Bodhisattva di malaffare

Sto leggendo il libro Kuan-yin : The Chinese Transformation of Avalokiteśvara / Chün-fang Yü, che è veramente molto interessante; poiché in mezzo a tante pagine dotte ce ne sono alcune che ho trovato esilaranti (pp. 419-427), ho pensato di trattarne qui a parte.

Ho già scritto qui che nel pantheon buddista esiste una divinità transgender, chiamata Guanyin oppure Kuan-yin a seconda del sistema di traslitterazione usato, ed ho voluto comprare il libro (che usa la grafia Kuan-yin) per approfondire; penso di aver fatto bene perché, anche indipendentemente dall'interesse che Kuan-yin ha per un'associazione LGBT, il libro è una magnifica esposizione dello sviluppo del buddismo in Cina.

Ricordo che cos'è un bodhisattva: secondo il buddismo mahayana, la più alta forma di realizzazione spirituale non è il diventare un arhat (cioè una persona che, avendo raggiunto l'illuminazione, ne gode semplicemente i frutti uscendo dal samsara ed entrando nel nirvana), ma una persona che vuol condividere l'illuminazione con tutti gli esseri senzienti, e rimane perciò nel samsara per aiutarli a rinascere ad un livello superiore od illuminarli addirittura.

Questi è un bodhisattva, ed i semplici fedeli che da soli non ce la farebbero mai sanno di poter contare su di loro. Ed ai bodhisattva si attribuisce una grande versatilità e creatività nello scegliere gli "upaya = mezzi acconci" per illuminarli.

Sebbene il buddismo sia una religione ascetica, non ci sono limiti nella scelta degli "upaya"; e le scritture tantriche dicono dei bodhisattva che, una volta giunti al sunyata [ovvero, si sono resi conto che la distinzione soggetto-oggetto non ha senso], essi possono commettere qualsiasi cosa senza riportarne danno spirituale.

Per esempio, di Vimalakirti si dice che entrava nei bordelli e nei "cabaret" [la parola è dell'autrice] e commetteva pure i "cinque peccati mortali" (uccidere il padre, uccidere la madre, uccidere un arhat, far male ad un bodhisattva, creare divisioni nel sangha [comunità buddista]) senza che questo gli nuocesse; e dei mara [demoni] si dice che sono in realtà dei bodhisattva con una missione assai particolare, che giova comunque a chi cerca l'illuminazione.

Tra i "mezzi acconci" non manca il sesso - per questo ho tradotto "upaya" con "mezzi acconci", ben sapendo che talvolta diventano "mezzi sconci", ed il titolo che ho scelto, "Bodhisattva di malaffare", non è per niente gratuito.

Don Lorenzo Milani, nel libro Lettera a una professoressa, paragonò i maestri ai preti ed alle puttane, perché il loro compito era amare ed abbandonare - ed un simile paragone è preso molto sul serio dalle scritture buddiste.

La professoressa Reiko Ohnuma ha conseguito il suo dottorato in scienze religiose con una tesi sul "dono del corpo", che nel caso del buddismo può giungere all'automutilazione, ma contempla anche la prostituzione; di lei Chün-fang Yü cita queste parole a proposito di prostitute e bodhisattva:
Poiché entrambi rifuggono dal particolare amore di un coniuge e di una famiglia, essi sono liberi di offrire i loro doni a tutti egualmente. La differenza cruciale, ovviamente, è che la prostituta è spinta dall'avidità ed offre i suoi doni in scambio, mentre il bodhisattva è spinto dalla compassione ed offre i suoi doni per pura generosità. Eppure, sia la prostituta che il bodhisattva hanno una particolare spinta a sedurre e soddisfare i loro clienti, ed impiegano in modo efficace un'ampia varietà di diverse abilità volte a compiacere tutti i tipi di esseri. Infatti, nell'Upayakausalya Sutra (Sutra dell'abilità nei mezzi), l'insegnamento del dharma con mezzi acconci da parte del bodhisattva è esplicitamente confrontato con i diversi metodi con cui le prostitute spennano i loro clienti.
E sia i bodhisattva che le prostitute hanno la caratteristica di non discriminare e non respingere; il libro riporta diversi episodi in cui una prostituta si sarebbe rivelata dopo la morte un'incarnazione di Kuan-yin, che usava il suo corpo per portare gli uomini nel paradiso del dharma, non (solo) in quello dei sensi.

