Sul burqua, il niqab, ed una Commissione Affari Costituzionali

Ieri è stata approvata dalla Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati la proposta di legge volta a vietare il burqua in Italia - ve ne riporto il testo, tratto dal sito dell'Onorevole Salvatore Vassallo del PD:

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Disposizioni concernenti il divieto di indossare indumenti o utilizzare altri mezzi che impediscono il riconoscimento personale, l'introduzione del reato di costrizione all'occultamento del volto e modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, in materia di cittadinanza.
Art. 1.
1. L'articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
«Art. 5. - 1. Salvi i casi di giustificato motivo previsti dal comma 2, è vietato celare o travisare il volto o comunque rendere impossibile il riconoscimento personale in luogo pubblico o aperto al pubblico, anche mediante caschi protettivi o indumenti o accessori di qualsiasi tipo, compresi quelli di origine etnica e culturale, quali il burqa e il niqab. È in ogni caso vietato celare o travisare il volto o comunque rendere impossibile il riconoscimento personale in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico.
2. Fermo il divieto di cui al comma 1, costituiscono giustificato motivo le ipotesi previste o espressamente autorizzate da disposizioni legislative o da regolamenti o la presenza di condizioni di salute certificate o di motivi professionali. Costituisce altresì giustificato motivo la partecipazione a feste o manifestazioni sportive, artistiche o tradizionali.
3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il contravventore del divieto di cui al comma 1 è punito con l'ammenda da 300 a 500 euro. Il giudice può disporre che l'ammenda sia commutata nell'obbligo di prestare servizio non retribuito presso associazioni o enti che svolgono attività sociali e culturali comunque finalizzate al raggiungimento di obiettivi di integrazione sociale».
Art. 2.
1. Dopo l'articolo 612-bis del codice penale è inserito il seguente:
«Art. 612-ter - (Costrizione all'occultamento del volto). - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da quattro a dodici mesi e con la multa da 10.000 a 30.000 euro chiunque costringa taluno all'occultamento del volto con violenza, minaccia o abuso di autorità o in modo da cagionargli un perdurante e grave stato di ansia o di paura o da ingenerare nella persona un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto.
La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di minore o di persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.».
Art. 3.
1. Nella legge 5 febbraio 1992, n. 91, dopo l'articolo 24, è aggiunto il seguente:
«Art. 24-bis - Preclude l'acquisto della cittadinanza la condanna in via definitiva per il reato di cui all'articolo 612-ter del codice penale».

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La prima cosa da dire di questa legge è che la sicurezza è solo un pretesto: a Verona non ho visto nessuna persona indossare il burqua od il niqab, ma ogni volta che guido o vado a spasso vedo molti motociclisti per la strada, tutti con indosso il casco.

Non è che tutti i motociclisti siano onesti: ci sono motociclisti scippatori, e qualcuno ha imparato a tenere con una mano il manubrio ed a sparare con l'altra - come in questo caso ed in quest'altro. Sebbene sia più facile trovare motociclisti criminali che indossatori/indossatrici di niqab e burqua criminali, ci si preoccupa più di queste forme di abbigliamento che di quel tipo di copricapo.

Questa legge non tutela quindi nessuno, ma criminalizza le persone che provengono da paesi islamici, ed il suo scopo lo dichiara apertamente, quando vieta di indossare, tra l'altro "indumenti o accessori di qualsiasi tipo, compresi quelli di origine etnica e culturale, quali il burqa e il niqab".

Il secondo articolo della legge prevede una fattispecie teoricamente possibile, ma è anche vero che chi ha una certa età si rammenta di quando le ragazze dovevano litigare con i genitori perché questi ultimi temevano che la figlia si vestisse in modo troppo succinto. Perché mai non si è allargata la fattispecie ai genitori che minacciano di cacciare di casa le loro figlie se escono di casa con la minigonna e senza calze, o con i pantaloni e la cravatta? Od i figli che escono di casa con l'orecchino?

Come ho detto, il problema non è la sicurezza (perché allora si sarebbe imposto ai fabbricanti di caschi da motocicletta di costruirli trasparenti, anche a costo di regalare loro miliardi di Euro da spendere in ricerche su materiali innovativi), ma il fatto che il legislatore ha deciso di considerare un certo tipo di abbigliamento sovversivo.

Ed infatti la ciliegina sulla torta è l'articolo 3 della legge: chi ha costretto un'altra persona a coprirsi il volto può perdere la possibilità di acquisire la cittadinanza italiana.

