Poesia burchiellesca (da "Encyclopedia of Homosexuality")

Nel 1990 fu pubblicata quest'opera:
  • Encyclopedia of homosexuality / edited by Wayne R. Dynes ; associate editors Warren Johansson, William A. Percy ; with the assistance of Stephen Donaldson - New York ; London, 1990 - 2 v. ; 27 cm. - Garland reference library of social science
che però nel 1995 fu ritirata dal commercio; per fortuna la si può ora consultare online a questo indirizzo:
Tra le molte voci serie e seriose, una che mi ha particolarmente colpito è quella che ora vi traduco, ed il cui originale si trova qui:
ero tentato di tradurla come: "Quello che avreste voluto sapere sulla poesia omoerotica italiana, e non avete mai osato chiedere", perché il fenomeno sembra ignorato dai manuali di letteratura italiana del liceo, e credo che soltanto pochi specialisti lo abbiano approfondito. Ed infatti la voce è firmata "Giovanni Dall'Orto" :-)

Se volete pietrificare il/la vostr* prof. di lettere, provate a parlargli/le della


Poesia burchiellesca


Questo termine designa un tipo di poesia italiana ("alla burchia = a casaccio") [1] che ricorre ad un linguaggio "esopico" o cifrato, zeppa di doppi sensi osceni che offrono un certo parallelo con le famose poesie in jargon [gergo] di François Villon (1431 circa - 1463). La poesia burchiellesca fiorì dai primi anni del '400 fino a tutto il '500. Il principale autore del genere fu Domenico di Giovanni, detto per questo "Il Burchiello" (1404-1449).


Tra i seguaci e successori del Burchiello, uno dovrebbe notare Antonio Cammelli (1436-1502) e Bernardo Bellincioni (1452-1492), che scrissero molte composizioni a tema omosessuale. Anche diversi altri scrittori scrissero "alla burchia", tra cui notevoli sono Domenico Di Prato (1370 circa - 1432 circa), Rosello Roselli (1399-1451) ed i grandi architetti Filippo Brunelleschi (1377-1466) e Leon Battista Alberti (1404-1472) [2].


Il linguaggio burchiellesco apparve anche nella prosa: per gli scrittori toscani del Rinascimento era pratica abituale, quando scrivevano eufemisticamente di sesso (per esempio, nella corrispondenza privata), ricorrere al "codice" burchiellesco - così facevano Niccolò Machiavelli e Francesco Berni.


La poesia burchiellesca svanì nel '500, dando vita alla meno esuberante variante di burlesco detta Bernesca [3]; eppure elementi del linguaggio burchiellesco continuarono ad aleggiare per molto tempo, per esempio nelle pasquinate romane che prendevano in giro il papa.


Spesso nonsense innocente, precursore del limerick [4], il linguaggio burchiellesco consiste interamente di doppi sensi, che normalmente nasce da indovinelli o motti di spirito, che sono quasi sempre osceni, e spesso omoerotici. Al non addetto le poesie burchiellesche possono sembrare in sé compiute, dal punto di vista del significato superficiale, tanto da apparire innocue, anche se in qualche modo eccentriche; in altri casi sono ermetiche pure a livello superficiale, ed indecifrabili per chiunque non ne possegga la chiave.


E' difficile interpretare il linguaggio burchiellesco, in quanto spesso la soluzione è un indovinello che porta ad un altro indovinello. Per esempio, è possibile intendere il verbo tagliare [5] nel senso di sodomizzare, poiché è simile alla parola tagliere. Un tempo essi erano rotondi, non rettangolari - da cui il significato di "ano". Il significato metaforico di tagliere è parallelo a quello di tondo, che significa "ano" anch'esso.


Il gergo burchiellesco è generalmente costruito attraverso contrasti simmetrici: asciutto = "sodomia" di contro ad umido = "rapporto vaginale"; valle = "vulva" di contro a monte = "ano". In altri paragoni, la controparte del pene non è la vagina, ma normalmente l'ano.