Ed infatti a codeste meretrici si attribuisce questa caratteristica: l'orgasmo che davano era definitivo - ovvero saziava per sempre ogni desiderio sessuale, facilitando l'ascesi in coloro che erano stati loro clienti.

Che nei propri desideri si celi l'illuminazione è un insegnamento reso famoso da Nichiren Daishonin, ma non è suo originale - si può trovare in tutto il buddismo mahayana; e l'uso del sesso come veicolo d'illuminazione è celebrato particolarmente nel buddismo tantrico.

Il libro riporta la storia di Avalokitesvara e Vinayaka (un'incarnazione del dio Ganesa): il loro padre Mahesvara aveva avuto la bellezza di 3000 figli, tra cui loro due; Avalokitesvara era a capo dei 1500 figli buoni, Vinayaka dei 1500 figli malvagi.

La vittoria dei buoni sui cattivi avvenne quando Avalokitesvara si unì a Vinayaka come "fratello maggiore con fratello minore, marito con moglie", e si tratta dell'unico rapporto esplicitamente omosessuale che ritrovo nel libro, anche se il culto di Avalokitesvara/Kuan-yin si prestava certo a delle ambiguità: per esempio, degli attori che recitavano en travesti si diceva che erano "belli come Kuan-yin".

Una storia simile è quella di "Huan-shi wang = Re del piacere", lontanissimo sia dall'ascesi che dal buddismo; ma Kuan-yin lo sedusse sotto forma di bella fanciulla e lo convertì al buddismo, facendone un protettore (giuro, non c'è il doppio senso!). Esiste un rito tantrico ispirato alla loro storia, ed essi sono spesso ritratti abbracciati, congiunti e sorridenti, come nella raffigurazione tibetana dello yab-yum, che vedete qui a sinistra.

Una versione meno salace di questa storia, ma che forse meglio spiega come una bella ragazza possa illuminare dei maschietti è quella della "moglie di Ma", detta anche la "Kuan-yin del canestro di pesci".

Costei era una bella pescivendola, tanto corteggiata da potersi permettere di dire ai suoi pretendenti che avrebbe sposato chi di loro fosse riuscito ad imparare a memoria in una sola notte il capitolo del Portale Universale del Sutra del Loto - ci riuscirono in venti.

In Cina un uomo poteva sposare più donne, ma una donna non poteva sposare più uomini - perciò la pescivendola alzò il tiro: avrebbe sposato chi fosse riuscito a memorizzare il Sutra del Diamante; ma ci riuscirono in più di dieci.

Allora lei disse che avrebbe impalmato chi avesse imparato in tre giorni il Sutra del Loto - ci riuscì solo il signor Ma, che lei sposò.

Ma ella morì prima che il matrimonio fosse consumato, ed un monaco di passaggio qualche giorno dopo disintegrò la carne intorno alle sue ossa, mostrando che erano incatenate da una catena d'oro - la donna era una bodhisattva (Kuan-yin, per l'appunto) che aveva usato la sua bellezza per portare i suoi pretendenti al buddismo.

Il curioso dettaglio del matrimonio non consumato mostra l'involuzione della società cinese nel periodo tra le dinastie T'ang (618-907), in cui la civiltà cinese raggiunse il suo apogeo, ed il tantrismo la massima diffusione in Cina, e Sung (960-1279), in cui inizia la decadenza di una civiltà ancora smagliante, manifestata anche dall'insistenza sulla continenza, di origine neo-confuciana, che fece cadere nel dimenticatoio le dottrine sull'affinità tra bodhicitta e meretricio.

Avrei forse potuto rendere più leggero questo articolo, evitando troppi riferimenti dotti - ma chi mi avrebbe salvato dall'accusa di aver portato scompiglio nel samgha accostando spudoratamente erotismo e buddismo? Non si può scrivere semplicemente che il vero bodhisattva è una gran puttana senza averlo prima dimostrato :-)

Per quanto riguarda la scarsità di racconti su Avalokitesvara/Kuan-yin a tema omosessuale, non è il caso di disperare: le aspettative dei fedeli condizionano la forma dei miracoli che vengono attestati, quindi è possibile che nel prossimo secolo si comincino a raccogliere racconti di questo tipo, se i/le seguaci LGBT di Kuan-yin trovano il coraggio di fare il loro bravo coming-out.

Raffaele Ladu