Affossamento Omofobia: Gli integralisti (Dinosauri) cattolici veronesi esultano

Gli integralisti (Dinosauri) cattolici veronesi esultano per l'affossamento della legge contro l'omotransfobia.
E' brutto constatare come questo paese è in mano a questa gentaglia che lo tiene ancorato al medioevo. Ma questi signori di Christus (Tyrannosaurus Rex) se la devono mettere via... La partita non finisce qui!

Arcigay Pianeta Urano Verona------------------------------------
’Italia non si adegua alla risoluzione ONU. No alla legge “contro l’omofobia”
Omofobia/ Camera affossa legge con si’ a
pregiudiziali di costituzionalità

Martedi, 26 Luglio 2011

La Camera dei Deputati ha per la seconda volta affossato la legge contro l’omofobia. Con 293 si’, 250 no e 21 astenuti, l’Aula ha approvato le pregiudiziali di costituzionalita’ presentate da Pdl, Lega e Udc.

Possiamo dire che il lavoro di molte persone, in gran parte cattolici, durante il corso di questi ultimi mesi è andato ad aggiungersi al lavoro di numerosi parlamentari seri e moralmente retti. Uno staff che ha portato la parola FINE ad una parola che nasconde una truffa lessicale e che mira a criminalizzare chi sostiene la famiglia naturale come unica forma di unione legittima. Il nostro Circolo Christus Rex, che ha collaborato in particolare con la Presidenza del Consiglio dei Ministri per aggiungere elementi non solo di carattere religioso, anche attraverso manifestazioni di piazza, esprimendo pubblico dissenso e collaborando con le istituzioni locali, nazionali ed europee, esprime soddisfazione, con l’auspicio che l’argomento sia definitivamente archiviato

150 mila casi Mortara: la famiglia tradizionale catto-australiana

Abbiamo molti avversari, che credono che attaccando noi difendono la cosiddetta "famiglia tradizionale", con mamma, papà e figlioletti - che sono il bene prezioso che corona l'amore di mamma e papà, benedetto da Dio.

Andiamo ora però a leggerci questa pagina web:

[1] http://wwrn.org/articles/35812/

poiché però so che non tutti conoscono l'inglese, mi premuro di tradurla e sfidare i lettori a trovare eventuali errori di traduzione:

(quote)

La Chiesa Cattolica Apostolica Romana d'Australia si scusa per le adozioni forzate
Bonnie Malkin ("The Telegraph", 25 Luglio 2011)

Sydney, Australia - Si stima che più di 150 mila signorine in tutta l'Australia abbiano avuto i loro figli sottratti alla nascita senza il loro consenso, e spesso non li hanno più rivisti.

Le donne soggette all'adozione forzata negli ospedali a gestione cattolica hanno descritto come sono state ammanettate e drogate durante il travaglio, e come fu impedito loro di vedere i loro figli nascere, o di abbracciarli dopo.

Molte hanno detto che i loro figli erano stati designati all'adozione forzata ben prima della nascita e che fu detto loro che non potevano opporsi.

A seguito di un'indagine su questa pratica da parte dell'ABC [Australian Broadcasting Corporation - l'emittente di stato australiana], la Chiesa cattolica ha pronunciato delle scuse a livello nazionale, dicendo che la sua storia di adozioni forzate era "profondamente deplorevole".

"Riconosciamo il dolore della separazione e della perdita sentiti allora e sentiti ora dalle madri, dai padri, dai figli, dalle famiglie e dagli altri coinvolti nelle pratiche del tempo", dicono le scuse.

"E di questo dolore noi siamo genuinamente dispiaciuti".

Le donne coinvolte nel processo di adozione forzata hanno dato dei resoconti personali dell'orrore di avere il loro figlio strappato loro dopo la nascita.

Juliette Clough aveva 16 anni quando diede alla luce suo figlio in un ospedale cattolico nel 1970.

"Le mie caviglie erano legate al letto, erano in delle staffe, ed io fui gassata, ebbi tanto gas e loro si sono semplicemente portati via il bambino", lei ha detto all'ABC.

"Non ti era permesso di vederlo o toccarlo, niente del genere, o prenderlo in braccio, ed è stato come se fosse morto un pezzo della mia anima, che è tuttora morto".

Lily Arthur, dal gruppo di sostegno per le adozioni forzate 'Origins NSW', era una diciassettenne sotto tutela dello stato quando partorì nel 1967. Lei acconsentì a rinunciare al figlio sotto minaccia di arresto.

"Quando noi stavamo per espellere il bimbo, noi venivamo messe in una posizione da cui non potevamo vedere l'espulsione del bimbo", ella disse, descrivendo come lei fu fatta sdraiare sul fianco, con il viso "premuto contro il materasso".

"Dopo che mio figlio fu nato, io fui resa quasi incosciente e trasportata ad un reparto senza il mio bimbo".

Altre donne hanno parlato di tende tirate su perché non potessero vedere i loro figli, e di cuscini tenuti contro le loro facce. Alcune hanno perduto più di un figlio a causa di questo programma, dacché i loro neonati furono portati via per vivere in famiglie ritenute più adatte dalla Chiesa. Le donne sostengono che a loro non fu mai detto del loro diritto a revocare il consenso all'adozione, o del fatto che potevano chiedere sussidi in quanto madri nubili.

E' in corso un'inchiesta del Parlamento federale sulla questione, ed ha già ricevuto più di 300 documenti da tutto il paese.

Oltre a pronunciare le scuse, la Chiesa cattolica ha chiesto al governo di creare "un fondo per rimediare ai torti dimostrati", ed un programma nazionale per aiutare le madri ed i figli che furono danneggiati dalle separazioni forzate.

Comunque, molte delle donne che furono soggette alle adozioni forzate hanno chiesto ulteriori misure.

"Non penso che uno possa accettare delle scuse per una cosa che fondamentalmente non è mai stata affrontata a livello legale", ha detto la Sig.ra Arthur.

(unquote)

Pare che centocinquantamila donne abbiano perso i loro figli, e più di centocinquantamila bimbi la loro madre, grazie alla Chiesa cattolica australiana - che scusandosi ha implicitamente confessato la pratica, se non le cifre.

Questa è la sua idea di famiglia. E potrebbe non essere limitata all'Australia, come fa pensare quest'articolo del New York Times:


di cui vi traduco il primo paragrafo:

(quote)

La Spagna si confronta con decenni di dolore per i bambini perduti
Di RAPHAEL MINDER
Pubblicato: 6 Luglio 2011

SIVIGLIA, Spagna — Stimolati da genitori addolorati, i giudici spagnoli stanno investigando centinaia di accuse che dei bambini furono rapiti e venduti per l'adozione per un periodo di quarant'anni. Quella che potrebbe essere cominciata come rappresaglia politica contro le famiglie di sinistra durante la dittatura del Generalissimo Francisco Franco sembra essere divenuto un traffico in cui dottori, infermiere e perfino monache sono state colluse con delle reti criminali.