Normalmente la penetrazione non si esprime nel senso eterosessuale, ma comunemente nei termini di una penetrazione anale con un uomo come oggetto. Questa preminenza del rapporto sodomitico probabilmente riflette l'intento "trasgressivo" della poesia burchiellesca, per cui i rapporti "anali" erano più adatti di quelli "banali" ed eterosessuali [6].


La difficoltà del linguaggio burchiellesco, ed il soggetto "scandaloso", si sono coalizzati per scoraggiare la ricerca erudita. A tutt'oggi non esiste un'edizione critica delle opere del Burchiello [7], il fondatore del genere, e non è ancora stata escogitata una chiave che possa decifrare tutti i significati nascosti.


Bibliografia:
  • Sonetti del Burchiello, del Bellincioni e d'altri poeti fiorentini alla burchiellesca. - London [in realtà Lucca e Pisa], 1757 [8]
  • Sonetti inediti / Il Burchiello ; a cura di M. Messina. - Firenze : Olschki, 1952
  • I sonetti del Burchiello / edizione critica della vulgata quattrocentesca a cura di Michelangelo Zaccarello - Bologna : Commissione per i testi di lingua, 2000 - CXXXII, 344 p. ; 24 cm. - Collezione di opere inedite o rare pubblicate dalla Commissione per i testi di lingua ; 155 [9a]
  • I sonetti del Burchiello / a cura di Michelangelo Zaccarello - Torino : G. Einaudi, [2004] - XXIX, 349 p. ; 18 cm. - Collezione di poesia ; 328 [9b]
  • http://www.letteraturaitaliana.net/pdf/Volume_3/t52.pdf [10]
Giovanni Dall'Orto


Note del traduttore:


[1: vedi il Dizionario del Tommaseo qui: http://www.dizionario.org/d/?pageurl=burchia ; il sito http://www.italica.rai.it/rinascimento/cento_opere/burchiello_sonetti.htm sostiene che questo genere letterario riprende indirettamente la tradizione francese dei versi "battellati" (ed infatti, "burchia" è un tipo di battello fluviale, e "burchiello" è il battello che portava i nobili veneziani alle loro ville sulla Riviera del Brenta, di cui ora esiste una versione a motore per i turisti), in cui gli oggetti vengono messi alla rinfusa come le merci su un battello.
Altro significato di "alla burchia" è "plagiando", come attestato dal Vocabolario della Crusca: http://www.lessicografia.it/BURCHIA, oltreché dal Tommaseo, ed il Burchiello ammette di aver scritto "alla piratesca prendendo un po' qui un po' là, alla rinfusa".]


[2: Avevo già l'impressione che l'architettura del Rinascimento italiano fosse il "campionario" di ciò che sono capaci di fare i gay quando non vengono perseguitati]


[5: va detto che Giovanni Dall'Orto si era premurato non solo di riportare ognuna di queste parole italiane che ho scritto in corsivo nell'articolo dell'enciclopedia, ma anche di corredarle di una precisa traduzione in inglese - che io ho omesso, perché assolutamente superflua per "Le genti / del bel paese là dove 'l sì suona" (Dante, Inferno XXXIII, 79-80)]


[6: e così ho esplicitato un motto di spirito di Giovanni Dall'Orto che forse non era abbastanza chiaro nella forma originale]


[7: Giovanni Dall'Orto scrive nel 1990. La lacuna è stata colmata nel 2000. Vedi qui: http://it.wikipedia.org/wiki/Burchiello_(poeta)]


[9a e 9b: questi due testi li ho aggiunti io alla bibliografia originale fornita da Giovanni Dall'Orto, in quanto li ho ritenuti indispensabili per completare la trattazione; (9b) sembra la versione economica di (9a), con le medesime poesie, ma con una prefazione ridotta (29 pagine anziché 132) ed un formato ridotto (18 anziché 24 cm).]


[10: sembra un estratto di 9a - anche questa è ovviamente un'aggiunta.]


