“Giovani omosessuali in terra d'islam” al Milk Center

Si è svolta la scorsa domenica 20 marzo presso il Milk Center di Verona, nell'ambito della rassegna culturale "Noi e la religione" di febbraio-marzo 2011, una serata di dibattito dal titolo "Giovani omosessuali in terra d'islam", che ha visto l'intervento di due esperti conoscitori della realtà mediorientale: Paolo Ferrarini, appassionato di lingue e culture straniere, "amante dell'avventura" (come ama lui stesso descriversi) nonché autore del cd Paradigmi gnoseologici, e Luigi Turri, archeologo dell'Università di Verona che, dopo aver trascorso parte della propria adolescenza in Arabia Saudita, continua a frequentare assiduamente il Medio-Oriente, in particolare la Siria, per motivi di lavoro e di ricerca.

Nel tentativo di spiegare la concezione dell'omosessualità in terra islamica, il pensiero corre inevitabilmente al Corano, che, come la Bibbia, riferisce della storia di Lot e della distruzione di Sodoma: a tale episodio sono anzi dedicati numerosi passi in luoghi testuali sparsi, puntualmente segnalati da Luigi Turri e caratterizzati, volta per volta, da aggiunte o omissioni di dettagli, e soprattutto la colpa dei "sodomiti" è qui chiaramente identificata con la sodomia in senso stretto, mentre nel libro della Genesi, come ci ha spiegato il pastore Jonathan Terino della Chiesa valdese di Verona, nostro ospite a febbraio, si lascia intendere che la colpa sia legata piuttosto ad una violazione del dovere di ospitalità. Nel Corano, in ogni caso, non è prescritta una punizione specifica per chi si renda colpevole di atti "contro natura". Laddove vengono applicate, precisa ancora Luigi, le pene vengono quindi dedotte perlopiù per analogia: è lecito ricorrere alla lapidazione in quanto la stessa Sodoma è stata distrutta da una pioggia di pietre. Bisogna quindi cercare altrove le radici di quell'omofobia comunemente – e a torto - indicata come costitutiva della fede musulmana. Più che al Corano, occorre rivolgersi agli hadith, detti memorabili del Profeta, variamente interpretati e sulla cui autenticità esistono opinioni discordanti, e più in generale, secondo Paolo Ferrarini, ad un tratto comune ai tre monoteismi, passato dall'ebraismo nel cristianesimo e nell'Islam, vale a dire l'ossessione per la pratica della penetrazione anale, vero oggetto della riprovazione.

A ben vedere, l'amore fra uomini in sé e per sé, quando vissuto "platonicamente" nella castità, è in realtà abbondantemente presente nella letteratura araba e nei secoli non sembra aver mai costituito un problema, come dimostrano alcuni esempi e testimonianze segnalati dallo stesso Luigi. I poeti, Abu Nawas in primis, cantano regolarmente della passione per dei giovani ragazzi, mentre uno storico egiziano del XV secolo come Al Maqrizi giungeva ad affermare che "l'omosessualità è così stratificata che le donne devono vestirsi da uomo per ricevere uno sguardo dai loro pretendenti"! Tale situazione è del resto confermata dai resoconti di molti viaggiatori europei entrati in contatto, nel corso dei secoli, con questo Oriente dedito ad ogni sorta di vizi, compresi quelli "contro natura".

Paradossalmente, sono state proprio le potenze occidentali, un tempo decisamente più intolleranti nei confronti del comportamento omosessuale di quanto lo fosse l'Oriente di Maometto, ad introdurre una legislazione anti-sodomia in questi Paesi, che di per sé non avrebbero avvertito l'esigenza di risolvere un non-problema. Tali leggi, successivamente abrogate in Europa, come sappiamo, sono tuttavia rimaste in vigore, come retaggio del periodo coloniale, in numerosi Paesi africani e mediorientali, le due aree ad oggi più critiche in materia di persecuzione delle minoranze sessuali. I legami amichevoli o, al contrario, conflittuali con l'Occidente si ripercuotono sull'effettiva applicazione o meno di provvedimenti punitivi nei confronti dei trasgressori della morale sessuale: mentre l'Iran sembra farsi ben pochi scrupoli ad impiccare i colpevoli di sodomia (per quanto sia arduo, in questo caso, entrare in possesso di informazioni affidabili), in un Paese come l'Arabia Saudita, legato per varie ragioni alle potenze occidentali, il "reato" di sodomia non porta quasi mai, di per sé e in maniera automatica, ad una condanna a morte, ma viene solitamente abbinato ad accuse di altro genere (per esempio terrorismo), in modo tale da additare, agli occhi della popolazione locale, il comportamento omosessuale come criminoso evitando nel contempo di suscitare la disapprovazione della comunità internazionale.

