nuovi casi ogni 100 mila residenti italiani e 22,2 nuovi casi ogni 100 mila stranieri residenti. Quasi il 60% nei nuovi infetti ha scoperto di aver contratto la malattia soltanto durante la fase conclamata. Un sieropositivo su 4 non sa di esserlo.
I ragazzi e l'Aids
di V. Altimari e G. Russo
CAMPAGNE ANNI '90 - La XXIV Giornata Mondiale per la lotta all’Aids si celebra in tutto il mondo con campagne di informazione e sensibilizzazione. In Italia ormai da qualche anno, si nota la mancanza di questo genere di iniziative, soprattutto sul fronte istituzionale. Si muovono le associazioni, consapevoli di quanto il problema sia ancora impellente, ma la voce dei ministeri è sempre più flebile.
Risalgono agli anni ’90 le campagne più incisive. Messaggi chiari sulla prevenzione arrivavano dai media, dalla distribuzione di opuscoli, da incontri nelle scuole e corsi di formazione. Le istituzioni mettevano mano ad una piaga sociale e cercavano di raggiungere la popolazione nel tentativo di non farla diventare una vera pandemia.
GUARDIA BASSA - «Sono circa 10 anni che la guardia si è abbassata – denuncia Andrea Berardicurti, da oltre 20 anni operatore di una Associazione, un combattente sul campo – come se questa malattia fosse debellata». Uno dei motivi di questa illusoria rassicurazione è la diminuzione dei casi di decesso. Grazie alle nuove terapie introdotte in Italia nel 1996, infatti, si è prolungata la sopravvivenza e ridotta la mortalità delle persone sieropositive. Questo fa pensare che il pericolo sia scongiurato, mentre nella realtà la diffusione del virus HIV aumenta in maniera preoccupante.
MENO MORTI, PIU' RISCHI - «I ragazzi che incontriamo noi del Circolo Mario Mieli, impegnato nella lotta all’Aids – continua Andrea – si sentono rassicurati proprio perché hanno sentito parlare di farmaci salvavita. Questo, poi, è aggravato dal fatto che l’uso del preservativo è ancora tabù, non se ne parla nelle scuole e, raramente, nelle famiglie». Meno morti ma più rischi, dunque. Indiscutibili i successi della medicina, ma troppo confusa la comunicazione e lontana la risoluzione del problema.
La campagna anti Aids del Circolo Mario MieliLa campagna anti Aids del Circolo Mario Mieli
MAMME INFORMATE - Daniele, anno di nascita 1990, ha una mamma preoccupata ed informata, lei ha assorbito le informazioni delle campagne di 20 anni fa ed oggi educa il figlio per un’attenta sessualità. Ma fuori casa? «I miei amici non usano il preservativo – sorride Daniele imbarazzato – costa troppo e non pensano al rischio».
Ludovico ha 17 anni, dalla scuola non ha ricevuto indicazioni, a casa neppure, il problema non sussiste. Il preservativo? No grazie, lui dice «Mi fido». Aurora va al liceo, ha 16 anni e la mamma l’ha preparata al pericolo delle malattie sessualmente trasmissibili, anticipando i futuri incontri sentimentali.
SPOT TELEVISIVI DIMENTICATI - Aurora però non ha memoria di spot televisivi, non le è mai capitato tra le mani un opuscolo e, probabilmente, quando vorrà saperne di più formerà la sua cultura online.
In un panorama di assenza delle istituzioni, la lotta all'Aids si fa sul Web o con le piccole iniziative private sul territorio, tra i giovani. Molte associazioni romane intraprendono progetti autofinanziati a favore della prevenzione e di sostegno verso le persone malate di Aids.
I condom di ContestaI condom di Contesta
DISTRIBUZIONE DI CONDOM - Per rompere il muro del silenzio ContestaRockHair, saloni di bellezza ad alto tasso di giovani, lancia «Aids is not Dead», una campagna di sensibilizzazione con la distribuzione di condom, per tutto il mese di dicembre. Ogni profilattico sarà venduto al valore simbolico di 1 euro, e l'intero ricavato sarà devoluto all'associazione onlus «Sieropositivo.it», per l'attività di informazione rivolta ai ragazzi delle scuole superiori. Ogni salone di Contesta, inoltre, avrà un distributore di caramelle che dispenserà le spillette «Aids is not Dead», il cui ricavato andrà alla stessa associazione.
LA NOTTE ANTI CONTAGIO - Il Circolo Mario Mieli, attraverso Muccassassina, appuntamento della notte che riunisce migliaia di giovani gay e non, il 2 dicembre dedica parte dell’incasso alla Cooperativa sociale «Gaia», che si occupa dell’assistenza domiciliare alle persone in Aids non autosufficienti. AnlAids prende parte al progetto del «Danish Center» che usa strumenti innovativi per la divulgazione. Attraverso il sito safesexdu.com si possono avere fare domande sulla malattia, il test, le vie di contagio e ricevere risposte anche sul proprio cellulare «Getting to zero», arrivare a zero (zero discriminazioni e zero morti), è lo slogan internazionale della Giornata di lotta contro l'Aids, sposato anche dalla Lila che muove azioni molteplici su tutto il territorio.
Doriana Torriero30 novembre 2011 | 20:39© RIPRODUZIONE RISERVATA