Raffaele Ladu

Identità che liberano, identità che schiavizzano


Una volta lessi questo libro:
Marc-Alain Ouaknin, il primo degli autori, è uno studioso francese (non è un rabbino, come invece avevo scritto in precedenza) che scrive anche cose molto serie, tra cui l'introduzione al libro citato, in cui spiega la differenza molto sottile tra la barzelletta antisemitica e quella ebraica: l'antisemita cerca di rinchiudere l'ebreo nella gabbia degli stereotipi, l'umorista ebreo di farlo evadere.

Judith Butler, che è ebrea, dice che per uscire dagli stereotipi di genere occorre farne la parodia - non è un ragionamento molto diverso da quello di Ouaknin: l'autentica barzelletta ebraica può partire da un luogo comune antiebraico, ma il suo svolgimento deve demolirlo.

Il 9 aprile, in un gruppo che si proponeva l'accoglienza ai/alle trans, dissi che il mio sesso biologico ed il mio ruolo sessuale sono maschili, e la mia identità di genere ed il mio orientamento sessuale sono quelli di un maschio etero, ma sono spesso tentato di assumere l'identità di genere e l'orientamento sessuale di una donna lesbica - oscillando quindi tra queste due configurazioni dell'identità sessuale. In forma lievemente diversa, ma meno corrispondente al mio pensiero, mi sono espresso stasera in una comunicazione al Direttivo dell'Arcigay di Verona.

Il 16 Aprile Berlusconi ha detto al Meeting Nazionale del PdL:

In che cosa si distingue ciò che ho detto io da quello che dice Berlusconi?

Qui viene in aiuto Ouaknin: io forzo il modello a quattro componenti dell'identità sessuale alla ricerca di spazi di libertà, Berlusconi li nega a sé ed anche agli altri. Infatti la sua battuta implica che il maschio etero perfetto è quello che non ha desideri o sentimenti omoerotici, perché ha trasformato ciò che avrebbe potuto farlo evadere dall'eterosessualità obbligata nel suo carceriere più fidato.

L'eterosessismo non viene messo in discussione da Berlusconi, anzi, viene pietrificato – mentre un trans FtM gay od una trans MtF lesbica lo devono demolire per forza, perché rifiutano che il loro destino sia dettato dal loro sesso di nascita.

Tra parentesi, chi ha una visione granitica dell'identità sessuale non si dimostra più duttile in altri contesti: l'eterosessista ed il razzista hanno in comune il credere che la nascita di una persona debba dettarne inesorabilmente il comportamento ed il ruolo sociale – e che sia un errore voler sfuggire a questo destino. Il Berlusconi che oggi si dimostra eterosessista in passato ha cercato di essere più razzista della Lega, e non smette mai di essere antifemminista.

L'omofobia al potere non è un problema solo delle persone LGBT – è un danno per chiunque abbia la parità e la mobilità sociale a cuore, e non per niente l'Italia è uno dei paesi europei più antifemministi e socialmente più immobili.

