Gabriele Piazzoni, Segretario Nazionale di Arcigay scrive al direttore di Libero.

Condividiamo la lettera del Segretario Nazionale di Arcigay Gabriele Piazzoni al direttore del quotidiano Libero:
Gentile direttore,
Seguo da giorni il dibattito suscitato dal vostro infausto titolo, quello che accomunava calo del Pil e aumento della visibilità delle persone lgbti nella chiave “c’è poco da stare allegri”. Lo seguo con un misto di sentimenti, che vanno dall’indignazione all’incredulità. E proprio sull’onda di questi sentimenti mi sono convinto della necessità di scriverle queste righe, per fissare alcuni punti fermi. Il primo: a noi l’aumento della visibilità delle persone lgbti rende molto allegri.
Le sembrerà scontato ma anche a me sarebbe sembrato scontato immaginare la medesima soddisfazione in lei e nei suoi redattori. Ma il vostro titolo, purtroppo, ha messo in luce l’esatto contrario. Quell’aumento di visibilità è la misura del progresso, della civiltà e della democrazia del nostro Paese: tifare contro è semplicemente sbagliato. Secondo punto: rigetto con la medesima indignazione tanto il titolo quanto i tentativi di usarlo per giustificare tagli ai fondi pubblici per l’editoria, mettendo mano furbescamente alla libertà di stampa, anch’essa metro della nostra democrazia. Aggiungo: se il governo vuole dimostrare concretamente il proprio impegno nel contrasto all’omotransfobia porti in Parlamento una legge su questo tema o metta fuori i ministri che reiterano quotidianamente parole d’odio nei confronti delle persone omosessuali. Tutto il resto è bieca strumentalizzazione. Terzo punto: quel titolo era scorretto tanto quanto molti altri titoli della vostra testata, compreso quello di due giorni fa sulla “nonna” Prestigiacomo, che colpiva una donna con parole che non avreste mai usato nei confronti, ad esempio, di Silvio Berlusconi, ottuagenario abbondante e realmente nonno. Ma evidentemente non è una questione né di nipoti né di età, il punto parrebbe piuttosto l’autonomia politica di una donna, che disturba le pratiche e le logiche di un mondo profondamente misogino. E come dimenticare i titoli contro la sindaca Raggi, contro i migranti “che portano malattie”, contro i “terroni”? Ai miei occhi, e agli occhi di chi si batte per la piena uguaglianza di tutti e tutte, quelle parole stanno dentro le categorie del “discorso d’odio”. Su questo vorrei riflettere assieme a Lei: nei giorni scorsi ho letto i suoi riferimenti al giornale satirico Cuore, che negli anni in cui era in edicola ci aveva abituati a titoli sopra le righe. Ma attenzione: Cuore, esattamente come Il Vernacoliere in Toscana e Charlie Hebdo in Francia, è un giornale satirico, nessun lettore, nemmeno il più sprovveduto, lo avrebbe sfogliato alla ricerca delle notizie del giorno. Quei giornali, in altre parole, hanno un potere di legittimazione completamente diverso, per quanto la reiterazione del discorso d’odio, anche in quei casi, andrebbe affrontata con attenzione. Ma non è questa la sede per occuparcene. Libero, al contrario di tutte queste testate, è un quotidiano, fa cronaca, risponde al dovere di rappresentare la verità, come descritto nelle carte deontologiche dei giornalisti. E questo i lettori e le lettrici lo sanno e investono in termini di fiducia. Accantoniamo pertanto la satira e occupiamoci del racconto del presente. Mi creda: per scrivere titoli misogini, razzisti, omofobi non serve alcuna scuola di giornalismo, alcun titolo di studio, alcuna esperienza nel mondo dell’informazione. Basta frequentare un bar, ad esempio. Per questo sono convinto che quei titoli colpiscano la vostra autorevolezza e la vostra competenza almeno quanto colpiscono la dignità dei bersagli. Ma c’è dell’altro: in quei titoli trova legittimazione il pensiero di chi respinge le persone omosessuali, degli uomini che, convinti della propria innata superiorità, picchiano, violentano, uccidono le donne tutti i giorni, di chi si sente autorizzato ad agire violenza nei confronti degli stranieri. Di questo nesso – che c’è ed è molto forte – dobbiamo assumerci tutti la responsabilità. Le faccio allora una proposta: organizziamo assieme, nell’ambito dei percorsi di formazione professionale promossi dall’Ordine dei giornalisti, un’occasione per discutere di questa responsabilità. Facciamolo attingendo alle competenze dei tanti studiosi impegnati su questi temi, con l’intenzione di trarre da questa brutta vicenda qualcosa di buono e di utile. Sarebbe un segnale importante e, sono convinto, verrebbe molto apprezzato anche da chi oggi – giustamente, me lo consenta – vi attacca duramente.
Attendo fiducioso un Suo riscontro.
Cordialmente,
Gabriele Piazzoni – segretario generale Arcigay