Bodhisattva di malaffare

Sto leggendo il libro Kuan-yin : The Chinese Transformation of Avalokiteśvara / Chün-fang Yü, che è veramente molto interessante; poiché in mezzo a tante pagine dotte ce ne sono alcune che ho trovato esilaranti (pp. 419-427), ho pensato di trattarne qui a parte.

Ho già scritto qui che nel pantheon buddista esiste una divinità transgender, chiamata Guanyin oppure Kuan-yin a seconda del sistema di traslitterazione usato, ed ho voluto comprare il libro (che usa la grafia Kuan-yin) per approfondire; penso di aver fatto bene perché, anche indipendentemente dall'interesse che Kuan-yin ha per un'associazione LGBT, il libro è una magnifica esposizione dello sviluppo del buddismo in Cina.

Ricordo che cos'è un bodhisattva: secondo il buddismo mahayana, la più alta forma di realizzazione spirituale non è il diventare un arhat (cioè una persona che, avendo raggiunto l'illuminazione, ne gode semplicemente i frutti uscendo dal samsara ed entrando nel nirvana), ma una persona che vuol condividere l'illuminazione con tutti gli esseri senzienti, e rimane perciò nel samsara per aiutarli a rinascere ad un livello superiore od illuminarli addirittura.

Questi è un bodhisattva, ed i semplici fedeli che da soli non ce la farebbero mai sanno di poter contare su di loro. Ed ai bodhisattva si attribuisce una grande versatilità e creatività nello scegliere gli "upaya = mezzi acconci" per illuminarli.

Sebbene il buddismo sia una religione ascetica, non ci sono limiti nella scelta degli "upaya"; e le scritture tantriche dicono dei bodhisattva che, una volta giunti al sunyata [ovvero, si sono resi conto che la distinzione soggetto-oggetto non ha senso], essi possono commettere qualsiasi cosa senza riportarne danno spirituale.

Per esempio, di Vimalakirti si dice che entrava nei bordelli e nei "cabaret" [la parola è dell'autrice] e commetteva pure i "cinque peccati mortali" (uccidere il padre, uccidere la madre, uccidere un arhat, far male ad un bodhisattva, creare divisioni nel sangha [comunità buddista]) senza che questo gli nuocesse; e dei mara [demoni] si dice che sono in realtà dei bodhisattva con una missione assai particolare, che giova comunque a chi cerca l'illuminazione.

Tra i "mezzi acconci" non manca il sesso - per questo ho tradotto "upaya" con "mezzi acconci", ben sapendo che talvolta diventano "mezzi sconci", ed il titolo che ho scelto, "Bodhisattva di malaffare", non è per niente gratuito.