Raffaele Ladu

Un «etero» a capo dell'Arcigay di Bari Convive e ha una bimba: è polemica

CORRIERE DEL MEZZOGIORNO
L'elezione di Francesco Brollo suscita i primi malumori
Gli iscritti scandalizzati: «Ma lui non ci rappresenta»
Francesco Brollo
BARI - Francesco Brollo, eterosessuale trentasettenne, è il nuovo presidente di Arcigay Bari. E’ stato eletto, nel corso del terzo congresso per il rinnovo degli organismi, con il sostegno di Enrico Fusco, ex presidente e militante dell’associazione. «La mia prima battaglia? Ottenere di vivere in un mondo in cui non ci si chieda più perché un etero è a capo di Arcigay. Come dice il presidente Napolitano "I diritti delle persone omo e transessuali non riguardano solo loro ma riguardano tutti noi"». Ma la scelta provoca polemiche e divide prima di tutto il mondo gay. «Per quanto sensibile, che ne sa il neopresidente di cosa significa essere chiamati "ricchione di m..."?». Anche Arcigay è in subbuglio: c’è chi invoca il commissariamento dell’associazione. Brollo non si fa turbare. «Di fronte al cambiamento c’è sempre chi non comprende. Io non mi rivolgo alla comunità omosessuale, io parlo con le persone e vivo in una società. E con le persone spero di contribuire a ottenere che la società riconosca i diritti di tutti». Un eterosessuale alla guida di Arcigay Bari? Perché no, secondo un gruppo, il nocciolo fondativo dell’associazione che si aggrega intorno a Enrico Fusco, in passato a sua volta presidente di Arcigay. Si deve a loro l’elezione di Francesco Brollo, 37enne, etero dichiarato. Circostanza che scandalizza i gay che non si sentono rappresentati da lui. La sua elezione sarebbe una «provocazione», secondo diverse voci della comunità omosessuale barese, dentro e fuori da Arcigay. L’opposizione interna potrebbe chiedere il commissariamento e per ora punta almeno sul riconteggio dei voti. Brollo non si lascia impressionare. «La mia elezione una provocazione? Io credo che provocazioni siano le facili battute subìte da ragazzi gay. Le aggressioni. O uno Stato che non riconosce pari diritti. Non l’elezione di un etero alla guida di Arcigay».
Brollo, nato a Venezia, si è trasferito a Bari per vivere con la sua compagna barese con la quale ha avuto una bambina. È laureato in regia alla Nuova università di cinema e tv di Roma. Ha vinto un premio per il miglior cortometraggio al quinto Festival del cinema europeo di Lecce. E, mentre lavora alla sceneggiatura del suo primo lungometraggio, Over the rainbow, insegna regia in alcune scuole medie e superiori della provincia di Bari. L’impegno nel sociale, per lui, non è una novità. L’avvicinamento alla comunità omosessuale barese, invece, una cosa accaduta in modo naturale, nei vicoli di Bari Vecchia dove Brollo vive «molto meglio che al Nord». «Io - spiega il presidente di Arcigay Bari - non ho passione per il concetto di "comunità". Che sia quella omosessuale o altro tipo di comunità. Io conosco persone, entro in contatto con persone. Non entro ed esco da comunità. Con tutte le persone mi sento in una società. Che stenta a riconoscere dei diritti. Per questi diritti voglio battermi». Brollo, insomma, non fa sforzi per attirarsi le simpatie di quegli omosessuali che, invece, sembrano fidarsi poco o niente del nuovo corso. «Sono certa che Brollo avrà tutta la sensibilità che anch’io mostro dinanzi alle ingiustizie della vita - dice per esempio Viviana Loprieno, tra le fondatrici di un’altra associazione, Between - ma il neopresidente saprà cosa significa essere chiamati "ricchioni di m..."? Certe cose se non le vivi sulla pelle...». Brollo replica annunciando che si batterà prima di tutto proprio contro questa mentalità, quella di chi lo sente altro, diverso.

«Il primo risultato che vorrei centrare? Vorrei che a nessuno venisse più in mente di chiedersi perché il capo di Arcigay è etero - replica Brollo -. Questo è il mio primo obiettivo da presidente dell’associazione. E’ evidente che c’è stata una parte dei soci che voleva questo cambiamento, questo percorso. E’ evidente anche che non tutti comprendono il cambiamento. Sono pronto al confronto». Brollo è stato eletto nel terzo congresso del comitato provinciale dell’associazione. «Sono qui - ha dichiarato durante l’atto di investitura - per affermare che Arcigay Bari esce dal confine che segna le differenze tra persone. E’ possibile stare insieme, anche senza chiedersi il perché». Quindi il richiamo a un’autorevole dichiarazione, quasi a rafforzare la sua posizione. «Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha affermato: "I diritti delle persone omo e transessuali non riguardano solo loro ma riguardano tutti noi". Sarà questa la linea del mio mandato, affinché il legislatore attui il principio di uguaglianza e cessino le discriminazioni per l’orientamento sessuale, il genere o il colore della pelle».

