La performatività del genere spiegata ai mici


C’è una dottoranda di nome Hannah McCann, cofondatrice del Judith Butler Fan Club, che ama sia i gatti che le teorie queer (il motto del blog è “Tutto quello che avreste voluto sapere sul genere ma avevate troppa fifa di chiedere”), ed ha realizzato il “fotoromanzo” che ho linkato sopra e riprodotto sotto, in cui Judith Butler spiega la “performatività” del genere dialogando con dei mici.

Le parole della Butler sono montaggi di citazioni del suo libro Gender Trouble (pubblicato in italiano con il titolo Scambi di genere), ed infatti sul petto della Butler vedete scritti i numeri di pagina da cui ogni citazione è tratta; le parole dei mici sono invece tutte farina del sacco dell’autrice del blog.

Io non sono bravo ad usare Photoshop, e quindi mi limito a tradurre i dialoghi (in calce al “fotoromanzo”) indicando a quale vignetta si riferiscono (l’autrice mi ha facilitato il lavoro numerando ogni vignetta); poiché sono io a tradurre, la mia traduzione può non corrispondere a quella dell’edizione italiana. Spero che questo non vi faccia danno.

Buona lettura e ciao, RL

Traduzione

  1. Leggere Judith Butler mi fa male al cervello. Che diavolo significa “performatività”?
  2. T’aiuto. Fammi partire dall’inizio.
  3. Allora, non c’è alcuna “’verità’ intrinseca” nell’identità di genere, perché il sesso “è già genere, sempre”.
  4. Già "all’inizio", non ti capisco. Perché non c’è un’essenza intrinseca nell’identità di genere?
  5. Perché il genere è il risultato della ripetizione di “stili della carne” che “si coagulano con il tempo”. Questo processo ci fa credere che ci sia una verità intrinseca naturale. “La costruzione ci forza a credere che essa sia necessaria e naturale”.
  6. Il genere si coagula.
  7. Fammi capire: se non c’è un’essenza intrinseca del genere, com’è che il sesso è già genere? Non abbiamo parti femminili e parti maschili, e questo è un fatto scientifico?
  8. Questa non è altro che la “matrice eterosessuale”.
  9. (il gatto tace, e l’immagine palesa quello che pensa)
  10. Beh, non è proprio così.
  11. Sto parlando di una “griglia di intelligibilità culturale” in cui sesso, genere e desiderio sono mantenuti in una dicotomia eterosessuale (ovvero, una struttura coerente in cui sesso -> genere -> desiderio dell’opposto).
  12. Come la griglia del film “Tron”?
  13. Beh … in questa griglia, la “coerenza” e la “continuità” di sesso, genere e desiderio sono le “norme d’intelligibilità”.
  14. E dacchè questa struttura si ripete, noi finiamo con il vederla come naturale. Ti ricordi il coagularsi? Questa è la performatività del genere: “anticipazione”, “ripetizione” e “rituale”. Il genere è un fare, non un essere.
  15. Ma allora, con il genere io devo solo ripetere, ripetere e ripetere con la monotonia della lavandaia?
  16. Attento! Guarda, bello mio, dove hai messo l’io: non c’è nessun autore dietro l’azione.
  17. Cosa?
  18. Il genere è performativo in quanto è produttivo. L’identità è un effetto (un prodotto) anziché una causa. “Non è né fatalmente determinata né del tutto artificiale ed arbitraria”. Non è teatrale.
  19. Ma, se non intendi la performatività come teatrale, perché usi l’esempio del drag nel capitolo 3?
  20. Ho semplicemente usato il drag come un esempio di parodia dell’identità di genere, una parodia “proprio della nozione di originale”. Non la prescrivo come una tattica sovversiva.
  21. Non so che dire, JB. Potremo mai rovesciare l’egemonia che descrivi?
  22. Non la possiamo rovesciare, ma quello che ho descritto è intrinsecamente aperto alla trasformazione.
  23. “La ‘realtà’ del genere … può essere fatta in modo diverso, e, davvero, meno violento”.
  24. “Continuo a sperare in una coalizione di minoranze sessuali che trascendano le semplici categorie dell’identità … che contrastino e dissipino la violenza imposta da restrittive norme corporali”.
  25. Grandioso!