E' morto l'ultimo omosessuale finito nei campi di concentramento nazisti

http://www.haaretz.com/jewish-world/last-homosexual-holocaust-survivor-dies-at-98-1.376975

Val la pena riportare qui il panegirico che ha scritto Delia Vaccarello:


Rudolf, l'ultimo triangolo rosa

“Che colore ridicolo, il rosa!”, a dirlo è l’uomo che si è spento il 3 agosto a 98 anni ed è stato considerato l’”ultimo dei triangoli rosa”: Rudolf Brazda. “Mi portarono in una grande stanza con una piscina, dovevamo fare il bagno nudi, era la disinfezione, le SS mi spinsero la testa sott’acqua facendomi domande a cui non potevo rispondere. Dopo dovetti indossare i vestiti da prigioniero che avevano sul lato sinistro il triangolo rosa. Che colore ridicolo, il rosa! I criminali comuni portavano il triangolo verde, gli asociali quello nero, noi quello rosa e ovviamente venivamo derisi, non dai prigionieri, ma dalle SS”. Brazda è stato molto attivo come testimone e ha affidato a un video su youtube alcune delle sue memorie dal campo di Buchenwald dove è stato rinchiuso dal 1942 al 1945. Prima di allora, nato in Germania nel 1913, aveva avuto un periodo di tranquillità come omosessuale, grazie al clima che si respirava gli ultimi giorni della repubblica di Weimar. Insieme al suo primo compagno, Werner, era riuscito fino al 1935 a vivere una vita felice, frequentando amici e amiche omosessuali incontrati in locali gay come il New York cafè. Ma dal ‘35 tutto precipitò. Il Paragrafo 175 del codice penale tedesco, che puniva i rapporti tra omosessuali, venne ampliato, e ai gay fu data la caccia. Le vite degli amici di Rudolf furono passate al setaccio, i sospetti caddero anche su di lui, fu rinchiuso in prigione a più riprese, e separato da Werner che morì nel 1940 in guerra. Dopo il carcere, iniziò la deportazione l’8 agosto del 1942 con il numero 7952. Brazda fu costretto prima ai lavori forzati nelle cave di pietra e dopo a svolgere attività di manutenzione del campo, assistendo alla crudeltà dei nazisti sui compagni “meno fortunati”, finiti con iniezioni letali. Passati tre anni, ricevette l’aiuto di un Kapo adetto alle stalle. Lo nascose con i maiali in un capanno per gli attrezzi. “Rimasi lì 14 giorni – racconta Brazda nel video – finchè arrivarono gli Americani e fui libero”.

E adesso che il senso della vita cambia, nulla va lasciato al caso. “Dissi a me stesso: devi organizzarti, fare la vita che scegli senza che nessuno ti imponga nulla”. Inizia una nuova era. “Volevo trovare un nuovo fidanzato, e fu allora che incontrai Edouard, slavo ma con i familiari di origine tedesca. Non aveva una casa e venne a vivere da me, era così giovane, 18 anni in meno di me. Ma stavamo bene insieme e iniziammo la nostra vita, trovando entrambi un lavoro. Stavamo insieme esattamente come chiunque altro”. Vivono in Alsazia – Brazda ottiene nel ’60 la nazionalità francese -, e la loro unione dura fino al 2003, anno in cui scompare Edouard per un incidente sul lavoro. Nonostante l’età, Brazda è stato fino all’ultimo un acuto osservatore e un attivista. In occasione del monumento eretto a Berlino nel 2008 per ricordare le vittime gay del nazismo – vittime che nel ’45 non furono riconosciute, ma solo molti anni dopo – decise di raccontare per esteso la sua storia. Lo scorso anno è stata pubblicata la sua biografia “La fortuna mi assisteva sempre. Rudolf Brazda: la sopravvivenza di un omosessuale nel Terzo Reich”. In aprile, è stato insignito in Francia della legion d'onore, anche per il suo coraggio.   Per noi è l’ultimo testimone noto dei diecimila omosessuali rinchiusi nei lager. Molti hanno taciuto, per vergogna o troppo dolore. Le ceneri di Rudolf saranno poste accanto a quelle di Edouard. Riposeranno circondati dal ricordo e dalla gratitudine.

9 agosto 2011