(...)

(unquote)

Questo è il curriculum, anzi, il libro nero, di chi parla e straparla di "famiglia tradizionale". Quando si tratta di allevare i figli, quasi sempre i migliori sono i loro genitori naturali - ma per molto tempo ci sono state persone che non lo hanno voluto ammettere.

Il titolo "150 mila casi Mortara" allude alla triste storia di Edgardo Mortara, qui raccontata:


Purtroppo, il vizio di spezzare i più tenaci legami tra gli esseri umani non è cessato con la presa di Porta Pia.

Raffaele Ladu

Obiezione di coscienza

I due siti seguenti:



riportano la medesima notizia: un gruppo cristiano antigay dello stato di New York chiamato Alliance Defense Fund sostiene che gli impiegati dei comuni di quello stato possono rifiutarsi di celebrare matrimoni arcobaleno, in quanto la legge dello stato di New York impone al datore di lavoro di "tener conto dei sinceri sentimenti religiosi" del lavoratore.

Invece Kathleen Rice, procuratore distrettuale della Contea di Nassau, sempre nello stato di New York, prevedendo una mossa del genere (già tentata in altri stati, come lo Iowa), ha avvertito gli impiegati comunali che la legge non dà loro alcuna discrezionalità, e che chi si rifiuta di sposare due persone che ne hanno il diritto può essere perseguito penalmente.

La legge dello stato consente ai ministri del culto di religioni che non ammettono il matrimonio arcobaleno di rifiutarsi, ma questa facoltà non è degli impiegati comunali. Vedi codesti due link:



Non mi metto qui a discutere della legge dello stato di New York; mi preoccupa invece che una futura legge italiana sul matrimonio arcobaleno possa contenere una norma sull'"obiezione di coscienza", e vorrei perciò precisare il mio pensiero.

L'obiezione di coscienza di cui solitamente si parla riguarda l'aborto, ed ha una spiegazione molto semplice: non si è raggiunto un consenso sociale sul fatto che il feto abbia o meno il diritto di essere protetto anche contro la volontà della madre.

Chi ritiene che il feto questo diritto lo abbia, lo giustifica affermando che esso è una vita umana, anche se legalmente non è ancora una persona, non vuole essere coinvolto nella sua soppressione - e perciò ricorre all'obiezione di coscienza, che la legge riconosce.

Non è la stessa cosa per il sindaco che si rifiuta di sposare due gay o due lesbiche, perché qui non c'è nemmeno il dubbio che ci sia una vita umana in gioco.

Il sindaco che si rifiuta non difende nulla di moralmente rilevante - non fa che arrogarsi il diritto di decidere quali relazioni interpersonali sono degne di tutela legale e quali no. Ma è una decisione che ha preso già il Parlamento!

Ed in Italia la Corte Costituzionale, nella discussa sentenza 138/2010, ha detto che le relazioni omosessuali sono meritevoli di tutela in base all'Articolo 2 della Costituzione, in quanto formazioni sociali nelle quali l'individuo esprime la sua personalità. Non c'è spazio per un'obiezione di coscienza in Italia.

E nemmeno in Spagna! Come spiega questo sito:

[5] http://www.segnideitempi.org/2295/cultura-e-societa/matrimonio-gay-e-obiezione-di-coscienza-in-spagna/

chi ci ha provato laggiù le ha buscate; e mi piacerebbe che l'Avvenire pagasse un viaggio premio in Libano, Egitto od Israele a Francesco D'Agostino, in modo da fargli imparare a che disastri porta il comunitarismo che lui ama tanto!

Mi permetto di aggiungere che se fossi un medico sarei un obiettore di coscienza contro l'aborto (solo quello: contraccezione e fecondazione assistita mi trovano pienamente d'accordo), e proprio perché ritengo che l'obiezione di coscienza sia una scelta di grande valore morale che non voglio che essa venga svilita da chi l'accampa non per difendere la vita umana, ma per ledere la dignità umana negando ad alcune persone il diritto di sposarsi.

Tra parentesi, indagando sull’obiezione di coscienza ho trovato questo link:

[6] http://uaarcatania.wordpress.com/2007/11/01/aborto-aboliamo-lobiezione-di-coscienza-per-i-medici/

in cui si riporta un articolo di Paolo Flores d’Arcais, che sostiene che l’obiezione di coscienza all’aborto va abolita, in quanto chi non vuole praticare aborti semplicemente non deve fare il medico – allo stesso modo in cui chi non vuole sparare non si arruola nelle forze armate.

Credo che sarebbe il caso di regalare a Paolo Flores d’Arcais un viaggio premio a Kafr Qasim, in Israele.

Come spiegano le seguenti pagine web:

[7] http://en.wikipedia.org/wiki/Kafr_Qasim_massacre

[8] http://sabbah.biz/mt/archives/2008/10/29/kfar-kassem-massacre-how-can-an-order-be-given-to-shoot-children/

Il 29 Ottobre 1956 la polizia di frontiera israeliana uccise a sangue freddo 49 persone (palestinesi) che erano tornate a casa dopo il coprifuoco – di cui erano ignare perché proclamato in loro assenza.

L’ordine di ammazzarle era palesemente illegale, e per evitare il ripetersi di simili episodi fu inserito nel codice militare israeliano l’obbligo di disobbedire a questo genere di ordini.

L’obbedienza cieca ed assoluta non è più di casa nemmeno nelle forze armate di un paese civile – eppure, nonostante i processi di Norimberga e contro Eichmann, sono tuttora molti i casi in cui ci si deve chiedere sconsolati: “Ma perché quei soldati non hanno disobbedito?”

E se, come sostiene uno di coloro che ha risposto a Paolo Flores d’Arcais, il medico deve fare quello che chiede il paziente, come deve rispondere lo psichiatra a cui un paziente omosessuale chiede di essere “riparato”?

Il medico non può nuocere al paziente solo perché è lui a chiederglielo. Il paziente non è il suo tiranno.

Raffaele Ladu

Conferenza stampa 'graduale'

Ieri, 14 Luglio 2011, mentre i francesi celebravano la presa della Bastiglia, un'associazione LGBT veronese ha organizzato una conferenza stampa 'graduale'.

L'abbiamo chiamata così perché, come i Salmi 120-134 (119-133 secondo la Vulgata) sono detti 'graduali' perché li recitavano sui gradini del Tempio di Gerusalemme i pellegrini che vi si recavano tre volte l'anno, così ogni anno viene ripetuto sui gradini del municipio di Verona un rituale più capace di rimarcare la propria diversità dal mondo circostante che politicamente capace di migliorare quel mondo.