La giunta di Verona apre ai gay. Patrocinio allo spettacolo omosex - Corriere di Verona 6.4.2011

La giunta di Verona apre ai gay
Patrocinio allo spettacolo omosex

Quindici anni dopo la mozione contro il riconoscimento delle coppie omosessuali bollate come «contronatura». Tosi: «Come istituzione dobbiamo tutelare i diritti di tutti»

VERONA — «Ammalati» o «contronatura». Era un torrido luglio del 1995 quando alcuni esponenti del centrodestra, in un concitato consiglio comunale, bollarono così gli omosessuali a suggello di una mozione contro una risoluzione del Parlamento europeo per il riconoscimento delle coppie gay. Ma a far diventare quella seduta un caso, che esplose sulla stampa nazionale e internazionale, fu il leghista Romano Bertozzo. Che arrivò a chiedere per i gay la castrazione chimica. Cambiano i tempi e oggi la destra volta pagina e sdogana i diversi orientamenti sessuali. In concomitanza con la Giornata mondiale contro l’omofobia, l’amministrazione comunale patrocina lo spettacolo teatrale «Divercity - Verona incontra la diversità», diretto dal regista Gaetano Miglioranzi, che andrà in scena al Camploy il 5 maggio. A promuoverlo è il Gasp, gruppo di salute e prevenzione Aids, con le adesioni di Arcigay e Milk (nuova associazione che riunisce gay e lesbiche). Trama: un amore contrastato tra omosessuali che scatena reazioni contrarie e indignate, con rimandi a Giulietta e Romeo, pure osteggiati da convenzioni e pregiudizi sociali. A spingere l'iniziativa l'assessore ai Servizi sociali Stefano Bertacco e la consigliera comunale Elena Traverso, che fanno capo a quell’ala di An del Pdl che con le coppie omosex non è mai stata tenera.

La Traverso spiega, molto semplicemente, che il mondo cambia e con esso la mentalità e il senso della morale: «Tutti in fondo abbiamo qualche amico gay. E anche la tivù, tra fiction e Isola dei Famosi, li ha sdoganati alla grande». Non a caso l’intera giunta, compresi il cattolicissimo assessore Alberto Benetti e tutta l’ala leghista, sindaco Flavio Tosi in testa, ha dato l’imprimatur alla sponsorizzazione dello spettacolo omosex. «Tutto nasce da uno spettacolo del Gasp per la prevenzione dell’Aids organizzato al Camploy in novembre - racconta la consigliera -. Da lì è nata una collaborazione con il Gasp e l’Arcigay, puntata sui temi dell'intolleranza e della discriminazione sessuale. Così, in vista della Giornata mondiale contro l’omofobia, io e Bertacco abbiamo pensato che era giunto il momento per cancellare quella brutta immagine della Verona razzista e sessista, mostrando che invece tutti noi abbiamo una grande sensibilità sul tema». Sul passato, fa capire la Traverso, è ora di metterci una pietra sopra.

Anche a quella famosa mozione, «che comunque era una cosa diversa, perché poneva al voto il riconoscimento delle coppie gay. Intendiamoci: io sono contro le intolleranze, ma resto fermamente convinta che il matrimonio si faccia tra uomo e donna». Anche Flavio Tosi, che più volte Arcigay e Pink hanno contestato per ordinanze e «azioni omofobe», ammorbidisce le sue posizioni e prende le distanze dalla famosa mozione del 1995: «A prescindere da quel documento e al di là della mia posizione personale, che fu di astensione, credo che un’amministrazione debba sempre essere da una certa parte, che è quella della democrazia. E come istituzione si ha il dovere di tutelare tutti e i diritti di tutti». Il regista Gaetano Miglioranzi dice di essere stupito dalla vicenda, ma in positivo: «Noi ce lo ricordiamo bene come le forze di destra di Verona abbiano avversato la diversità sessuale. Però quest’apertura dà spazio alla speranza. E a un futuro di tolleranza».

Laura Lorenzini

Il lago dei sogni / Salvatore Niffoi

Ho letto il libro dopo aver udito un'intervista di Loredana Lipperini al suo autore, trasmessa da Fahrenheit il 25.03.2011.

