Recensione: Lorenzo Bernini, Maschio e Femmina Dio li creò!?


Lorenzo Bernini

Maschio e Femmina Dio li creò!? Il sabotaggio transmodernista del binarismo sessuale.

Il dito e la luna 2010

Il libro è la rielaborazione di un articolo pubblicato dal Prof. Bernini sulla rivista "Polemos" nel 2008. Il libro vuole presentare le teorie che si oppongono al "binarismo di genere", ovvero alla concezione tradizionale per cui ci sono solo due generi (maschile e femminile) che corrispondono ai due sessi.

Come introduzione al pensiero di Mario Mieli, Michel Foucault, Judith Butler e Lesile Feinberg è molto buona (perlomeno corrisponde a quello che ho letto di Butler e Foucault); come proposte operative mi pare zoppicante.

Infatti, Bernini condivide la diffidenza "postmodernista" (lui preferisce chiamarla "transmodernista") per le soluzioni generali ed astratte che si impongono a tutti, per il semplice motivo che non esiste un soggetto universale ed astratto a cui queste soluzioni possano applicarsi, in quanto ogni "soggetto" si crea da solo in ogni momento della vita confrontandosi e scontrandosi con gli altri "soggetti" in divenire.

Per dimostrare che la dicotomia (mi perdonerete se uso questa vecchia parola italiana in luogo di un brutto calco dall'inglese) dei generi è impraticabile, cita l'esempio classico dei bimbi intersessuali, cioè che nascono con genitali ambigui, e dei criteri che seguono i chirurghi che vogliono "normalizzarli", criteri che suscitano nel lettore o l'ilarità od il raccapriccio – non certo il rispetto che merita la buona chirurgia.

Quest'esempio serve a mostrare che non è il sesso corporeo a precedere il genere sociale, ma è la dicotomia dei generi a guidare l'interpretazione che diamo al sesso corporeo, interpretazione il cui scopo è quello di isolare i dominatori (i maschi etero) dai sottomessi (le donne, e le altre minoranze sessuali).

Ma Bernini ammette di non riuscire a costruire qualcosa che prescinda da questa dicotomia; quello che riesce a proporre è di mutuare la locuzione "passare da …", usata dai/dalle trans per indicare il riuscire a recitare il ruolo del genere preferito – per cui un'MtF (Male to Female – Bernini non ama quest'abbreviazione medica, ma è chiara anche ai profani) cercherà di "passare da donna", un FtM (Female to Male) cercherà di "passare da uomo".

Bernini, in sostanza dice, sulla scia di Butler e Feinberg, che non sono solo gli FtM a cercare di "passare da uomo", e non sono solo le MtF a cercare di "passare da donna", ma anche chi è stato dichiarato alla nascita del genere che continua a preferire. In questo interpretare un ruolo maschile o femminile, la persona può apportare delle variazioni rispetto al copione stabilito dalla società, e questo le permetterebbe di sfuggire alle rigidità ed ai vincoli dello stereotipo di genere.

Qui mi permetto di fare una proposta che non ha niente a che fare con il libro di Lorenzo Bernini, ma che mi pare più incisiva: la tipica istituzione che deve mediare tra doti naturali, preferenze individuali ed esigenze sociali è la scuola, che in quasi tutti i paesi è organizzata sotto forma di albero.

I primi anni sono un tronco uguale per tutti, che alla fine si dirama in tanti indirizzi per adeguarsi alle preferenze ed alle esigenze individuali e sociali; all'università diventa possibile personalizzare notevolmente il proprio corso di studi, e perfino permettersi dei ripensamenti - perché non architettare il genere in modo simile ad un ordinamento scolastico?

Una simile architettura non sarebbe esente da critiche (la scuola ne riceve di più della medicina), ma non avrebbe l'aura di immutabilità e naturalità che ha l'attuale dicotomia, visto che è comune esperienza che gli ordinamenti scolastici ed universitari sono in perenne "disfacimento e ricostruzione".


Raffaele Ladu