VESTITE DA UOMO NON DA MASCHIO

23-01-2011 - La Repubblica - SIMONE MARCHETTI
Comfort, sofisticatezza, rigore, pulizia. Le ragazze che oggi amano indossare i pantaloni del fidanzato o le signore che mettono il tuxedo del marito dichiarano una differenza di carattere, non di sesso E fanno una scelta di stile più che di genere Ecco chi sono le nuove trasformiste

Indossare i pantaloni e sentirsi in minigonna. Mettere il tailleur e scoprirsi in giarrettiera. Le donne che si vestono da uomini, oggi, non vogliono diventare maschi. Ma più femmine. È il paradosso della moda, l´ultima evoluzione di una tendenza che ha preso il via all´inizio del secolo scorso. A differenza del passato, però, lo stile androgino attuale non ha nulla a che fare col femminismo o le quote rosa. In un certo senso, ha perso i connotati per guadagnare in connotazione. Sono lontani i tempi in cui Coco Chanel rubava il jersey dai grembiuli delle cameriere per metterli alle clienti emancipate dal corsetto. O gli anni di lotta femminista in cui Yves Saint Laurent vestiva le sue muse con lo smoking del potere maschile. E sono passati anche i decenni che hanno visto Giorgio Armani traghettare le business woman nei consigli di amministrazione col tailleur al posto del tubino. Persino lo stile giapponese, quello che sbriciolò i confini tra i sessi all´inizio degli anni Novanta dando il via al minimalismo, è argomento di ieri. Le ragazze che oggi indossano i pantaloni del fidanzato (in gergo fashion si chiamano "boyfriend pants") o le signore che mettono il tuxedo del consorte dichiarano una differenza di carattere, non di sesso. E fanno una scelta di stile più che di genere.
Esemplare, a questo riguardo, è la fortuna e l´ascesa al successo di Phoebe Philo, la stilista inglese che ha riportato in auge la maison francese Céline. Nominata designer dell´anno ai Fashion British Award del 2010, Philo ha lanciato un diktat molto semplice: no frills, ovvero niente fronzoli. Niente rouches, niente ricami, niente simboli della femminilità di ieri. Solo comfort, sofisticatezza e pulizia. Dopo uno shock iniziale, nell´ultimo anno lo stile Céline e quello di chi l´ha seguita sembra essere stato digerito. Lo confermano tre proprietari di alcune tra le più importanti boutique d´Italia. Il primo è Beppe Angiolini, titolare di Sugar ad Arezzo: «Il ritorno dello stile maschile per le donne», ha dichiarato, «non ha a che fare né col minimalismo né con l´androginia del passato: è piuttosto la voglia di non farsi sopraffare dagli abiti, di trovare una cornice al proprio carattere, piuttosto che un vestito sexy che lo prevarichi». Gli fa eco Roberto Trapani, della boutique Vertice di Torino: «Dopo un momento di stanca, oggi le donne tornano a comprare giacche e pantaloni. Non solo, spesso entrano nella parte maschile del nostro negozio per acquistare pull extra large e pantaloni di lui. Il completo da uomo, poi, non viene usato solo nelle occasioni lavorative, ma soprattutto nelle serate eleganti in alternativa all´abito lungo». E Antonia Giacinti, della boutique Antonia di Milano, conferma: «Per la sera, il massimo della tendenza è unire maschile e femminile. Per questo consiglio alle mie clienti lo smoking, i tacchi alti e un top coperto davanti ma con la schiena nuda. L´effetto che si crea togliendo la giacca è un piccolo colpo di teatro. Un´accortezza che trasforma un abito in un colpo di stile».

LETTERA-APPELLO PER I DUE RAGAZZI GAY IRANIANI CONDANNATI ALLA LAPIDAZIONE

Appello al Governo italiano e alla Commissione Europea
 Roma, 20 gennaio 2011

In Iran nei giorni scorsi, due ragazzi di 20 e 21 anni, sono stati condannati alla lapidazione per aver registrato un video nel quale sarebbero protagonisti di un loro rapporto sessuale. Il video è stato scoperto sul cellulare di Ayub e Mosleh dagli agenti nella regione del Kurdistan in Iran.

Secondo diverse fonti pare che la lapidazione dei giovani ragazzi sia stata ordinata per venerdì 21 gennaio 2011.

La notizia è stata pubblicata da un giornale curdo e successivamente sarebbe stata comunicata dal comitato internazionale contro la lapidazione, che già ha lanciato una campagna mondiale contro la lapidazione di Sakineh Ashtiani condannata alla lapidazione per adulterio.