E' un romanzo gradevole, anche se lo stesso Niffoi si rende conto di non essere autore di capolavori, almeno a giudicare da questo brano autoironico di p. 81, in cui il bibliotecario e becchino Ossoriu Concale (mi sono chiesto se questa doppia professione non fosse un'allusione alla Ghenizà del Cairo, di cui ho parlato in altra occasione) spiega alla protagonista del romanzo:
"Lascia perdere i trattati. Per capire bene il mondo e i cristiani, leggi solo i romanzi e, finché ti è possibile, solo classici. Lascia cantare i narratori moderni, che quelli sono ciarlatani che sputano il masticato, bamboline imputtanite che credono di parlare del mondo guardandosi la braghetta. Quelli li puoi leggere da vecchia, per confrontarli con i grandi e farti quattro risate. Prima, cara Itria, leggi tutti i classici francesi, russi, spagnoli e sudamericani. Dopo, vedrai, tutto il resto ti sembrerà acqua sporca, piscio d'asino che annaffia il deserto".


Nel romanzo ho notato però due pecche, di cui la prima mi consente di recensirlo su "Agorà": il malvagio per eccellenza del romanzo, Don Severino Nodosu, ha intrapreso la carriera ecclesesiastica perché segnato dall'umiliazione di avere un pene piccolo e non funzionale - tant'è vero che lo chiamano "mincitristu = minchia triste".


Ora, la descrizione dei suoi genitali mi fa pensare ad un caso di intersessualità, e forse Niffoi sarebbe riuscito a dare maggiore spessore al personaggio se avesse usato questa chiave di lettura, anziché quella del "complesso d'inferiorità"; ma questo avrebbe significato chiedere di più anche agli altri personaggi, che anziché perdersi nell'eterosessismo avrebbero dovuto capire che la dicotomia dei sessi è una finzione che va bene solo per il calcolo del codice fiscale.


Inoltre, credo che una menomazione genitale (chiamiamola così) sia un impedimento per il sacramento dell'ordine - quando Ossoriu Concale dice che un sacerdote deve avere "sos cozzones a postu = i coglioni a posto" non dice una volgarità, ma parafrasa Deuteronomio 23.1:


"L'eunuco, a cui sono stati infranti o mutilati i genitali, non entrerà nell'assemblea del Signore" [La Nuova Riveduta]
E San Tommaso d'Aquino, basandosi su un altro passo biblico (Levitico 21.17), concorda (Somma Teologica, Questione 39, Articolo 6): una menomazione che privi una persona del proprio decoro è un'impedimento; l'esempio del Dottor Angelico riguarda il naso, ma il passo biblico cita anche il sesso, e con ogni evidenza a Melagravida, il paese di una fiabesca Sardegna in cui è ambientato il romanzo, anche una menomazione genitale è indecorosa.


La seconda pecca mi ha fatto arrabbiare molto - è quest'osservazione del narratore a p. 136:
"Fernandina ... aveva ucciso il marito due volte, la prima quando gli teneva la braghetta chiusa negandogli l'amore che meritava ..."


Credo che questo vada oltre il maschilismo becero: l'amore non si merita, ma è un dono gratuito - se non si capisce questo, il catechismo è stato studiato invano.


Di una persona che sempre si nega al(la) su* partner si può pensare tutto il male che si vuole, ma non si è in credito verso di lei di nulla. Nemmeno il/la prostitut* è tenut* a soddisfare il/la cliente che l* ha pagat*.


Raffaele Ladu

“Giovani omosessuali in terra d'islam” al Milk Center

Si è svolta la scorsa domenica 20 marzo presso il Milk Center di Verona, nell'ambito della rassegna culturale "Noi e la religione" di febbraio-marzo 2011, una serata di dibattito dal titolo "Giovani omosessuali in terra d'islam", che ha visto l'intervento di due esperti conoscitori della realtà mediorientale: Paolo Ferrarini, appassionato di lingue e culture straniere, "amante dell'avventura" (come ama lui stesso descriversi) nonché autore del cd Paradigmi gnoseologici, e Luigi Turri, archeologo dell'Università di Verona che, dopo aver trascorso parte della propria adolescenza in Arabia Saudita, continua a frequentare assiduamente il Medio-Oriente, in particolare la Siria, per motivi di lavoro e di ricerca.