Ieri si è andati un po' oltre la manifestazione del proprio orgoglio, in quanto si è voluto annunciare che si sarebbe vagliata "la possibilità di ricorrere presso la Corte Europea dei Diritti dell'uomo di Strasburgo, contro il Comune di Verona e lo stato italiano".

Ammettiamo volentieri che le mozioni che il Consiglio Comunale di Verona approvò il 14 Luglio 1995 sono omofobe ed odiose, ma ci è venuto un sospetto: perché mai si è annunziato che si intendeva "vagliare la possibilità di ricorrere" anziché mostrare ai giornalisti un ricorso depositato e protocollato contro di esse?

La risposta penso che la troviamo in questi tre siti:

  1. http://www.dirittiuomo.it/Formulari/formulari.htm
  2. http://www.ildirittoamministrativo.net/ricorso-tar.htm
  3. http://www.gazzettadelleautonomie.it/index.php?option=com_content&view=article&id=152:mozione--natura-giuridica--individuazione-ricorso-giurisdizionale--inammissibilita-&catid=32:ordinamento-enti-locali
Il primo avverte che per fare ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo occorre aver subìto una sentenza definitiva e sfavorevole (a meno che non ci si voglia lamentare proprio dell'esagerata [per non dire 'tipicamente italiana'] durata dei processi, il che è un grave torto indipendentemente dal merito della causa, e rende irragionevole attendere la sentenza definitiva), e tale ricorso va presentato entro sei mesi da tale sentenza.

Il secondo precisa che un ricorso al TAR (ammesso che sia possibile contro una mozione di un consiglio comunale - vedi il terzo sito) va presentato entro sessanta giorni dal momento in cui si viene a conoscenza dell'atto da impugnare.

Il terzo spiega che una mozione impegna sul piano politico, non sul piano amministrativo, e pertanto non si può impugnare davanti al TAR - perché una mozione non impegna nessun organo dello stato a compiere alcunché, e quindi non può di per sé nuocere ad alcuno.

Le sacrosantissime battaglie combattute contro quelle mozioni hanno perciò grande valore morale e politico, ma non possono trasporsi sul piano giuridico; e se codest'associazione LGBT si sognasse di presentare un ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, esso finirebbe certamente nella pila degli irricevibili.

A poker chi tenta un bluff senza avere nemmeno una coppia in mano può essere lodato, ma la politica, specialmente in un paese come l'Italia, è 'la continuazione della guerra con altri mezzi', come diceva Carl von Clausewitz, ed in guerra chi minaccia con un'arma palesemente scarica dimostra patetica impotenza ed attira su di sé il ridicolo.

Raffaele Ladu

Inquisizione, sessualità e matrimonio


Riassunto del libro:

  • Inquisizione, sessualita e matrimonio : Sardegna, secoli 16.-17. / Salvatore Loi - Cagliari : AM&D, [2006] - 377 p. ; 21 cm. - Agora ; 2 - L'inquisizione e i sardi

Trovandomi in Sardegna per le vacanze, ed avendo già letto un altro libro del medesimo autore (Sigismondo Arquer : un innocente sul rogo dell'Inquisizione : cattolicesimo e protestantesimo in Sardegna e Spagna nel '500 / Salvatore Loi - Cagliari : AM&D, c2003 - 403 p. : ill. ; 21 cm - Agora ; 23), ho voluto leggervi e riassumervi codesto libro.


Non sono molte le notizie che interessano un'associazione LGBT come la nostra: il lesbismo era teoricamente noto agli inquisitori sardi, ma non si hanno notizie di donne accusate o condannate per questo; l'omosessualità maschile invece ha attirato alcune condanne.


Va detto che in teoria la 'sodomia' (ovvero un rapporto sessuale diverso dalla peniena penetrazione vaginale) non sarebbe stata di competenza dell'Inquisizione, ma la presunzione che questo comportamento non fosse semplicemente frutto di umana lascivia, ma di convinzioni contrarie alla fede cattolica (e di presunta origine mussulmana), permise all'Inquisizione di ingerirsi in questa ed altre trasgressioni sessuali.


Loi, l'autore del libro, dice che in nessuno dei casi noti i 'sodomiti' furono condannati a morte - cosa che rende l'Inquisizione più generosa dei tribunali civili e vescovili, che non avrebbero invece esitato.


Sono pochi i casi noti; Loi ne deduce che la 'sodomia' fosse poco praticata in Sardegna, ma io penso che anche per la 'sodomia' valesse quello che lui ha riscontrato per altre trasgressioni di competenza inquisitoriale: l'Inquisizione non poteva permettersi di perseguire tutte le trasgressioni in cui fosse congetturabile una convinzione eretica, ma doveva per forza limitarsi ai casi più eclatanti.


Dei casi noti, alcuni sono di 'sodomia imperfetta' (cioè eterosessuale), ed uno piuttosto curioso di 'sodomia perfetta' riguarda un nobile ed il suo vecchio schiavo mussulmano.


Va precisato che la schiavitù non si era estinta in Europa con l'avvento del cristianesimo (che invece non si oppone a questa pratica), e che, se è vero che i saraceni scorrazzavano per le coste europee e sarde in cerca di bottino e schiavi, i cristiani facevano esattamente la stessa cosa sulle coste africane! A Cagliari esisteva un mercato degli schiavi di cui si sono conservati i registri, che mostrano che dopo la battaglia di Lepanto il prezzo degli schiavi crollò.


Nel caso del nobile e dello schiavo, il nobile morì in attesa del processo (attesa trascorsa agli arresti domiciliari, perché lui apparteneva ad una delle più importanti famiglie dell'isola), mentre lo schiavo, dopo molti anni in prigione, fu liberato perché, essendo egli mussulmano, su di lui l'Inquisizione non aveva giurisdizione.


Oltre alla 'sodomia', veniva punita anche la 'bestialità' (entrambe venivano chiamate 'peccato nefando') - e con essa si intendevano anche i rapporti con il demonio.


Il Loi ha scritto un altro libro che sto ora leggendo (Streghe, esorcisti e cercatori di tesori : inquisizione spagnola ed episcopale (Sardegna, secoli 16.-18.) / Salvatore Loi - Cagliari : AM&D, [2008] - 306 p. ; 21 cm. - Agora ; 36 - L' inquisizione e i sardi ; 3), dedicato ai processi per stregoneria, in cui si dice che le accuse di rapporti carnali con il demonio si sono concentrate negli ultimi trent'anni del '500, probabilmente a seguito dell'esaurirsi dei processi contro i 'giudaizzanti' ed i protestanti.


Loi si mostra molto scettico sulla veridicità di queste accuse (come mai si sono concentrate in un periodo specifico?) ed io aggiungerei che mi pare molto strano che nessuno parlasse di rapporti omosessuali con il demonio - ovvero con un diavolo che aveva assunto le sembianze di una persona del genere di chi ha stretto un patto con lui anziché dell'opposto genere, per meglio compiacerlo.