Don Lorenzo Milani, nel libro Lettera a una professoressa, paragonò i maestri ai preti ed alle puttane, perché il loro compito era amare ed abbandonare - ed un simile paragone è preso molto sul serio dalle scritture buddiste.

La professoressa Reiko Ohnuma ha conseguito il suo dottorato in scienze religiose con una tesi sul "dono del corpo", che nel caso del buddismo può giungere all'automutilazione, ma contempla anche la prostituzione; di lei Chün-fang Yü cita queste parole a proposito di prostitute e bodhisattva:
Poiché entrambi rifuggono dal particolare amore di un coniuge e di una famiglia, essi sono liberi di offrire i loro doni a tutti egualmente. La differenza cruciale, ovviamente, è che la prostituta è spinta dall'avidità ed offre i suoi doni in scambio, mentre il bodhisattva è spinto dalla compassione ed offre i suoi doni per pura generosità. Eppure, sia la prostituta che il bodhisattva hanno una particolare spinta a sedurre e soddisfare i loro clienti, ed impiegano in modo efficace un'ampia varietà di diverse abilità volte a compiacere tutti i tipi di esseri. Infatti, nell'Upayakausalya Sutra (Sutra dell'abilità nei mezzi), l'insegnamento del dharma con mezzi acconci da parte del bodhisattva è esplicitamente confrontato con i diversi metodi con cui le prostitute spennano i loro clienti.
E sia i bodhisattva che le prostitute hanno la caratteristica di non discriminare e non respingere; il libro riporta diversi episodi in cui una prostituta si sarebbe rivelata dopo la morte un'incarnazione di Kuan-yin, che usava il suo corpo per portare gli uomini nel paradiso del dharma, non (solo) in quello dei sensi.

Ed infatti a codeste meretrici si attribuisce questa caratteristica: l'orgasmo che davano era definitivo - ovvero saziava per sempre ogni desiderio sessuale, facilitando l'ascesi in coloro che erano stati loro clienti.

Che nei propri desideri si celi l'illuminazione è un insegnamento reso famoso da Nichiren Daishonin, ma non è suo originale - si può trovare in tutto il buddismo mahayana; e l'uso del sesso come veicolo d'illuminazione è celebrato particolarmente nel buddismo tantrico.

Il libro riporta la storia di Avalokitesvara e Vinayaka (un'incarnazione del dio Ganesa): il loro padre Mahesvara aveva avuto la bellezza di 3000 figli, tra cui loro due; Avalokitesvara era a capo dei 1500 figli buoni, Vinayaka dei 1500 figli malvagi.

La vittoria dei buoni sui cattivi avvenne quando Avalokitesvara si unì a Vinayaka come "fratello maggiore con fratello minore, marito con moglie", e si tratta dell'unico rapporto esplicitamente omosessuale che ritrovo nel libro, anche se il culto di Avalokitesvara/Kuan-yin si prestava certo a delle ambiguità: per esempio, degli attori che recitavano en travesti si diceva che erano "belli come Kuan-yin".

Una storia simile è quella di "Huan-shi wang = Re del piacere", lontanissimo sia dall'ascesi che dal buddismo; ma Kuan-yin lo sedusse sotto forma di bella fanciulla e lo convertì al buddismo, facendone un protettore (giuro, non c'è il doppio senso!). Esiste un rito tantrico ispirato alla loro storia, ed essi sono spesso ritratti abbracciati, congiunti e sorridenti, come nella raffigurazione tibetana dello yab-yum, che vedete qui a sinistra.

Una versione meno salace di questa storia, ma che forse meglio spiega come una bella ragazza possa illuminare dei maschietti è quella della "moglie di Ma", detta anche la "Kuan-yin del canestro di pesci".

Costei era una bella pescivendola, tanto corteggiata da potersi permettere di dire ai suoi pretendenti che avrebbe sposato chi di loro fosse riuscito ad imparare a memoria in una sola notte il capitolo del Portale Universale del Sutra del Loto - ci riuscirono in venti.