Nel tentativo di spiegare la concezione dell'omosessualità in terra islamica, il pensiero corre inevitabilmente al Corano, che, come la Bibbia, riferisce della storia di Lot e della distruzione di Sodoma: a tale episodio sono anzi dedicati numerosi passi in luoghi testuali sparsi, puntualmente segnalati da Luigi Turri e caratterizzati, volta per volta, da aggiunte o omissioni di dettagli, e soprattutto la colpa dei "sodomiti" è qui chiaramente identificata con la sodomia in senso stretto, mentre nel libro della Genesi, come ci ha spiegato il pastore Jonathan Terino della Chiesa valdese di Verona, nostro ospite a febbraio, si lascia intendere che la colpa sia legata piuttosto ad una violazione del dovere di ospitalità. Nel Corano, in ogni caso, non è prescritta una punizione specifica per chi si renda colpevole di atti "contro natura". Laddove vengono applicate, precisa ancora Luigi, le pene vengono quindi dedotte perlopiù per analogia: è lecito ricorrere alla lapidazione in quanto la stessa Sodoma è stata distrutta da una pioggia di pietre. Bisogna quindi cercare altrove le radici di quell'omofobia comunemente – e a torto - indicata come costitutiva della fede musulmana. Più che al Corano, occorre rivolgersi agli hadith, detti memorabili del Profeta, variamente interpretati e sulla cui autenticità esistono opinioni discordanti, e più in generale, secondo Paolo Ferrarini, ad un tratto comune ai tre monoteismi, passato dall'ebraismo nel cristianesimo e nell'Islam, vale a dire l'ossessione per la pratica della penetrazione anale, vero oggetto della riprovazione.

A ben vedere, l'amore fra uomini in sé e per sé, quando vissuto "platonicamente" nella castità, è in realtà abbondantemente presente nella letteratura araba e nei secoli non sembra aver mai costituito un problema, come dimostrano alcuni esempi e testimonianze segnalati dallo stesso Luigi. I poeti, Abu Nawas in primis, cantano regolarmente della passione per dei giovani ragazzi, mentre uno storico egiziano del XV secolo come Al Maqrizi giungeva ad affermare che "l'omosessualità è così stratificata che le donne devono vestirsi da uomo per ricevere uno sguardo dai loro pretendenti"! Tale situazione è del resto confermata dai resoconti di molti viaggiatori europei entrati in contatto, nel corso dei secoli, con questo Oriente dedito ad ogni sorta di vizi, compresi quelli "contro natura".

Paradossalmente, sono state proprio le potenze occidentali, un tempo decisamente più intolleranti nei confronti del comportamento omosessuale di quanto lo fosse l'Oriente di Maometto, ad introdurre una legislazione anti-sodomia in questi Paesi, che di per sé non avrebbero avvertito l'esigenza di risolvere un non-problema. Tali leggi, successivamente abrogate in Europa, come sappiamo, sono tuttavia rimaste in vigore, come retaggio del periodo coloniale, in numerosi Paesi africani e mediorientali, le due aree ad oggi più critiche in materia di persecuzione delle minoranze sessuali. I legami amichevoli o, al contrario, conflittuali con l'Occidente si ripercuotono sull'effettiva applicazione o meno di provvedimenti punitivi nei confronti dei trasgressori della morale sessuale: mentre l'Iran sembra farsi ben pochi scrupoli ad impiccare i colpevoli di sodomia (per quanto sia arduo, in questo caso, entrare in possesso di informazioni affidabili), in un Paese come l'Arabia Saudita, legato per varie ragioni alle potenze occidentali, il "reato" di sodomia non porta quasi mai, di per sé e in maniera automatica, ad una condanna a morte, ma viene solitamente abbinato ad accuse di altro genere (per esempio terrorismo), in modo tale da additare, agli occhi della popolazione locale, il comportamento omosessuale come criminoso evitando nel contempo di suscitare la disapprovazione della comunità internazionale.

