Luca 10:10-12 secondo John McNeill, ex-gesuita

John McNeill, ex-gesuita
Sto cominciando a leggere il libro:
The Church and the Homosexual / John McNeill. - 4th Edition. - Boston : Beacon Press, 1993. - ISBN 9780807079317
e già alle pagine xix-xx dell'Introduzione alla Quarta Edizione (scritta nel 1993, ma tuttora attualissima), mi ha insegnato qualcosa di utile.

Leggiamo il brano (la traduzione è mia):
A questo punto, l'ignoranza e la distorsione dell'omosessualità, l'uso di "stereotipi e falsità" in un documento vaticano ufficiale, induce noi che siamo cattolici gay ad emanare un serio monito al Vaticano. La vostra ignoranza non la si può più scusare come incolpevole, è diventata per forza deliberata e malvagia. A nome di tutti i gay cattolici, e dei gay e delle lesbiche di ogni luogo, io grido: "Basta!" Basta con le vostre distorsioni delle Scritture che fanno degli omosessuali il capro espiatorio di ogni disastro! Lo stesso Gesù in Luca 10:10 ha riconosciuto che il peccato di Sodoma era la mancanza di ospitalità verso lo straniero, eppure sostenete l'interpretazione di quel peccato come l'attività omosessuale. (...)
Il rimando a Luca 10:10 è molto interessante, ma penso che varrebbe la pena leggere anche i due versetti successivi - copiamoli dalla Nuova Riveduta pubblicata in questo sito (e che Padre McNeill mi perdoni):
10. Ma in qualunque città entriate, se non vi ricevono, uscite sulle piazze e dite: 
11. "Perfino la polvere della vostra città che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scotiamo contro di voi; sappiate tuttavia questo, che il regno di Dio si è avvicinato a voi". 
12. Io vi dico che in quel giorno la sorte di Sodoma sarà più tollerabile della sorte di quella città.
Se noi diamo retta all'interpretazione tradizionale della Chiesa, ovvero che il peccato di Sodoma era la "sodomia", allora il discorso di Gesù è forte nei toni, ma poco efficace dal punto di vista retorico; se invece accogliamo l'interpretazione tradizionale ebraica, ovvero che il peccato di Sodoma fu il mancare di ospitalità, allora il discorso di Gesù acquista grande potenza oratoria.

Egli infatti sta incaricando i discepoli, a due a due, di andare nelle città ad annunciare il regno di Dio, e con l'allusione a Sodoma sta dicendo loro che il loro ruolo è paragonabile a quello della coppia di angeli che Dio mandò a Sodoma per verificare se le lamentele contro quella città erano fondate (v. Genesi, capitoli 18 e 19).

Minacciare gli abitanti di una città di una punizione paragonabile a quella di Sodoma non avrebbe senso se il peccato di Sodoma fosse stato la penetrazione anale, e quello della città di aver respinto i discepoli; se invece le  due città sono ree del medesimo peccato, la mancanza di ospitalità, allora ha senso minacciare una punizione paragonabile - grave, perché grave era il dovere dell'ospitalità nel mondo biblico.

Anche gli ebrei che sono omofobi quasi come la Chiesa cattolica concordano che il peccato di Sodoma era questo, e che la minaccia di violenza sessuale agli angeli era solo un dettaglio in un quadro di violenze e soprusi (vedi Ezechiele 16:49) - e non si dovrebbe separare Gesù dalla tradizione ebraica, se non a ragion veduta.

Se poi questa tradizione consente di dare alle parole di Gesù una pregnanza oratoria degna di lui, è bene seguirla.

Raffaele Ladu