In Cina un uomo poteva sposare più donne, ma una donna non poteva sposare più uomini - perciò la pescivendola alzò il tiro: avrebbe sposato chi fosse riuscito a memorizzare il Sutra del Diamante; ma ci riuscirono in più di dieci.

Allora lei disse che avrebbe impalmato chi avesse imparato in tre giorni il Sutra del Loto - ci riuscì solo il signor Ma, che lei sposò.

Ma ella morì prima che il matrimonio fosse consumato, ed un monaco di passaggio qualche giorno dopo disintegrò la carne intorno alle sue ossa, mostrando che erano incatenate da una catena d'oro - la donna era una bodhisattva (Kuan-yin, per l'appunto) che aveva usato la sua bellezza per portare i suoi pretendenti al buddismo.

Il curioso dettaglio del matrimonio non consumato mostra l'involuzione della società cinese nel periodo tra le dinastie T'ang (618-907), in cui la civiltà cinese raggiunse il suo apogeo, ed il tantrismo la massima diffusione in Cina, e Sung (960-1279), in cui inizia la decadenza di una civiltà ancora smagliante, manifestata anche dall'insistenza sulla continenza, di origine neo-confuciana, che fece cadere nel dimenticatoio le dottrine sull'affinità tra bodhicitta e meretricio.

Avrei forse potuto rendere più leggero questo articolo, evitando troppi riferimenti dotti - ma chi mi avrebbe salvato dall'accusa di aver portato scompiglio nel samgha accostando spudoratamente erotismo e buddismo? Non si può scrivere semplicemente che il vero bodhisattva è una gran puttana senza averlo prima dimostrato :-)

Per quanto riguarda la scarsità di racconti su Avalokitesvara/Kuan-yin a tema omosessuale, non è il caso di disperare: le aspettative dei fedeli condizionano la forma dei miracoli che vengono attestati, quindi è possibile che nel prossimo secolo si comincino a raccogliere racconti di questo tipo, se i/le seguaci LGBT di Kuan-yin trovano il coraggio di fare il loro bravo coming-out.

Raffaele Ladu

La Gioconda era un travestito


Per ricercatrice francese soggetto dipinto è Salai, suo amante
07 novembre, 20:39
di Aurora Bergamini

PARIGI - La Gioconda era un travestito: è la sentenza shock di una ricercatrice francese, Sophie Herfort, che ha pubblicato un libro proprio in coincidenza con la grande mostra aperta a Londra su Leonardo da Vinci. Se la Gioconda fosse davvero Lisa Ghedini, la moglie di Francesco del Giocondo, allora perché il dipinto non è mai appartenuto a quest'ultimo? E perché tra gli appunti del grande genio del Rinascimento non viene mai menzionato ne' questo quadro ne' chi lo ha commissionato? E ancora, perché il maestro toscano non si è mai voluto separare dal ritratto di Monna Lisa tanto da portarlo con se' in Francia, alla corte di Francesco I? A porsi queste domande è Sophie Herfort, giovane professoressa e ricercatrice in Scienze dell'arte all'Università Sorbona di Parigi, nel libro appena uscito oltralpe per le edizioni Michel Lafon, 'Le Jocond' (Il Giocondo), risultato di quattro anni di ricerche, tra Francia, Italia e Stati Uniti.

Salai, alias Gian Giacomo Caprotti, giovane allievo e musa di Leonardo, per la Herfort non fu semplicemente il modello della tavola, come aveva già ipotizzato il ricercatore italiano Silvano Vinceti, per la somiglianza nei tratti del volto tra il San Giovanni Battista (che ricorda appunto la fisionomia di Salai) e la Gioconda. Ne fu anche il vero soggetto. Era proprio lui che Leonardo si era divertito a rappresentare: il suo amante, vestito da donna, ovvero con quegli stessi abiti femminili, tra mantelline di pelliccia e autoreggenti rosa, che Salai indossava di solito fra le mura domestiche. Il quadro venne poi ulteriormente ''femminilizzato'', con il velo sui capelli e un decolleté più accentuato, per paura della censura: ''al tempo l'omosessualità era punita con il rogo - spiega all'ANSA la Herfort - e Leonardo era scampato nel 1477 una condanna per atti immorali per avere partecipato a una sodomia di gruppo con altri artisti''.