Tutto questo fa pensare che gli inquisitori abbiano plagiato gli accusati, inducendoli a formulare accuse corrispondenti alle proprie concezioni, anziché a quello che avevano davvero fatto. E quando la Suprema, cioè il Tribunale Supremo dell'Inquisizione Spagnola, ammonì gli inquisitori ad essere cauti ed a non parlare gratuitamente del demonio, questo genere di accuse sparì - e diminuirono molto anche i casi di 'possessione demoniaca'.


Inoltre, Loi osserva che nella transizione tra il '500 ed il '600 cambiò anche lo stereotipo femminile che avevano in mente gli ecclesiastici: da essere tanto lascivo da poter essere sedotto dal demonio ella fu degradata ad essere debole di mente e suggestionabile - ovvero incapace di dire la verità, perfino su se stessa.


Altre osservazioni meno specifiche ma comunque utili sono queste: in Sardegna la donna ha avuto un ruolo sociale elevato fin dalla preistoria, quando furono costruiti nell'isola 91 pozzi sacri, in cui si adoravano divinità femminili delle sorgenti e della luna (su alcuni di questi pozzi sono stati poi eretti templi punico-romani e poi ancora chiese cristiane).


Un'attestazione contemporanea di quest'antica preminenza è data dall'uso della pillola contraccettiva, l'equivalente sessuale della corona della regina, in cui le donne sarde detengono il primato europeo, e del ricorso all'aborto, in Sardegna assai raro, soprattutto tra le minorenni; nei documenti che ha esaminato Loi la preminenza è espressa soprattutto da queste cose:

  • il matrimonio 'a sa sardisca = alla sarda', equivalente alla contemporanea comunione dei beni, diffuso soprattutto tra i ceti popolari (i ceti più elevati, più suscettibili all'influenza spagnola, adottavano forme di matrimonio più penalizzanti per la moglie);
  • la divisione ereditaria in parti uguali, indipendentemente dal genere degli eredi;
  • l'ereditare molto spesso il cognome dalla madre, anche se maritata.

Secondo il Loi, che pure ha insegnato teologia presso la Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna, il Concilio di Trento produsse un peggioramento della condizione femminile, che l'Inquisizione tentò di portare anche in Sardegna.


Il suo sforzo principale fu l'eradicazione del 'cuncubinato'; in realtà la tradizione sarda voleva che fosse il suggello apposto dalla congiunzione carnale all'accordo degli sposi e delle loro famiglie a costituire il matrimonio; era una concezione simile a quella ebraica, e che fu sostenuta nel Medioevo anche all'interno della chiesa cattolica, finché non prevalse la tesi che bastava il consenso - che il Concilio di Trento impose che fosse espresso nella 'forma canonica'.


Pertanto, molte delle coppie che l'Inquisizione bollava come di 'concubini' erano coppie che si ritenevano ed erano ritenute da tutti regolarmente sposate, e che solo il Concilio di Trento aveva spinto nell'illegalità.


Ci volle molto tempo perché i sardi imparassero che l'accordo tra gli sposi e le famiglie contava tuttalpiù come promessa di matrimonio; e per molte coppie ci volle la scomunica per convincerle a regolarizzare la loro posizione.


E non sempre bastò: i vescovi imposero addirittura una multa - 25 lire per i concubini che non avevano mai richiesto la licenza matrimoniale, 10 per coloro che l'avevano ottenuta, ma non avevano voluto aspettare la benedizione nuziale per 'coabitare', come si diceva pudicamente allora.


La vicenda della multa, sinceramente, fa morire dal ridere: nei primi tempi i vescovi si lamentavano che i parroci non riscuotevano la multa, ed imposero loro di segnare nei registri parrocchiali se la multa era dovuta, ed era stata pagata - poiché però i registri parrocchiali erano tenuti in modo semplicemente miserando (non che la situazione sia migliorata con il tempo - almeno a giudicare dai registri del 19° e 20° secolo che ho avuto occasione di consultare), non si poteva pretendere che fossero precisi come un ruolo fiscale.


Alla fine si decise di appaltare la riscossione di codeste multe, e si passò all'estremo opposto: il fidanzato era entrato nella casa della fidanzata per firmare una carta? Per l'esattore era come se i due fossero stati colti sul fatto, e ne approfittava per esigere la multa! Qualche esattore arrivava al punto di piazzarsi davanti alla chiesa in cui gli sposi dovevano ricevere la benedizione nuziale, e non li lasciava entrare finché non avevano pagato!


Qualche esattore ricorse al calcolo delle probabilità: quante probabilità c'erano che due fidanzati avessero 'coabitato' prima della benedizione? Solo il 10%? A questa gente che non sapeva vivere (o meglio, non voleva dargli da vivere) l'esattore faceva pagare solo il 10% della multa :-)


Alla fine, i vescovi si lamentavano che, poiché la gente si trovava costretta a pagar la multa sia in caso di astinenza che in caso di lascivia, si dava alla lascivia.


Queste multe rendevano probabilmente di più di quanto renderebbe oggi mettere dei parcometri nei luoghi di battuage di Verona; e non è che la gente amasse mettersi in situazioni irregolari: spesso non poteva semplicemente permettersi un matrimonio con tutti i crismi.


Normalmente, quando si pensa al costo di un matrimonio, si pensa ai festeggiamenti; ma all'epoca, con un'anagrafe dei battezzati ancora in costruzione, e con mezzi di comunicazione rudimentali, indagare sugli impedimenti era molto costoso. Inoltre, la maggior parte dei matrimoni avveniva all'interno del medesimo paese, tra consanguinei - ed una parentela fino al 4° grado (ora fino al 3°) era impedimento tale da richiedere dispensa papale, con ulteriori spese, sempre a carico degli sposi.


Alcuni vescovi sardi se ne resero conto e chiesero alla Curia di Roma la facoltà di dispensare dagli impedimenti di parentela, per venire incontro alle coppie indigenti (che erano tante), e l'unica risposta che ebbero fu la richiesta di inviare un elenco nominativo a Roma per avere una dispensa in blocco.


Queste sono le cose più divertenti che capita di leggere sulla Sardegna del '500-'600; meno divertente è leggere delle trasgressioni sessuali del clero.


Che prima del Concilio di Trento molti chierici fossero sposati ad onta dei divieti, ed approfittando del fatto che il matrimonio allora era a 'forma libera', non è una cosa grave ai miei occhi; più grave anche ai miei occhi è un delitto perseguito con particolare accanimento - la 'sollecitazione in confessione', ovvero l'approfittare della confessione per sedurre le penitenti (ed in qualche caso i penitenti).


