La Gioconda era un travestito


Per ricercatrice francese soggetto dipinto è Salai, suo amante
07 novembre, 20:39
di Aurora Bergamini

PARIGI - La Gioconda era un travestito: è la sentenza shock di una ricercatrice francese, Sophie Herfort, che ha pubblicato un libro proprio in coincidenza con la grande mostra aperta a Londra su Leonardo da Vinci. Se la Gioconda fosse davvero Lisa Ghedini, la moglie di Francesco del Giocondo, allora perché il dipinto non è mai appartenuto a quest'ultimo? E perché tra gli appunti del grande genio del Rinascimento non viene mai menzionato ne' questo quadro ne' chi lo ha commissionato? E ancora, perché il maestro toscano non si è mai voluto separare dal ritratto di Monna Lisa tanto da portarlo con se' in Francia, alla corte di Francesco I? A porsi queste domande è Sophie Herfort, giovane professoressa e ricercatrice in Scienze dell'arte all'Università Sorbona di Parigi, nel libro appena uscito oltralpe per le edizioni Michel Lafon, 'Le Jocond' (Il Giocondo), risultato di quattro anni di ricerche, tra Francia, Italia e Stati Uniti.

Salai, alias Gian Giacomo Caprotti, giovane allievo e musa di Leonardo, per la Herfort non fu semplicemente il modello della tavola, come aveva già ipotizzato il ricercatore italiano Silvano Vinceti, per la somiglianza nei tratti del volto tra il San Giovanni Battista (che ricorda appunto la fisionomia di Salai) e la Gioconda. Ne fu anche il vero soggetto. Era proprio lui che Leonardo si era divertito a rappresentare: il suo amante, vestito da donna, ovvero con quegli stessi abiti femminili, tra mantelline di pelliccia e autoreggenti rosa, che Salai indossava di solito fra le mura domestiche. Il quadro venne poi ulteriormente ''femminilizzato'', con il velo sui capelli e un decolleté più accentuato, per paura della censura: ''al tempo l'omosessualità era punita con il rogo - spiega all'ANSA la Herfort - e Leonardo era scampato nel 1477 una condanna per atti immorali per avere partecipato a una sodomia di gruppo con altri artisti''.

Non fu infatti Leonardo, ''un omosessuale discreto'' come lo definisce la ricercatrice, a dare il titolo all'opera, ma lo storico Giorgio Vasari, solo dopo la morte dell'artista, facendo una serie di considerazioni e correlazioni ''del tutto discutibili e confutabili''. ''L'amore folle e incondizionato di Leonardo da Vinci per il suo giovane assistente sono all'origine di una delle opere più celebri, ammirate e controverse della storia di tutti i tempi - afferma l'autrice - Le illustrazioni, gli schizzi preparatori e le corrispondenze private del genio italiano non lasciano spazio al dubbio: la Gioconda non è una donna. Quello che noi identifichiamo come l'ideale della bellezza femminile è un travestito''.

Leonardo conobbe per caso Salai il 22 luglio del 1490 a Oreno di Vimercate, alle porte di Milano, mentre cercava, in quanto pittore alla corte Ludovico Maria Sforza, il cavallo perfetto da scolpire in onore di un potente condottiere milanese. Rimase ammaliato dalla bellezza di questo ragazzino che lavorava tra le vigne - all'epoca aveva solo 10 anni, mentre Leonardo ne aveva 38 - e lo comprò per un pugno di fiorini. Fu il suo benefattore per i trent'anni a venire: lo ospitò a casa sua, lo fece lavorare per lui e diventò la sua musa universale, diavolo e angelo, dalla bellezza androgina, che racchiudeva in se' il femminile e maschile, la figura ideale. E soprattutto lo amò alla follia, gli concesse tutti i capricci (Salai era spendaccione e goloso, osserva l'autrice), Quando nel 1516 Leonardo, sessantenne, venne chiamato come pittore ufficiale alla corte di Francesco I, l'allievo irriverente, avendo già ottenuto la sua parte di eredità, non si sentì obbligato a seguirlo. ''Ma Leonardo che era ossessionato dal suo amante, portò con sé la Gioconda e il San Giovanni Battista - conclude la Herfort - così Salai, il suo sguardo, il suo sorriso, continuarono a seguirlo''.

(Dall'ANSA)