Proprio in Arabia Saudita, e più in generale nei ricchi Paesi del Golfo, come ci ha spiegato Paolo Ferrarini, sembra vigere una doppia morale, una sorta di ipocrisia "istituzionalizzata" per cui qualunque comportamento è virtualmente consentito entro le quattro mura, e comunque nell'ambito di quella sfera privata che per la cultura islamica è inviolabile, mentre in pubblico il buon musulmano è tenuto a richiamare all'ordine chiunque trasgredisca non solo, evidentemente, le norme attenenti alla sessualità ma anche, per esempio, quelle relative al consumo di alcolici. È quindi tutt'altro che raro, soprattutto per chi dispone di notevoli risorse economiche, intrattenersi, anche sessualmente, con giovani ragazzi a pagamento.

Un conto è però praticare sesso omosessuale, un altro riconoscersi apertamente in un'identità cosiddetta "gay" - ammesso che questo sia possibile in realtà dove mancano modelli in cui identificarsi. Come ci ha raccontato lo stesso Paolo, viaggiare nei paesi mediorientali, dove l'emancipazione della donna non è ancora avvenuta, e ancor meno l'emancipazione dell'omosessuale, è come viaggiare, più ancora che nello spazio, nel tempo, e ritrovarsi a contatto con una realtà non dissimile a quella esistente in Europa ancora alcuni decenni fa, prima che si sviluppasse il cosiddetto movimento gay. Dichiararsi omosessuali, in Paesi dove resiste la mentalità del clan, equivale ad una perdita dell'onore con gravi conseguenze dal punto di vista sociale non solo per il soggetto direttamente coinvolto ma anche per tutta la sua famiglia: in Egitto, per esempio, dove una sorella non si può più sposare se del fratello si conosce l'omosessualità.

Un capitolo a parte andrebbe riservato all'omosessualità femminile, che viene perlopiù ignorata a livello legislativo, come del resto avveniva in Europa e nella stessa Germania nazista, dove il Paragrafo 175 si applicava ai soli omosessuali di sesso maschile. Le ragioni principali della mancata punizione (quantomeno in forma sistematica e regolamentata) del lesbismo possono, in entrambi i casi, essere ridotte a due: da un lato infatti, la lesbica, in quanto donna, si trova per questo stesso motivo in una posizione di inferiorità ed è soggetta al controllo da parte degli uomini, anche senza l'ausilio di leggi specifiche, dall'altro, la sua sessualità, non comportando la penetrazione, non viene nemmeno riconosciuta come vera e propria pratica sessuale. Per quanto riguarda nello specifico il mondo arabo musulmano, Luigi Turri ci ha fatto notare che, paradossalmente, il lesbismo è in certi casi e in giovane età addirittura incoraggiato, in quanto delle frequentazioni esclusivamente femminili garantiscono che una ragazza arriverà vergine al matrimonio – fermo restando che, per l'appunto, al dovere sociale del matrimonio e della procreazione non è possibile in alcun modo sottrarsi.

Il rapporto (spesso conflittuale) fra omosessualità e islam riguarda tuttavia anche l'Europa. Se infatti, da un lato, si sta facendo strada un movimento di persone che cerca di conciliare le proprie due identità – religiosa e sessuale – dall'altro sembra in crescita il fenomeno di omosessuali che, informati di quanto avviene in Paesi come l'Iran, stanno sviluppando sentimenti di islamofobia. Il caso dell'Olanda è in questo senso esemplare, e recentemente anche in Francia la stessa Marine Le Pen, figlia di Jean-Marie, storico leader del FN (Front National), partito xenofobo di estrema destra, sta iniziando a lanciare segnali all'elettorato omosessuale in funzione anti-islamica.

Su quest'ultimo argomento si è quindi chiusa la serata di dibattito con Luigi Turri e Paolo Ferrarini, il quale ci ha però proposto in conclusione, attraverso la visione di due videoclip, anche un assaggio della sua attività di cantante e musicista, su cui ha senz'altro influito l'esperienza dell'omosessualità (uno dei due brani era dedicato al ricordo del momento del coming out) ma che si è anche nutrita, e tuttora si nutre, dei numerosi viaggi, compresi quelli in queste terre mediorientali tanto ostili eppure, al tempo stesso, tanto affascinanti.


Daniele Speziari