Uno spunto da Stone Butch Blues / Leslie Feinberg


  • Stone Butch Blues / Leslie Feinberg - Milano : Il dito e la luna, 2004 - 362 p. ; 21 cm - Officine t, parole in corso ; 1 (( Trad. a cura di Margherita Giacobino e Davide Tolu )). – ISBN – 9788886633307

Non recensisco ancora il libro, perché delle sue 362 pagine ne ho lette finora solo 109; devo però dire che mi ha colpito moltissimo.

E' drammatico come l'Iliade, ed è quasi più educativo come lettura, perché l'Iliade mostra l'eroismo di cui sono capaci i maschietti, all'occorrenza; ma Stone Butch Blues mostra l'eroismo di cui hanno sempre bisogno tutte le donne indistintamente per sopravvivere. Se uno pensa che le donne siano deboli, questo libro lo smentisce già dalla seconda pagina.


Ci sono momenti erotici o semplicemente leggeri, ma sono quel tanto che basta per impedire al lettore di chiudere il libro per la disperazione, ed ai personaggi di farla finita. E' così la loro vita, purtroppo; può apparire blasfemo il paragone, ma mi ricorda una frase di Santa Teresa d'Avila, che avvertiva che chi veniva chiamato all'ascesi mistica poteva aspettarsi di ricevere da Dio solo il minimo indispensabile di consolazioni per tirare avanti in mezzo a grandi prove e sofferenze.


E' una vera vocazione quella dei personaggi del romanzo, che si manifesta in tenera età, e che non cade di fronte alle prove più dure - impersonate da poliziotti relegati al penultimo gradino della scala sociale, e che si sfogano vigliaccamente su persone ancora più svantaggiate di loro, guarda caso, le donne lesbiche e transgender.


Lo spunto che volevo trarre dal libro era questo: secondo vari siti americani, come
  1. http://lesbianlife.about.com/od/lesbiansex/g/StoneButch.htm
  2. http://en.wikipedia.org/wiki/Stone_butch
"stone butch" non è semplicemente la "camionista dalla dura scorza", bensì la lesbica che non solo è così mascolina da vestirsi sempre da uomo e da volere che si usi il "lui" quando si parla di lei (direi che sconfiniamo nel transgenderismo, e Leslie Feinberg ne è un esempio), ma che non vuole che le si tocchino i genitali, e che, più che godere del sesso in prima persona, ne gode facendo godere la partner.


Tra i maschietti esiste un fenomeno simile, chiamato pudicamente "eiaculazione ritardata" od "impotenza eiaculatoria", e chi ne soffre, pur penetrando il/la propri* partner, non riesce a goderne - la cosa diventa drammatica quando la coppia è etero e desidera un figlio.


Non è un fenomeno abbastanza frequente da incoraggiare studi seri e da scoraggiare teorie e terapie strampalate, ma dopo aver letto la scena dell'iniziazione sessuale della protagonista, Jess (*) Goldberg, che viene invitata da Angie a penetrarla con un dildo, ed aver notato che Jess si sente dire dopo l'atto cose simili a quelle che può sentirsi dire dal proprio partner chi soffre di eiaculazione ritardata, ovvero:


(quote)


Mi passò le dita tra i capelli. "Vorrei farti provare piacere come tu hai fatto con me. Ma tu sei già stone, vero?" Abbassai lo sguardo. Lei mi sollevò il mento e mi guardò negli occhi. "Non vergognarti di essere stone con una prostituta, tesoro. Anche il nostro mestiere lo è. E' solo che non devi nemmeno fissarti con il fatto di essere stone. Se trovi una femme di cui ti puoi fidare a letto e vuoi dirle che ti piace una cosa, o che vuoi essere toccata, non c'è niente di male. Capisci cosa intendo?"


(unquote)


penso che i sessuologi dovrebbero provare a confrontare i maschietti che soffrono di "eiaculazione ritardata" e le "stone butch", per capire se lo stesso fenomeno nasce da una scelta di vita simile.


Raffaele Ladu






(*) Una costante del libro è l'antisemitismo, di cui la protagonista ebrea è vittima. Ora essere ebrei è "hip" in America (ed in certa misura anche in Italia), ma negli anni '50 non era così. Come scrisse Bernard Lewis nel libro "Semiti e antisemiti" (edito prima da il Mulino e poi da Rizzoli), molti anni fa era considerato tollerabile in America avere un collega di lavoro ebreo, ma guai ad avere con lui rapporti al di fuori del lavoro!
Leslie Feinberg mostra esempi ben più scioccanti di antisemitismo nelle periferie urbane americane degli anni '40, '50 e '60, ma ce n'è uno che richiede un certo acume per essere notato: Jess, parlando del suo primo giorno di scuola, dice che la maestra le chiede se il suo nome è per caso il diminutivo di "Jessica", e quando la "stone butch in boccio" le risponde di no, la maestra commenta che non è un nome adatto a lei.
Qui non si consuma solo un sopruso ai danni del genere, ma anche dell'etnia: Jessica è un nome che forse è di conio biblico [= Isca, Genesi 11:29], ma appare per la prima volta nel Mercante di Venezia di Shakespeare, come il nome della figlia di Shylock, che non solo scappa di casa per sposare un cristiano (cosa già abbastanza ignominosa per un padre di famiglia ebreo), ma nel farlo deruba il padre di buona parte dei suoi averi, compreso l'anello che lui aveva dato alla [defunta] madre Lia al momento di sposarla, e che lei baratta per un macaco (proprio così: una scimmietta ammaestrata) - uno sperpero che viene risaputo in tutta Europa.
Non aveva bisogno dei soldi del babbo, se li ha buttati via così! E, poiché l'ebraicità è ereditata dalla madre, questo sperpero è un deliberato insulto a lei, al matrimonio con suo padre, ed a ciò che i genitori le hanno trasmesso - guarda caso, anche nel libro di Feinberg un anello ha un ruolo importante, in quanto unisce la protagonista alla tribù indiana dei Dineh, più nota come "Navajo".
Jessica non è quindi un gran nome per una ragazza ebrea, ma alla maestra non viene in mente niente di meglio. Forse per lei l'unica ebrea buona è l'ebrea pronta a farsi cristiana per un uomo, così come per molti dei maschietti del libro l'unica lesbica buona è quella che viene convinta da un uomo (il come ve lo potete immaginare - altrimenti, potete sempre leggere il libro) a diventare etero.
Oltre all'antisemitismo trovate pure il razzismo contro i neri - ma qui non posso dire nulla che non trovate già nel libro.