Proprio in Arabia Saudita, e più in generale nei ricchi Paesi del Golfo, come ci ha spiegato Paolo Ferrarini, sembra vigere una doppia morale, una sorta di ipocrisia "istituzionalizzata" per cui qualunque comportamento è virtualmente consentito entro le quattro mura, e comunque nell'ambito di quella sfera privata che per la cultura islamica è inviolabile, mentre in pubblico il buon musulmano è tenuto a richiamare all'ordine chiunque trasgredisca non solo, evidentemente, le norme attenenti alla sessualità ma anche, per esempio, quelle relative al consumo di alcolici. È quindi tutt'altro che raro, soprattutto per chi dispone di notevoli risorse economiche, intrattenersi, anche sessualmente, con giovani ragazzi a pagamento.

Un conto è però praticare sesso omosessuale, un altro riconoscersi apertamente in un'identità cosiddetta "gay" - ammesso che questo sia possibile in realtà dove mancano modelli in cui identificarsi. Come ci ha raccontato lo stesso Paolo, viaggiare nei paesi mediorientali, dove l'emancipazione della donna non è ancora avvenuta, e ancor meno l'emancipazione dell'omosessuale, è come viaggiare, più ancora che nello spazio, nel tempo, e ritrovarsi a contatto con una realtà non dissimile a quella esistente in Europa ancora alcuni decenni fa, prima che si sviluppasse il cosiddetto movimento gay. Dichiararsi omosessuali, in Paesi dove resiste la mentalità del clan, equivale ad una perdita dell'onore con gravi conseguenze dal punto di vista sociale non solo per il soggetto direttamente coinvolto ma anche per tutta la sua famiglia: in Egitto, per esempio, dove una sorella non si può più sposare se del fratello si conosce l'omosessualità.

Un capitolo a parte andrebbe riservato all'omosessualità femminile, che viene perlopiù ignorata a livello legislativo, come del resto avveniva in Europa e nella stessa Germania nazista, dove il Paragrafo 175 si applicava ai soli omosessuali di sesso maschile. Le ragioni principali della mancata punizione (quantomeno in forma sistematica e regolamentata) del lesbismo possono, in entrambi i casi, essere ridotte a due: da un lato infatti, la lesbica, in quanto donna, si trova per questo stesso motivo in una posizione di inferiorità ed è soggetta al controllo da parte degli uomini, anche senza l'ausilio di leggi specifiche, dall'altro, la sua sessualità, non comportando la penetrazione, non viene nemmeno riconosciuta come vera e propria pratica sessuale. Per quanto riguarda nello specifico il mondo arabo musulmano, Luigi Turri ci ha fatto notare che, paradossalmente, il lesbismo è in certi casi e in giovane età addirittura incoraggiato, in quanto delle frequentazioni esclusivamente femminili garantiscono che una ragazza arriverà vergine al matrimonio – fermo restando che, per l'appunto, al dovere sociale del matrimonio e della procreazione non è possibile in alcun modo sottrarsi.

Il rapporto (spesso conflittuale) fra omosessualità e islam riguarda tuttavia anche l'Europa. Se infatti, da un lato, si sta facendo strada un movimento di persone che cerca di conciliare le proprie due identità – religiosa e sessuale – dall'altro sembra in crescita il fenomeno di omosessuali che, informati di quanto avviene in Paesi come l'Iran, stanno sviluppando sentimenti di islamofobia. Il caso dell'Olanda è in questo senso esemplare, e recentemente anche in Francia la stessa Marine Le Pen, figlia di Jean-Marie, storico leader del FN (Front National), partito xenofobo di estrema destra, sta iniziando a lanciare segnali all'elettorato omosessuale in funzione anti-islamica.

Su quest'ultimo argomento si è quindi chiusa la serata di dibattito con Luigi Turri e Paolo Ferrarini, il quale ci ha però proposto in conclusione, attraverso la visione di due videoclip, anche un assaggio della sua attività di cantante e musicista, su cui ha senz'altro influito l'esperienza dell'omosessualità (uno dei due brani era dedicato al ricordo del momento del coming out) ma che si è anche nutrita, e tuttora si nutre, dei numerosi viaggi, compresi quelli in queste terre mediorientali tanto ostili eppure, al tempo stesso, tanto affascinanti.


Daniele Speziari