Anche in questo caso, si riteneva che il sacerdote che 'sollecitasse' i/le penitenti, direttamente od indirettamente (ovvero chiedendo a qualcun* di fare da ruffian*), dimostrasse di avere idee eretiche sul sacramento della penitenza, e ciò giustificava l'intervento dell'Inquisizione, che infliggeva pene molto severe, tra cui l'essere svergognati con una penitenza soltanto davanti agli altri chierici della diocesi, e non davanti al popolo, per non screditare ulteriormente il clero.


Dal mio punto di vista, era una cosa grave perché il sacerdote approfittava della sua posizione di potere, tanto più grande in quanto spesso non c'erano altri sacerdoti in paese, ed una persona che non si fosse confessata e comunicata nel periodo pasquale veniva automaticamente scomunicata, ed il parroco doveva comunicarne il nome al vescovo - era il sacerdote a molestare, ma era il/la penitente a rimetterci.


Era comunque un delitto, quello di 'sollecitazione', nel quale valeva la parola del/della penitente contro quella del sacerdote, il quale spesso si difendeva cercando di screditare le accusatrici/gli accusatori, e non mancarono i casi in cui l'Inquisizione dovette prendere atto che l'accusa era falsa e frutto delle inimicizie che il sacerdote si era procurato in paese.


Loi non trova molti casi di 'sollecitazione', ma lui stesso ammette che molti casi possono essere sfuggiti all'Inquisizione: se, per esempio, veniva sospettato di 'sollecitazione' un sacerdote appartenente ad un ordine religioso, il suo superiore aveva tutto l'interesse a gestire personalmente il caso senza interessare l'Inquisizione.


Questo purtroppo può aver incoraggiato un senso di impunità, tantopiù che in alcuni casi descritti dal Loi si scoprì all'inizio del processo che il sacerdote era stato già accusato in altre parrocchie di questo reato, ed i vescovi dovettero insistere con i fedeli che anche se l'accusato era stato sottoposto a 'correzione fraterna' da parte del superiore, bisognava denunciarlo comunque ad ogni trasgressione.


Ci sono molte altre notizie interessanti nel libro, tra cui alcuni casi di poligamia, reato di competenza inquisitoriale perché implicava convinzioni eretiche sul matrimonio - e codesti casi imponevano accurate indagini sulla validità dei matrimoni contestati; a peggiorare le cose, il matrimonio a sorpresa che tentano Renzo e Lucia ne 'I promessi sposi' non era un'invenzione letteraria: accadeva davvero, anche in Sardegna, e spesso pure involontariamente.


Infatti era d'uso che l'accordo per le nozze venisse suggellato da quella che potremmo chiamare una festa di fidanzamento, alla quale spesso veniva invitato il prete, e se a quella cerimonia i fidanzati si lasciavano scappare una frase del genere: "Io ti sposo" anziché "Io ti sposerò", davanti al prete ed a tutti i testimoni, il matrimonio era contratto!


Anche per questo motivo i vescovi più accorti diffidavano i preti dal partecipare a codeste cerimonie, perché non si trovassero a trasformare un fidanzamento in un matrimonio; e se poi dopo una cerimonia del genere uno dei fidanzati voleva tirarsi indietro, ma l'altro voleva accasarsi, oppure un terzo voleva accampare in successiva occasione l'impedimento del precedente matrimonio, il tribunale ecclesiastico si trovava costretto ad interrogare tutti i partecipanti per sapere che parole erano state dette, e come dovevano essere interpretate, per capire se si era contratto un matrimonio in quell'occasione o meno.


Un caso di bigamia ci permette di rispondere anche alla domanda che molti si fanno: ma a che servono i due testimoni di un matrimonio se l'atto viene scritto nel registro?


Non andatelo a dire al pover'uomo che si trovò inquisito appunto per bigamia. Questi, dopo essersi sposato in un paese della Sardegna, lasciò la moglie ed andò a 'coabitare' con una donna in un paese lontano.


I parenti della donna, tra cui il parroco del paese, ignari della storia familiare di lui, premevano perché lui regolarizzasse la situazione, ed alla fine lui cedette e chiese la licenza matrimoniale.


Era un'iniziativa temeraria: sua moglie non l'avevano rapita i Saraceni (purtroppo, come ho scritto prima, capitava anche questo) senza che si avesse più notizia di lei (allora non c'era il Comitato Internazionale della Croce Rossa, e spesso sui rapiti cadeva il silenzio), perciò non poteva accampare la buona fede, ed attentare la bigamia era sufficiente per attirare l'attenzione dell'Inquisizione.


E quando arrivò l'inquisitore, questi lesse nel registro dei matrimoni della parrocchia che il secondo matrimonio era già stato celebrato, alla presenza di quattro testimoni!


A questo punto la situazione del pover'uomo si era considerevolmente aggravata, ma quando l'inquisitore gli mostrò il registro dei matrimoni, l'inquisito cadde dalle nuvole, negò e negò.


L'inquisitore allora interrogò i quattro testimoni citati; anche loro caddero dalle nuvole e, come Andreotti diversi secoli dopo, dichiararono di non ricordare assolutamente nulla di quel matrimonio.


L'inquisitore dovette convenire che era impossibile che quattro persone si fossero completamente dimenticate di un matrimonio di cui erano state testimoni appena due anni e mezzo prima - e che perciò il parroco nel registro dei matrimoni aveva scritto il falso.


L'inquisitore indagò ulteriormente, ed apprese che la cerimonia che più poteva somigliare al matrimonio tra l'inquisito e la sua 'concubina' si era svolta alla presenza del solo parroco che la celebrava, e di un altro curato.


Un solo testimone non basta a fare un matrimonio, e l'inquisitore, forse mosso a pietà per l'accusato che era stato così 'incastrato', rinunziò a perseguirlo per 'attentata bigamia'; Loi non sa o non ci dice che accadde al parroco reo di falso ideologico.


Come vedete, i testimoni non servono solo ad aumentare il numero delle persone che gioiscono con gli sposi - tutelano chi si sposa e chi non si sposa :-)


Ci sono anche altre notizie interessanti, ma non abbastanza per un'associazione LGBT come la nostra; chi le vuole leggere, chieda il libro in prestito :-)

Raffaele Ladu

BPD e terapie riparative

Trasferito qui: http://queerfleet-academy.blogspot.com/2011/08/bpd-e-terapie-riparative.html

Un motivo LGBT per essere vegani

Lo ammetto: non mi sono mai interessato di vegetarianismo, e potrei perciò aver riscoperto l'acqua calda, oppure dire delle colossali sciocchezze. Inoltre, non mi è facile sostituire la carne nella mia dieta, per cui al momento le mie riflessioni non sono seguite dai fatti - spero che quest'incoerenza trovi l'indulgenza dei lettori.

