Omosessualità e cultura islamica

La voce Omosessualità e legge islamica dell'Encyclopaedia Iranica prosegue parlando dell'omosessualità nella cultura islamica, ed il raccordo è dato dall'osservazione che le società arabe ed islamiche hanno sempre accettato volentieri, almeno a partire dall'8° secolo del nostro calendario, le pubbliche dimostrazioni d'affetto tra maschietti.

Ed infatti, la poesia amorosa araba (ghazal - che secondo una teoria avrebbe ispirato la poesia trovadorica in Provenza attraverso il sufismo) cantava con eguale disinvoltura ed ampiezza di toni (dall'eccelso al terragno) l'amore per i ragazzi come quello per le ragazze; già in arabo, lingua che distingue il maschile dal femminile, spesso non si capisce se la poesia parla di un ragazzo od una ragazza - figuriamoci in persiano, che non ha genere grammaticale!
Il poeta più chiaramente gay è Abu Nowas di Baghdad (morto nell'814), di cui si dice che amava i ragazzi almeno come amava il vino, e li decantava in tutti i modi, con versi che andavano dal birichino ma casto, al laidamente osceno.
Ma temi omoerotici si trovano anche tra gli insospettabili, ovvero i giuristi: l'enciclopedia riferisce che quelli di scuola hanafita amavano discutere se per caso i bei ragazzi ed i rapporti con loro fossero come il vino - un piacere vietato su questa terra, ma disponibile con inesauribile abbondanza in paradiso.
Ovviamente, le discussioni terminavano sempre con un "no, i ragazzi sono proibiti in questo mondo come nell'altro", ma è divertente notare come anche questi giuristi fossero affascinati dal tema.
L'omosessualità delle società mussulmane era in realtà molto simile a quella dell'antica Grecia e dell'Italia meridionale: non era vista come un orientamento durevole, ma come una fase transitoria, in cui il ragazzo che si affacciava alla pubertà sfruttava la sua androginìa per attirare i favori di un uomo adulto, proponendosi a lui come partner passivo; ma una volta diventato uomo (cioè dopo i quattordici anni), il suo ruolo anche sessuale diventava attivo, o con le donne, o con altri ragazzi più giovani.
Due uomini adulti che avessero scelto un ruolo passivo sarebbero stati insultati con una parola che nell'enciclopedia non è scritta, ma probabilmente traduceva in tutto e per tutto il termine "'ricchione".
Come si è detto nella voce precedente, Omosessualità e legge islamica, l'argomento delle relazioni omoerotiche emerge improvvisamente nell'8° secolo, dura almeno fino al 19°, e gli stessi mussulmani si sono chiesti come mai è accaduto questo.
Il letterato Jahez (morto nell'869 - autore anche di un libro in cui mette a confronto le qualità erotiche delle donne e dei fanciulli per il maschio attivo) sostiene che l'innovazione risale agli abbassidi: quando Abu Moslem partì nel 749 da Khorasan per invadere le terre islamiche e stabilire la dinastia abbasside, i suoi soldati non poterono portare con loro le mogli, ma portarono con sé i loro paggi. L'astinenza avrebbe fatto il resto :-)
L'enciclopedia si occupa prevalentemente dell'Iran, e nota due piccole differenze tra l'omoerotismo persiano e quello di altre letterature islamiche: dopo il Mille in Iran comincia ad essere decantata la bellezza dei turchi, specialmente di quelli dagli occhi mongolici, e l'età limite per il comportamento passivo sale.
La sintesi è data dall'attrazione per i soldati turchi (che altri mussulmani li avrebbero trovati troppo vecchi), ed alle famose coppie eterosessuali della letteratura araba e persiana (Giuseppe e Zulaika, Majnun e Layla, Kosrow e Shirin) si affianca una paradigmatica coppia omosessuale: il sultano ghaznavide Mahmud ed il suo coppiere Ayaz - la loro relazione è attestata anche da fonti non letterarie.
Ma l'ambito in cui l'omoerotismo dall'arte si estende alla vita è il sufismo: dal 9° secolo i sufi svilupparono la pratica del nazar - ovvero di contemplare un bel ragazzo come shahed = testimone della bellezza di Dio; non è detto che i sufi siano sempre rimasti a guardare, ed i loro molti nemici ne trassero un argomento in più per attaccarli.
Però il nazar fu difeso da mistici/poeti della levatura di Ahmad Ghazali, e nel tardo medioevo in Iran si sviluppò un intreccio unico nel mondo islamico tra sufismo e letteratura omoerotica - che indusse poeti persiani di grande valore come Rumi, Hafez, Zolali, a scrivere liriche in cui (approfittando anche dell'assenza del genere nella lingua persiana) si canta l'amore per un essere che potrebbe essere un ragazzo, una donna, oppure Dio stesso.
Non che la poesia omoerotica fosse solo religiosa - ovviamente c'era anche la sua controparte profana; non molto originale è l'opinione dei medici arabi sulla sodomia.
Essi infatti si basavano sulle opinioni di Aristotele (variamente deformate dalle traduzioni e parafrasi arabe) e di Avicenna, che ebbe particolare influenza, ed il loro principale interesse era il maschio adulto passivo, l'unico soggetto ai loro occhi patologico.
Le donne lesbiche non interessavano i medici, ed avevano un limitato interesse anche per la letteratura. Le cronache riferivano occasionalmente di "scandali nell'harem", e ci fu qualcuno che si chiese l'origine del lesbismo. La maggior parte pensava che le donne lesbiche si fossero ispirate, come gli uomini gay, a Lot; alcuni lo fecero risalire alla storia d'amore tra la principessa Hend per Zarqa - la principessa, dopo la morte della compagna, fece costruire un convento in cui si ritirò.
Come molti maschi italiani d'oggi, anche i mussulmani erano turbati dal lesbismo; si chiedevano chi fosse l'attiva e chi la passiva, se tutte le lesbiche fossero quelle che ora chiamiamo "camioniste", e spesso non sapevano se essere divertiti od indignati da loro.
E, come accade anche nell'Italia di oggi, i maschietti mussulmani spesso si chiedevano se era possibile convertire le lesbiche all'eterosessualità.
L'omosessualità nel mondo arabo/islamico ed in Iran è un argomento molto interessante, ma solo adesso si comincia a studiarlo; il problema principale è riuscire a capire fino a che punto la letteratura (piena di riferimenti omoerotici) rispecchiava la vita quotidiana della gente.
L'autore conclude dicendo che i letterati non notavano una grande contraddizione tra l'atteggiamento verso l'omoerotismo (apprezzatissimo nella vita e nella letteratura) e quello verso la sodomia (assolutamente vietata): per loro il problema non era dissimile da quello posto dal desiderio eterosessuale, che può motivare a formare una famiglia ("il matrimonio è metà della religione", ripetono i personaggi di Naguib Mahfouz) come alla dissolutezza.
Sarebbe un bell'argomento anche qui in Italia.

Raffaele Ladu