Andiamo a leggere il testo vigente della legge sulla cittadinanza, così come riportato dal Ministero dell'Interno, ed in particolare l'articolo 6:

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1. Precludono l'acquisto della cittadinanza ai sensi dell'articolo 5:
a) la condanna per uno dei delitti previsti nel libro secondo, titolo I, capi I, II e III, del codice penale;
b) la condanna per un delitto non colposo per il quale la legge preveda una pena edittale non inferiore nel massimo a tre anni di reclusione; ovvero la condanna per un reato non politico ad una pena detentiva superiore ad un anno da parte di una autorità giudiziaria straniera, quando la sentenza sia stata riconosciuta in Italia;
c) la sussistenza, nel caso specifico, di comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica.
2. Il riconoscimento della sentenza straniera è richiesto dal procuratore generale del distretto dove ha sede l'ufficio dello stato civile in cui è iscritto o trascritto il matrimonio, anche ai soli fini ed effetti di cui al comma 1, lettera b).
3. La riabilitazione fa cessare gli effetti preclusivi della condanna.
4. L'acquisto della cittadinanza è sospeso fino a comunicazione della sentenza definitiva, se sia stata promossa azione penale per uno dei delitti di cui al comma 1, lettera a) e lettera b), primo periodo, nonché per il tempo in cui è pendente il procedimento di riconoscimento della sentenza straniera, di cui al medesimo comma 1, lettera b), secondo periodo.


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La contraddizione è evidente: il reato di "costrizione all'occultamento del volto" non è così grave da meritare fino a tre anni di reclusione (ne merita al massimo uno), ma indica un'incompatibilità con la cittadinanza italiana che va comunque sanzionata.

E' ancora più curioso questo: se non ci fosse quest'articolo, la "costrizione all'occultamento del volto" verrebbe punita ai sensi dell'articolo 611 del Codice Penale (Violenza o minaccia per costringere a commettere reato - pena edittale massima anni cinque, aumentabili in casi particolari), e quindi una condanna definitiva farebbe perdere il diritto a diventare cittadini italiani senza bisogno di precisarlo.

Più bassa è la pena di un reato, più esso è ritenuto compatibile con una vita onesta - un reato che viene punito al massimo con dodici mesi di carcere non è da gran farabutto; eppure è ritenuto incompatibile con il diventare italiano, e poiché si è fatto di tutto per associare questo reato all'islam (anche se non è precetto religioso indossare codesti indumenti - vedi qui), tale articolo postula un'incompatibilità tra islam ed italianità.

Questo modo di legiferare mi ricorda quello che ho già scritto qui, ovvero che nella Controriforma l'Inquisizione si arrogava il diritto di giudicare reati come la sodomia e la bigamia che non erano di eresia nella mente di chi li commetteva, ma lo erano nella mente degli inquisitori - la proposta approvata dalla Commissione Affari Costituzionali della Camera è un manifesto ideologico dello stesso (dis)valore dei pretesti con cui l'Inquisizione si arrogava la giurisdizione su certi reati.

Non mi metto a discutere se burqua e niqab siano simboli di dignità umana oppure di oppressione - la mia opinione è che ognuno deve potersi vestire come vuole, a meno che il vestito non metta lui od altri in pericolo. Il chirurgo non opera con il loden, il saldatore non salda con il costume da bagno, il subacqueo non si veste da paracadutista, il motociclista non indossa la cuffia da piscina.

Posso però dire che in questa legge si è verificata una convergenza tra una persona a cui quello che è accaduto in Turchia e Tunisia - in cui il violento tentativo di secolarizzazione ha assunto i caratteri di una guerra tra religioni contrapposte, è servito soltanto ad alienare i governi dal popolo, e non ha promosso né la libertà né la democrazia fino a tempi recenti - non ha insegnato nulla ed è convinta di dover combattere in Italia una battaglia che non ha senso nemmeno in Marocco, ed alcune formazioni politiche che hanno verso gli immigrati lo stesso atteggiamento che hanno verso gli omosessuali.

Come faceva notare il compianto autore di questo libro, che abbiamo in biblioteca:
la segregazione che sta nascendo nel Nordest italiano non si basa sulla separazione fisica tra una stirpe ed un'altra, ma sul fatto che solo ad una è concesso di essere visibile, di vedere riconosciute le proprie associazioni, la propria cultura ed il proprio credo. All'altra è concessa solo l'esistenza fisica e la sua riproduzione, e guai se reagisce contro la sua denigrazione.

Si sta applicando anche agli immigrati il modello di "tolleranza repressiva" collaudato in 130 e passa anni contro le persone LGBT, e ribadito dal recente voto sulla proposta di legge contro l'omofobia. Approvare la proposta avrebbe significato riconoscere l'esistenza di una "Queer nation", e di una "LGBTQ culture", tutelabili in futuro estendendo ad esse i benefici della Legge Mancino - e non per nulla alcuni politici hanno giustificato il loro voto contrario dicendo che non volevano offrire dei favoritismi ad una minoranza, cioè riconoscerla.

Ma alle minoranze l'oppressione si infligge sempre volentieri! E l'argomento secondo cui burqua e niqab ostacolano l'integrazione somiglia tremendamente a quello di chi propone a gay e lesbiche di rimanere velati.

Raffaele Ladu