Vi cito due link che riportano la medesima notizia:

  1. http://www.wnd.com/?pageId=38714
  2. http://www.independent.co.uk/opinion/commentators/johann-hari/johann-hari-the-intriguing-tale-of-the-gay-sheep-430683.html
Ovvero: nel 2006 la tennista lesbica dichiarata Martina Navratilova ha protestato contro gli studi dell'Università dell'Oregon volti ad individuare precocemente gli "arieti gay".

Secondo [2], l'8% degli arieti è "gay", o meglio, preferisce montare altri arieti alle pecorelle, ed un altro 8% è "asessuale", ovvero non cerca di montare nessuno; considerato che un ariete adulto da riproduzione costava, negli anni della ricerca e secondo [1], dai 300 ai 500 dollari USA, un allevatore sicuramente non apprezza il rischio che quasi 1 ariete su 6 di quelli che acquista si dimostrino "renitenti alla riproduzione".

Sempre secondo [2], gli "arieti gay" hanno un ipotalamo più piccolo dei loro simili "etero", e questo sembra evidente (non dice in che modo si può rilevare) già al terzo trimestre di gravidanza; questa situazione potrebbe essere prevenuta somministrando ormoni alle pecore loro madri, e sempre con gli ormoni potrebbe essere curata negli arieti adulti - e l'idea che l'omosessualità umana possa un giorno essere considerata una malattia da curare anziché una condizione normale ha fatto infuriare la Navratilova.

Johann Hari, autore dell'articolo [2], pensa (e con molte ragioni, a mio avviso) al rischio che questa prospettiva porti all'aborto selettivo dei feti umani sospettati di tendenze omosessuali - già adesso in India e Cina molti feti sono abortiti solo perché femmine anziché maschi.

Io osservo questo: l'allevatore che vuole sapere se l'ariete che vuole acquistare, o l'agnello che è appena nato, sono "gay", non fa altro che applicare i principi dell'allevamento razionale: nessun animale ha valore intrinseco, ogni animale vale nella misura in cui è utile all'allevatore.

E se l'allevatore decide che i primi ad essere macellati per il banchetto pasquale saranno gli agnellini identificati come "gay", non fa che il suo mestiere ed il suo interesse :-(

Allevare animali per l'alimentazione significa quindi non solo farli soffrire ed inquinare spaventosamente l'ambiente, ma anche e soprattutto disconoscere la loro dignità di esseri senzienti - e quello che accade agli animali "gay" è soltanto la punta dell'iceberg.

L'allevamento crea una classe di persone che deve per forza ritenere lecito sfruttare gli esseri senzienti, partendo dagli allevatori fino ai ministri dell'agricoltura, ed anche a non voler attribuire agli animali da fattoria la stessa dignità degli esseri umani, bisogna ammettere che c'è sempre il rischio che questa cultura dello sfruttamento sfugga di mano, e venga estesa agli esseri umani.

Infatti le religioni più omofobe sono proprio quelle in cui il modello ideale di comportamento è dato dal "buon pastore" (cioè quelle abramitiche), e le società più omofobe sono quelle in cui si cerca di applicare all'umanità la medesima razionalità che si applica agli animali d'allevamento (quelle occidentali tra la rivoluzione industriale del '700 e quella delle comunicazioni del '900 - e non è un caso che la più feroce parodia del comunismo si intitolasse "La fattoria degli animali").

Essere vegani significa innanzitutto rifiutarsi di far parte di questa cultura della disumanizzazione, ed ambire a sradicarla - e concludo con due osservazioni.

La prima è che ho sempre usato la parola "gay" tra virgolette parlando degli animali, in quanto negli umani essere "gay" o "lesbica" è più una questione di autodefinizione che di effettivo comportamento (per citare Lucio Dalla, quanti marinai si autodefiniscono gay dopo aver preso atto che hanno più rapporti con gli altri membri dell'equipaggio che con la moglie o le donne che incontrano negli scali?), ed è difficile sapere quali animali sono capaci di "autodefinirsi".

La seconda è la risposta alla prevedibile domanda: ci sono gli arieti "gay"; ci sono anche pecore "lesbiche"? La risposta che viene normalmente data è che in teoria è possibile, ma non ce ne possiamo rendere conto perché l'unica cosa che fanno le pecore in estro è star ferme in attesa di essere coperte da un conspecifico - e non c'è modo di sapere se preferirebbero essere coperte da un'altra pecora anziché da un ariete.

In America c'è la locuzione "lesbian sheep = pecore lesbiche", che si usa per due donne che si amano tanto, ma nessuna di loro vuole ammetterlo, e la relazione erotica quindi non nasce.

In altri animali è più facile individuare le "lesbiche"; per esempio, pensate che nelle elefantesse la proboscide serva solo a nutrirsi? Secondo [2], no :-)

Raffaele Ladu

Perché è nato questo blog

Il blog http://vegan-lgbtq.blogspot.com alla fine è stato soppresso perché suscitava poco interesse. I pochi post interessanti sono stati importati nel blog http://agoralgbtq.blogspot.com/ - quello che state leggendo.

Il blog è nato a seguito di questo interessante scambio di lettere:

----- Original Message -----
From: Zeno Menegazzi
To: Direttivo Arcigay
Sent: Saturday, July 09, 2011 4:07 PM
Subject: Re: [direttivo] Lo creiamo un nuovo blog?

Raf, per il Blog Vegan sono anche d'accordo visto l'argomento specifico, se ritieni che ci sia un pubblico, perchè no?
Anche se non sono né Vegan, né esclusivamente vegetariano (Ma tendenzialmente), devo dire che la serata di Lucia mi è piaciuta molto, e secondo me sarebbe bello riproporla al Milk dalla prox riapertura.
Qualche hanno fa, conobbi un ragazzo tedesco molto carino che a Monaco di Baviera aveva fondato un gruppo LGBTQ Vegan, perchè stanco che a tutte le feste e gli eventi gay o lesbici a cui andava, l'unico menù proposto fosse solo quello carnivoro-bavarese fatto di wurstel, salsicciotti vari e carne in tutte le forme. L'ho rivisto all'Europride e mi ha raccontato che questo gruppo sta avendo un certo successo, e fra i componenti hanno anche una sorella della perpetua indulgenza chiamata Suor lattughina del Getsemani. :)
Potreste pensare a una cosa così al MILK tu e Lucia...no?

(cut)
Zeno


Il giorno 09 luglio 2011 15:21, Raffaele Ladu ha scritto:

Mi piacerebbe creare un blog con questo titolo:


per discutere di questioni vegane - non ci scriverei soltanto io, ma anche chi è vegana, come ad esempio Lucia, che aveva ispirato la famosa cena vegana di qualche mese fa.

(cut)

e parlerà di questioni vegane, legate anche al movimento LGBT.

In una mail successiva Zeno Menegazzi ci ha fornito due link interessanti - ed anche per questo lo lodiamo:

Preciso che nemmeno io sono al momento vegano - sto cercando di organizzare la transizione, vista la bontà della causa.