Gli attivisti lgbt(e) iraniani e le organizzazioni per i diritti umani hanno segnalato diversi casi di sentenze di condanne a morte per l’omosessualità negli ultimi due anni.

Secondo quanto dichiarato da Soheila Vahdati, difensore dei diritti umani per la Human Rights Watch (HRW), Amnesty International e l’Iranian Queer Organisation di San Francisco, in Iran non si fa distinzione tra stupro e rapporti omosessuali, i familiari di queste persone non si preoccupano di difendere i loro cari da queste brutali punizioni, preferendo continuare a vivere nella cultura della vergogna.

La situazione è piuttosto delicata ed è davvero difficile riuscire a salvare la vita dei due ragazzi. Il comitato internazionale contro la lapidazione ha esortato i giovani a difendere e sostenere la coppia gay al fine di non permettere questa tragedia.

I giudici ordinano condanne alla lapidazione grazie ad un decreto legge del 1983 che elenca i reati prescritti da Dio, e quindi del codice penale islamico che riflette i precetti del corano.

Diversi esponenti religiosi sciiti si sono opposti alla lapidazione.
La situazione degli iraniani omosessuali è davvero delicata e in gran parte dei casi le persone accusate di reato omosessuali hanno poche possibilità di ricevere un processo equo e giusto.

Sebbene la lapidazione sia molto frequente in Iran, è difficile quantificarne il numero dato che molti non vengono dichiarati pubblicamente. Diversi membri del parlamento iraniano si stanno battendo affinché sia approvata una legge contro la lapidazione.

Da ormai molti anni siamo a conoscenza dell’azione repressiva del regime iraniano contro i dissidenti, le minoranze etniche, le persone lesbiche e gay.

Questo grave atto rappresenta l’ennesimo episodio di disprezzo delle Convenzioni Internazionali per i Diritti dell’Uomo, peraltro sottoscritte anche dall’Iran ed è in palese contrasto con la Moratoria Onu contro la pena di morte e la richiesta di molti paesi di depenalizzazione dell’omosessualità.

Il rapporto 2009 di Iran Human Rights denuncia il sistema di “esecuzioni arbitrarie effettuate per procurare terrore”. Nel 2009 le esecuzioni capitali in Iran sono state 402, il 20% in più rispetto all’anno precedente. Le esecuzioni infatti hanno avuto un picco a ridosso delle elezioni iraniane del giugno scorso (50 esecuzioni a maggio, 94 a luglio, delle quali 50 nella sola Teheran). Inoltre, nonostante una ordinanza governativa del 31 gennaio 2008 sostanzialmente le vietasse, le impiccagioni in pubblico l’anno scorso sono state nove.

L’atteggiamento antidemocratico e repressivo di qualunque forma di espressione contraria al regime pervasivo dei Mullah affonda le proprie radici nel modello del terrore, affinché l’uomo ridotto a pura materia priva di contenuti vi si adatti incondizionatamente.

Per questi motivi chiediamo un intervento immediato del Governo italiano, da sempre impegnato per l'adozione di una Risoluzione per la Moratoria Universale delle esecuzioni capitali che incontra un crescente sostegno in ambito ONU, e della Commissione Europea, nei confronti delle autorità iraniane affinché venga scongiurata questa azione di violenza inaudita contro i due ragazzi.

Nessuno Tocchi Caino
Arcigay
Associazione Radicale Certi Diritti
Radicali Italiani
Associazione Luca Coscioni
Non c’è Pace Senza Giustizia

L’omosessualità femminile nei telefilm americani

Eccovi un articolo sulle serie televisive lesbiche o in cui compaiono lesbiche,è interessante e viene ripercorsa la storia della comparsa della soggettività lesbica in tv.
Grazie all'amico D. traduttore dell'articolo

Articolo e discussione sul blog di "Libération":

L’omosessualità femminile nei telefilm americani

Questa settimana vi propongo tre note dedicate rispettivamente all’omosessualità femminile, all’omosessualità maschile e un ritorno su due serie chiave: Queer As Folk e The L Word. È praticamente impossibile essere esaustivi sull’argomento, pertanto ho dovuto fare delle scelte.