Non fu infatti Leonardo, ''un omosessuale discreto'' come lo definisce la ricercatrice, a dare il titolo all'opera, ma lo storico Giorgio Vasari, solo dopo la morte dell'artista, facendo una serie di considerazioni e correlazioni ''del tutto discutibili e confutabili''. ''L'amore folle e incondizionato di Leonardo da Vinci per il suo giovane assistente sono all'origine di una delle opere più celebri, ammirate e controverse della storia di tutti i tempi - afferma l'autrice - Le illustrazioni, gli schizzi preparatori e le corrispondenze private del genio italiano non lasciano spazio al dubbio: la Gioconda non è una donna. Quello che noi identifichiamo come l'ideale della bellezza femminile è un travestito''.

Leonardo conobbe per caso Salai il 22 luglio del 1490 a Oreno di Vimercate, alle porte di Milano, mentre cercava, in quanto pittore alla corte Ludovico Maria Sforza, il cavallo perfetto da scolpire in onore di un potente condottiere milanese. Rimase ammaliato dalla bellezza di questo ragazzino che lavorava tra le vigne - all'epoca aveva solo 10 anni, mentre Leonardo ne aveva 38 - e lo comprò per un pugno di fiorini. Fu il suo benefattore per i trent'anni a venire: lo ospitò a casa sua, lo fece lavorare per lui e diventò la sua musa universale, diavolo e angelo, dalla bellezza androgina, che racchiudeva in se' il femminile e maschile, la figura ideale. E soprattutto lo amò alla follia, gli concesse tutti i capricci (Salai era spendaccione e goloso, osserva l'autrice), Quando nel 1516 Leonardo, sessantenne, venne chiamato come pittore ufficiale alla corte di Francesco I, l'allievo irriverente, avendo già ottenuto la sua parte di eredità, non si sentì obbligato a seguirlo. ''Ma Leonardo che era ossessionato dal suo amante, portò con sé la Gioconda e il San Giovanni Battista - conclude la Herfort - così Salai, il suo sguardo, il suo sorriso, continuarono a seguirlo''.

(Dall'ANSA)

Programmare la diseguaglianza

La settimana scorsa è stato presentato alla Camera il "Decreto Sviluppo", che tra le tante norme contiene una modifica all'articolo 537-bis del Codice Civile, per cui il testatore può dividere la "legittima" verso i figli non più in parti uguali, ma la metà può distribuirla come vuole.

La più ovvia delle osservazioni (vedi i link [1][2] e [3]) è che la norma giova direttamente a Silvio Berlusconi, che potrebbe decidere di favorire i due figli di primo letto contro gli altri tre - ed usare magari questo come arma di pressione nella causa di divorzio con Veronica Lario.

Altre persone però dicono di ricavarne beneficio, e sono gli imprenditori riuniti nell'AIDAF, la quale da molto tempo propone una cosa del genere (vedi [4]); se questo discolpa in parte Berlusconi (che può dire di non aver pensato solo a se stesso), non toglie un grave inconveniente della proposta.

Ad ogni sistema familiare si accompagna un "contenuto ideologico" (per citare il libro [5]), nel senso che i sistemi in cui i figli ereditano in parti uguali incoraggiano a pensare che tutte le persone hanno i medesimi diritti (perché ereditano in parti uguali) e doveri (perché ogni erede paga i debiti del de cuius in proporzione a quanto ha ereditato).

I sistemi in cui l'eredità viene ripartita tra i figli in modo diseguale incoraggiano invece a pensare che le persone sono intrinsecamente diseguali; e nei casi in cui l'eredità venga attribuita con il sistema del "maggiorascato" (ovvero uno solo dei figli - di solito il maschio più anziano - eredita tutto), si incoraggia a divinizzare gli eletti ed a disumanizzare i reietti.