Raffaele Ladu

Immunologia, vegetarianesimo, ciclo mestruale


Ho trovato quest'articolo:


Riv Biol. 2001 Sep-Dec;94(3):403-26.

Luteal phase immunosuppression and meat eating.

Source

Department of Anthropology, University of California, Los Angeles, Los Angeles, CA 90095-1553, USA. dfessler@anthro.ucla.edu


il cui titolo originale significa "Immunosoppressione durante la fase luteinica ed ingestione di carne", e che cerco di riassumere.

La gravidanza richiede un certo grado di immunosoppressione, per evitare che il feto venga "rigettato" come un organo estraneo; e quest'immunosoppressione comincia già nella fase luteinica del ciclo mestruale, in cui il corpo si prepara ad un'eventuale gravidanza - e termina con la mestruazione se la gravidanza non c'è.

L'articolo elenca vari sintomi di immunosoppressione, ed un tentativo di compensarla: riducendo il consumo di carne (che è il cibo che più spesso ospita agenti patogeni) e sviluppando una maggiore sensibilità - per non dire una vera e propria nausea - per tutti gli odori che suggeriscono che il cibo possa essere infetto. Alcuni sintomi della sindrome premestruale e della gravidanza vengono spiegati dall'articolo come effetti collaterali della nuova regolazione del sistema immunitario.

Quello che interessa vegetarian* e vegan* è questo: molte donne, specialmente quelle che hanno una sindrome premestruale spiccata, finiscono con il mangiare assai meno carne durante la loro vita dei maschietti di analoga età e condizione sociale - anche perché non è possibile, per motivi non solo economici, ma anche di salute, ricuperare durante la fase follicolare tutta la carne che non si è mangiata durante la fase luteinica.

Molte, comunque in misura molto molto superiore ai maschietti, "gettano la spugna" e passano al vegetarianesimo, ovvero smettono proprio di mangiare carne, non per motivi ideologici, bensì perché il loro corpo non riesce proprio a convincersi ad ingerire una carne di qualità sempre più catastrofica - l'abuso di antibiotici negli allevamenti intensivi dà ragione alle donne che, come dicono gli americani, non toccherebbero una bistecca con uno palo lungo tre metri.

L'articolo parla di "vegetarianesimo", quindi delle persone che non mangiano "carne" in senso stretto, ma si procurano proteine animali da altre fonti - uova e latticini; però codesti alimenti danno le stesse perplessità igieniche della carne - e mia madre mi disse che la prima volta che ebbe la nausea quando era incinta (di me) fu quando sentì l'odore del caffellatte.

Sono vecchio, questo è accaduto nel 1962, la mucca che aveva dato il latte probabilmente brucava l'erba in un alpeggio ed era stata munta poche ore prima - ma il rischio era già intollerabile per una donna gravida.

L'articolo fa un'osservazione interessante: gli antropologi sembrano d'accordo che le prime società umane erano di cacciatori e raccoglitori, con i maschietti che andavano a caccia e le femmine che raccoglievano piante commestibili.

L'ipotesi più comune è che gravidanza, allattamento ed allevamento riducessero la mobilità delle donne e rendessero difficile per loro partecipare attivamente alle battute di caccia, ma gli autori dell'articolo trovano motivi per dissentire e proporre una spiegazione alternativa: la caccia e la successiva manipolazione degli animali uccisi implicavano (ed implicano tuttora) un grave rischio d'infezione - che poteva essere meglio affrontato dai corpi maschili che da quelli femminili.

Da cosa purtroppo nasce cosa, e questo avrebbe portato ad una sempre più rigida divisione del lavoro - infatti le società che più dipendono dalle proteine animali sono anche quelle più sessiste.

Raffaele Ladu

Un libro quasi lesbico :-)

Lo ammetto, ho voluto provocare lettrici e lettori, visto che Celie, la protagonista di questo libro:
  • Il colore viola [Testo a stampa] = The Color Purple / Alice Walker ; Traduzione di Marisa Caramella. - 2^ Edizione. - Milano : Sperling & Kupfer, 2008. - 313 p. ; 20 cm. - (Sperling Paperback). - ISBN 9788860614346 : 9,50 EUR
E' chiaramente lesbica - il lettore avvertito comincia già a sospettarlo quando legge a pagina 16: "A me gli uomini sembrano tutti uguali, più o meno", e prima ancora quando a pagina 7 legge che Celie sogna Shug Avery, una sciantosa che ha visto solo in fotografia, ma l'ha molto impressionata, e con cui poi effettivamente inizierà una storia d'amore.

Ma questa storia d'amore non è il fulcro del libro, che si presenta invece come un "Bildungsroman = romanzo di formazione", in cui la protagonista scopre, anche se in ritardo rispetto agli eventi della vita (e non contemporaneamente, come nei classici europei del genere), la propria identità.

Per farlo deve ricollegarsi alle proprie radici africane, essendo lei nera. Ma come può una donna di colore, così priva di volontà da subire letteralmente tutti i voleri degli uomini della sua vita - e con così poca autocoscienza da vivere per molto tempo senza nemmeno rendersi conto di essere in realtà lesbica - riuscire a varcare l'oceano e stabilirsi in Africa per il tempo necessario a ricollegare se stessa al continente?

Alice Walker ci riesce "scindendo" il personaggio in due: Celie rimane in America e vive la terribile vita delle donne nere della sua epoca (dall'Età Dorata alla Seconda Guerra Mondiale), mentre la sorella Nettie studia, scappa di casa, studia ancora, si aggrega ad una missione protestante in Liberia, e per caso si trova ad accudire i figli che Celie ha avuto dal suo patrigno.

Le due sorelle si scrivono delle lettere per molti anni, che testimoniano la maturazione di entrambe, ognuna esplorando diversi aspetti dell'essere nera, che si possono manifestare solo in luoghi diversi, ed il libro termina quando ambo le sorelle riescono a riunirsi ed a vivere insieme, in America.

Gli psicoanalisti dicono che la "scissione" è un meccanismo di difesa primitivo, che serve ad isolare (non semplicemente a reprimere) ciò che è troppo doloroso per essere avvertito dalla coscienza, e di solito ciò che viene scisso è un contenuto aggressivo, che minaccia di travolgere un fragile io.

Guarda caso, nel libro le due sorelle preparano la loro riunione, cioè la saldatura della scissione, quando Nettie riesce ad affrontare l'argomento spinoso dell'origine della schiavitù nera. Non è che gli schiavisti arabi od europei organizzassero delle battute di caccia per catturare i neri da esportare: li comperavano da chi li aveva già messi in vendita - membri di tribù rivali che li avevano catturati in guerra, oppure gli stessi membri della loro tribù che avevano deciso di liberarsi delle persone scomode in questo modo.