Dal primo bacio al primo personaggio fisso

Bisogna aspettare gli anni ‘90 perché una relazione lesbica appaia sullo schermo, per quanto mai apertamente “consumata”: l’amicizia che lega la forte Xena (Xena, La Principessa Guerriera, 1995-2001) alla dolce Gabrielle acquisisce col tempo una sempre maggiore ambiguità, e gli sceneggiatori saranno abili nel gioco dei sottintesi. Il doppiaggio francese proverà a cancellare ogni allusione amorosa; ciononostante Xena e Gabrielle hanno aperto la strada ad una maggiore visibilità dell’omosessualità femminile nei telefilm, e Xena è diventata col tempo un’icona gay (l’attrice che la interpreta, Lucy Lawless, fa d’altronde un’apparizione nell’ultima stagione di The L Word).

Il primo personaggio fisso lesbico compare nel 1997 in una serie che passò inosservata: Relativity, che mette in scena una giovane coppia, Isabel e Leo, che si innamorano durante un viaggio a Roma. Rhonda, la sorella di Leo, è il primo personaggio fisso ad essere presentato come lesbico fin dall’inizio della serie. Si cita a torto Relativity per aver messo in scena il primo bacio lesbico; in realtà la palma spetta ad un episodio di L. A. Law (“La legge di Los Angeles”) del febbraio 1991.

Questi baci provocarono dei malumori fra i conservatori, ma niente di paragonabile a quanto successe a Ellen DeGeneres nel 1997. Attrice, comica e presentatrice, Ellen DeGeneres fu anche l’eroina di una sit-com diffusa su ABC tra il 1994 e il 1998, intitolata semplicemente Ellen. L’attrice, in coppia con Portia De Rossi, decise di rivelare la propria omosessualità attraverso il coming out del suo personaggio. Dopo settimane di trattative con Walt Disney e ABC, la proposta viene accolta, ma una fuga di notizie suscita l’interesse della stampa. L’America conservatrice si scatena: minacce di morte, allarme bomba negli studi di registrazione, inducono Ellen DeGeneres a fare coming out con due mesi di anticipo allo show di di Oprah Winfrey. Nonostante tutto, i produttori tengono duro, e nell’aprile del 1997 il personaggio di Ellen evocherà la sua omosessualità alla psicologa, interpretata… da Oprah Winfrey.

Un’accettazione più facile dell’omosessualità femminile?

Resta però una domanda: come mai, mentre il primo personaggio fisso lesbico appare dopo 15 anni rispetto al primo personaggio gay, il primo bacio omosessuale è fra donne?

Bisognerà infatti aspettare maggio 2000 per vedere due uomini baciarsi in un telefilm. Tutto parte dalla serie, pure molto poco sovversiva, di Dawson’s Creek (1998-2003), con l’episodio True Love (3.23) che mette in scena il bacio fra Jack e un personaggio di passaggio. Molti elementi possono essere evocati per spiegare questa differenza di trattamento, ma nessuno di questi va nel senso di una maggiore tolleranza verso le lesbiche che verso i gay. Se c’è una spiegazione, va cercata in una diversa accettazione dell’omosessualità femminile, o quantomeno della sua rappresentazione: caricata delle fantasie maschili, e nel contempo negata dall’idea che non possa esserci vera sessualità senza penetrazione, la questione dell’omosessualità femminile non provoca gli stessi meccanismi di rigetto che la controparte maschile. Ci vorranno comunque molti anni – e il cammino non è ancora stato completato – prima che una storia d’amore fra donne riceva lo stesso trattamento di una storia eterosessuale.

Nella serie Buffy (1997-2003) viene sviluppato il lento coming out di Willow e la sua bella storia d’amore con Tara: la relazione prende forma senza che però nulla sia mostrato esplicitamente. Bisognerà aspettare l’episodio The Body (5.16) per il loro primo bacio. Il trasferimento di Buffy sul canale UPN porterà ad una maggiore libertà nella rappresentazione della loro omosessualità e, fatto nuovo, ad un trattamento identico rispetto alle altre storie eterosessuali della serie.

Anche E.R. (1994-2009) si interessò alla questione con il personaggio di Kerry Weaver: innamoratasi di una psichiatra, Kim Legaspi, dopo anni di relazioni eterosessuali, Kerry confessa con difficoltà la propria omosessualità ai colleghi e incontra una seconda donna, Sandy Lopez, da cui ha un figlio per inseminazione artificiale. Il personaggio resta però confinato ad una rappresentazione superficiale, per quanto abbia comunque lasciato il segno.