Ed infatti Courbage e Todd notano che il nazismo tedesco, lo sciovinismo giapponese ([6], ma vedi anche [7]), e l'etnocentrismo che in Ruanda portò al genocidio poterono attecchire e fare molto danno perché Germania, Giappone e tribù ruandesi praticavano appunto il "maggiorascato".

Il danno maggiore questo sistema familiare lo fa quando non è possibile per i figli lasciare la famiglia d'origine fino alla morte del patriarca, perché questo crea una situazione di sottomissione autoritaria ad un capo che non hanno scelto; quando invece la legge e la tradizione lo consentono, sono possibili la libertà e la democrazia.

Un esempio classico è l'Inghilterra: lì era considerato normale che l'uomo sposato lasciasse la famiglia d'origine, con l'aiuto economico di quest'ultima; però il padre poteva disporre dell'eredità a suo piacimento, col risultato che il sistema politico inglese era democratico, ma non egualitario.

Un sistema egualitario (almeno per i maschietti) ma non democratico era dato da Francia, Russia e Cina: divisione dell'eredità in parti uguali, ma con obbligo di risiedere insieme con il patriarca fino alla sua morte. E queste sono state le caratteristiche delle rivoluzioni di quei paesi - eguaglianza senza libertà.

Le società in cui la ripartizione delle eredità tra i figli è in parti eguali incoraggiano a pensare in modo universalistico, ovvero a soluzioni che valgano per la generalità degli esseri umani - allo stesso modo in cui in una famiglia siffatta qualsiasi soluzione deve funzionare egualmente bene per tutti i figli e coeredi.

Invece, quando è possibile manipolare le quote ereditarie, diventa concepibile pensare a soluzioni che funzionino solo a prezzo dell'esclusione o dello sfruttamento di alcune persone - di quelle che si è già deciso che conteranno poco o punto.

E questa è la politica del centro-destra in Italia. Questa modifica delle regole ereditarie non è semplicemente un regalo a Berlusconi ed a tutte le famiglie di imprenditori che non hanno saputo impostare l'educazione dei loro figli preparandoli ad una gestione collegiale dell'impresa di famiglia - è il miglior riassunto del modello di società che ha in mente Berlusconi.

Inoltre, paradossalmente, questa misura ci costringe a rimpiangere che il primato non sia automaticamente attribuito al primogenito, indipendentemente dal sesso.

Infatti in Italia il rapporto fra i sessi [7] è, alla nascita, di 1059 maschi ogni 1000 femmine - il che significa che la probabilità che il proprio primogenito sia femmina (e quindi, nella nostra ipotesi, a lei vada il governo dell'azienda), è del 48,57%.

Poiché le signore hanno minor mortalità dei maschietti, se la probabilità fosse calcolata sulle persone di età tra i 15 ed i 64 anni, il rapporto tra i sessi sarebbe di 103 maschi per 100 femmine - ovvero che l'azienda di famiglia passi grazie al "maggiorascato" in mano ad una femmina sarebbe del 49,26%.

Nel paese che, secondo [8], nel 2011 si è trovato al 74° posto nella classifica mondiale delle diseguaglianze di genere, quante probabilità ci sono che il titolare di un'impresa familiare privilegi spontaneamente una figlia femmina nella successione? Ben inferiori, temo.

Inoltre, visto che spesso si sceglie non il figlio/la figlia più abile, ma il/la più rassicurante, anzi, il/la più stereotipicamente "normale", la possibilità che un(a) figli* non etero sia privilegiato nell'eredità sarà almeno pari al 5-10%, che è la prevalenza di lesbiche e gay nella popolazione italiana?

Il provvedimento di Berlusconi è una licenza per discriminare, e copre inoltre l'imprevidenza di chi non è stato capace di educare la propria famiglia alla gestione collegiale, come hanno fatto invece i fondatori di multinazionali come Samsung, Wal-Mart, Ford, eccetera.

Raffaele Ladu