Allo stesso modo, anche Celie ha nuociuto ad una "sorella", quando ha consigliato ad Harpo, marito di Sofia, di picchiare la moglie - non perché ella meritasse una punizione, ma semplicemente perché ella non si lasciava mettere i piedi in testa da lui; e tutti i neri, di ambo i generi, compresa Celie, erano convinti che l'uomo dovesse tiranneggiare a prescindere e la donna sottomettersi a prescindere.

Inoltre, se il libro comincia con Celie che viene violentata ripetutamente dal patrigno, generandogli due figli, verso la fine del libro Nettie deve affrontare la tremenda realtà delle mutilazioni genitali femminili in Africa - cosa è più grave: stuprare le donne della propria famiglia, proprio perché le si considera proprietà del capofamiglia, oppure cercare di privarle del desiderio di vivere una vita sessuale propria attraverso l'infibulazione?

Saldare la scissione diventa possibile solo quando tutti sono pronti ad ammettere i propri torti ed a cambiare modo di pensare e di vivere.


E questa forma di redenzione non deve rimanere limitata alle donne, ma estendersi anche ai maschietti - infatti, solo quando i personaggi maschili del libro imparano a trattare le donne come persone e non come oggetti, ed Albert riesce a diventare da marito dispotico un buon amico di Celie, dopo aver preso atto (con bonaria ironia) che lei è lesbica, e la complementa nel lavoro (Celie cuce pantaloni, Albert camicie - e nel libro l'essere vestiti significa essere dignitosi), allora la ricomposizione familiare tra Celie e Nettie diventa possibile.

Celie si scopre lesbica dal momento in cui si innamora di Shug Avery, e lo rimane fino alla fine del libro; il suo lesbismo perciò non ha solo valore iniziatico - però è proprio il rapporto anche erotico con Shug Avery, una donna bisessuale che conosce molte persone da tutti i punti di vista, ad "attivare" le sue potenzialità.

Prima nessuno l'aveva amata, salvo la sorella Nettie, e perciò non poteva rendersi conto del proprio valore. Né, essendo ella lesbica, avrebbe potuto apprezzare l'amore di un uomo.

Il libro è anche un grande inno alla solidarietà femminile: in Africa vige la poligamia, ma come ha osservato anche questo libro che abbiamo in biblioteca:
  • L'incontro delle civilta [Testo a stampa] = Le rendez-vous des civilisations / Youssef Courbage ; Emmanuel Todd. - Milano : Tropea, 2009. - 155 p. ; 22 cm. - (Saggi ). - ISBN 9788855800433 : 14,90 EUR
la poligamia nell'Africa subsahariana è tutta a danno del marito, perché le mogli evitano di rivaleggiare ed invece fanno causa comune; lui può illudersi di essere il capo di casa, ma solo perché le mogli glielo lasciano credere.

Tra i neri d'America invece questa tradizione di solidarietà femminile si è perduta, ma non si è perduto il maschilismo - ed il libro cerca di convincere le lettrici a ricostruirla, senza gelosie: una delle prove che Celie deve affrontare prima di riunirsi alla sorella Nettie è non il sopportare, ma l'accettare che Shug Avery viva un nuovo amore con un maschietto.

Shug Avery era stata l'amante di Albert, il marito di Celie, e poi di un uomo chiamato Grady, ma Celie non rinveniva nel suo sentimento per loro nulla che andasse oltre l'attrazione fisica, e non era per questo gelosa. Quando invece Shug si innamora di Germaine, un uomo che sfida gli stereotipi di genere, lei si rende conto che è vero amore e diventa per questo gelosa.

L'amore tra Shug e Germaine non durerà più di qualche anno - ma Celie potrà rivedere Shug prima e Nettie poi solo quando sarà capace di apprezzare che Shug faccia la vita che vuole, anche senza di lei. Questo atteggiamento è detto attualmente "compersion", ma non si poteva pretendere che Celie usasse una parola così difficile prima che fosse inventata :-)

Sembra che il rapporto lesbico tra Celie e Shug sia anche un succedaneo della solidarietà femminile che si trova in Africa, e che anche nell'Africa subsahariana spesso assume tinte lesbiche - senza che i matrimoni eterosessuali delle donne coinvolte siano apparentemente un ostacolo.

Raffaele Ladu

Il lesbismo come non piace a noi

L'illustrazione a sinistra si riferisce a questo libro di Mary G. Banks, i cui titolo e sottotitolo significano:
  • Sono proprio nata così? : La liberazione dalla dipendenza dal lesbismo
La presentazione che Amazon fa del libro precisa:
  • 'Sono proprio nata così?' è un libro che ispira coloro che Satana ha incatenato. In questo libro vedrete come Dio mi ha tirato fuori dalla Droga, dall’Alcol e dal Lesbismo. Sono una persona vera, che aveva dei veri problemi ed aveva bisogno di un vero Dio per risolverli.
Ora, si può essere dipendenti da molte cose: per esempio, dalle sostanze psicotrope (di cui la più dannosa a livello sociale è l'alcol), dal gioco d'azzardo, da Facebook, e pure dal sesso.

Uno si immagina che il/la sessodipendente viva nel suo personale "paese di Bengodi"; purtroppo per l*i, non è vero, perché chi soffre di questa dipendenza deve scegliere tra l'avere degli orgasmi che l* fanno star male, e non averli e stare peggio.

Le persone con cui questi ha dei rapporti non sono, ai suoi occhi, dei veri amanti, ma dei meri "fornitori di orgasmi" - e questa è la cosa peggiore di codesta dipendenza: il privare chi ne soffre della libertà di scelta, e l'obbligarl* a rei-fica-re le persone con le quali dovrebbe condividere la più bella delle esperienze umane.

Non riesco a vedere un legame tra la dipendenza sessuale di cui soffriva l'autrice del libro ed il suo essere (stata?) lesbica - nemmeno gli psicologi e gli psichiatri lo vedono; le lesbiche che conosco sono semplicemente donne che amano altre donne, e non c'è maggiore prevalenza di sessodipendenti tra le lesbiche rispetto alle etero.

E le organizzazioni LGBT non si sognano certo di incoraggiare questo tipo di psicopatologia; ad esempio, lo Statuto dell'Arcigay dice all'Articolo 3 che uno degli scopi dell'associazione è "promuovere una sessualità libera, consapevole e informata" - in cui il sesso sia una gioia e non una dipendenza, ed ogni persona veda rispettata la propria dignità anziché essere rei-fica-ta.

Dire che il lesbismo è una dipendenza è quindi uno sbaglio; ed individuare la cosa più grave nel passato comportamento sessuale dell'autrice nel lesbismo (che non impone di rei-fica-re la propria amante) e non nella dipendenza sessuale (che invece lo impone), come è implicito nel titolo del libro, significa solo aver attribuito all'essere perfettissimo un sistema etico inferiore a quello che può escogitare una persona di media intelligenza.

Raffaele Ladu