La rappresentazione messa in questione: l’arrivo di The L Word

Nonostante ogni serie contenga ormai un personaggio lesbico, la rappresentazione degli amori tra donne non è molto evoluta: le relazioni lesbiche, che coinvolgono spesso delle adolescenti, come se l’omosessualità fosse solo una fase di passaggio e di smarrimento temporaneo, sono rappresentate di solito come effimere, con un personaggio principale che per qualche episodio ha una cotta per un personaggio secondario.

La vera rivoluzione si chiama The L Word, che sbarca sul canale Showtime nel 2004. Ambientato nell’ambiente lesbico di Los Angeles, mette in scena le avventure di Bette, Tina, Jenny, Marina, Alice, Dana e Shane, e la novità è che si tratta di personaggi adulti e sicuri delle loro scelte. Messe di fronte agli stessi problemi delle trentenni, omo o eterosessuali, le protagoniste di The L Word cercano di conciliare vita privata e vita lavorativa, desideri di maternità e angosce esistenziali. The L Word ha l’ambizione di rappresentare le lesbiche nella loro diversità, uscendo dai pregiudizi e dagli sterotipi diffusi dalle serie televisive.

Una volontà di diversità che però è stata spesso criticata: scegliendo di rappresentare solo personaggi “lipstick” (termine creato a San Francisco negli anni 90 dalla giornalista Priscilla Rhoades e che designa delle lesbiche ultra-femminili) a scapito delle “camioniste”, The L Word offrirebbe una visione parziale dell’omosessualità femminile. Altri vanno oltre dicendo che la serie alimenterebbe certi sterotipi come quello della lesbica socialmente ben messa, con un lavoro di responsabilità generosamente remunerato; altri criticano invece l’eccesso di scene di sesso e una tendenza al voyeurismo.

In ogni caso, malgrado i difetti, la serie di Ilene Chaiken ha molto contribuito alla visibilità dell’omosessualità femminile nei telefilm. Senza dubbio aprirà la strada a nuove rappresentazioni.  

Gaiezza nel Sud degli USA


Bell’articolo che non ho purtroppo il tempo di tradurre. L’essenziale è che i mutamenti demografici fanno sì che ora le lesbiche ed i gay americani dichiarati non sono più solo persone simili ad Harvey Milk (bianco, benestante, vivente sulla costa ovest o nel Nordest degli USA), ma sono sempre più neri, “Latinos”, e del Sud.

Per giunta, poiché molti di loro hanno dovuto affrontare una disapprovazione sociale particolarmente forte, e l’uso delle loro minoranze è sposarsi e procreare presto, la maggior parte delle coppie gay e lesbiche americane con figli ora è nel Sud – in quanto dopo il “coming out” ed il divorzio, i genitori si sono portati i figli con loro nella nuova famiglia. Queste famiglie arcobaleno hanno problemi molto simili a quelli delle famiglie etero – tant’è vero che viene riportato il caso di una chiesa africano-americana & gay-friendly di Jacksonville, Florida, che quando scelse un pastore donna, anzi, lesbica, e costei pensò bene di creare delle iniziative per bambini e ragazzi, i frequentatori abituali crebbero da 25 a 90 in pochi mesi – quasi tutte donne con figli che ne approfittarono per uscire allo scoperto. 


Altre cose che dice l’articolo è che nel 2009 il Census Bureau = Ufficio del Censimento stimava che negli USA ci fossero 581.000 coppie unisessuali negli USA; circa 1/3 delle lesbiche è madre, 1/5 dei gay padre. A Jacksonville, Florida, il 32% delle coppie gay [e lesbiche] alleva dei figli, ed il record lo ha San Antonio [Texas], con il 34%. 

Queste coppie affrontano vari problemi; per esempio, anche dopo la riforma sanitaria di Obama, molte persone hanno un’assicurazione medica per sé ed i figli solo grazie al loro coniuge, e quando lo stato americano non riconosce i matrimoni omosessuali, e le unioni civili non rimediano a quest’inconveniente, molti gay e lesbiche si trovano obbligati ad assicurare sé ed i figli di tasca loro. 


Alcuni datori di lavoro provano ad offrire copertura sanitaria anche ai partner omosessuali dei dipendenti, ma quest’assicurazione supplementare viene considerata un fringe benefit e viene tassata. L’eterosessismo è duro a morire! 


Ci sono anche altri problemi per queste coppie (per esempio, offrire sostegno psicologico ai figli che vanno a scuola), ma sembra che il denaro sia proprio il più grave. Come dice una donna che alleva sei figli insieme con la sua compagna, “Per essere davvero poveri ci manca solo il sussidio!”

Raffaele Ladu