Un maschio (?) etero (!) all'Europride 2011

Luigia Sasso, presidentessa dell'Arcilesbica di Verona mi ha detto: "Raffaele, scrivi un articolo sul Gay Pride dal punto di vista di un maschio etero".

Ho accettato, ma devo dire che "maschio" ed "etero" sono parole grosse: di me si può dire solo che mi piacciono le donne, e che una volta un medico mi ha rimproverato perché a suo dire non fare la pipì in piedi nuoceva alla mia salute (e per dire queste cose veniva al lavoro con la Porsche!).


Con queste improbabili credenziali ho partecipato a due Gay Pride: quello di Genova del 2009 e quello di Roma del 2011. In entrambi i casi avevo il problema di non essere scambiato per gay pur lottando per i diritti dei gay; a Genova mi sono aggregato ad Amnesty International, sono diventato il loro uomo-sandwich per l'Iran, ed ho raccolto le firme ad una petizione perché le persone arrestate dalle forze di sicurezza iraniane fossero trattate con tutti i crismi della legalità e non brutalizzate dai Pasdaran e dai Basiji; a Roma ho scelto il cartello più incredibile da portare addosso, che credo che gli amici del Pianeta Urano di Verona avessero scritto per me.


A Genova correvo in teoria qualche rischio: i servizi segreti iraniani sono più tentacolari di Silvio Berlusconi durante un Bunga-Bunga, e quando si tratta di scattare foto compromettenti, possono dimostrarsi più sordidi di chi ha raccolto l'intercettazione Fassino-Consorte e l'ha venduta a Paolo Berlusconi.


Era quindi garantito che a Tehran aprissero un fascicolo a mio nome, in cui potevano magari figurare anche i miei viaggi in Israele, la strana amicizia che ho avuto con una poetessa libanese sciita che viveva al Cairo (che mi ha garbatamente rimproverato perché lei invece sosteneva Ahma-nazi-djad), il mio spudorato sostegno per i diritti dei gay, le conferenze di argomento persiano che una volta ho filmato a Verona (una sul poeta Rumi ed una su come viene studiata la filosofia a Qom - Avicenna per loro è ancora fondamentale), e magari anche quello che ho tradotto e pubblicato su Agorà per dimostrare che islam non vuol dire omofobia.


A Roma ho rischiato solo invece di sentirmi dire di andare dall'oculista e dallo psichiatra dall'autrice dell'articolo che Libero ha dedicato il giorno dopo al Gay Pride: secondo lei la gente era in gran parte nuda, ma di persone che mostravano le zone erogene ne ho viste non più di quattro su cinquecentomila! O la mia vista comincia a far cilecca, oppure il mio cervello sa che, anche se spesso sono persone così sexy che sedurrebbero anche dentro un burqua, per un gay od una lesbica mostrare il proprio viso in pubblico non è oltraggio al pudore!


Lo dovrebbe essere invece per chi ad ogni campagna elettorale introduce nel dibattito gli organi genitali degli avversari politici - e per dantesco contrappasso rischia di essere condannato a 15 anni di prigione per abuso dei propri!


Tornando a me, ho rimpianto di non essere più alto perché avrei potuto portare più cartelli; con i miei modesti 169 ... oops, 164 centimetri sono comunque riuscito a farmi mettere sulla schiena un adesivo di Amnesty International:


"Human rights are my Pride = I diritti umani sono il mio Orgoglio"


ho tenuto in mano un cartello con codesti slogan:


Retto: "Ci chiamiamo MILKVERONA e siamo qui per reclutarvi tutti!"


Sess ... volevo dire Verso: "Tanti uomini sono gay. Fattene una ragione!"


Del secondo slogan esisteva anche la versione femminile:


"Tante donne sono lesbiche. Fattene una ragione!"


che ho affibbiato alla mia maglietta, in disprezzo dei lesbofobi.


La lesbofobia ha un tratto che la distingue dall'omofobia verso i maschi: le lesbiche sono per molti omofobi IGP (Indicazione ideoloGica Protetta) non solo donne troppo "deboli" per sostenere una relazione eterosessuale (che per loro è l'unica "normale"), ma anche e soprattutto donne che si sottraggono al dominio patriarcale (e magari ne sottraggono altre seducendole), che loro cercano di ammantare come "naturale".


La presunta "debolezza" può essere di vario genere; la spiegazione che mi ha stupito di più è quella di sapore ac-catto-marxista, secondo cui si tratta di una debolezza economica - ma chi ha detto una cosa del genere non ha mai davvero conversato con una donna lesbica, che gli avrebbe spiegato che ogni giorno si rende conto dei mille modi in cui la nostra società premia le etero riluttanti punendo invece le lesbiche felici, per cui ogni calcolo economico spingerebbe una donna ad essere etero a qualsiasi costo! Questa teoria non è solo offensiva, è anche assolutamente implausibile e prova della grande stupidità di chi la sostiene.


Il vedere nelle lesbiche delle donne che rifiutano di soccombere al loro presunto "destino biologico" motiva un particolare astio che codesti lesbofobi verso i maschi gay non hanno; costoro hanno in comune con i maschi che hanno visto troppi film porno etero e molestano le lesbiche che incontrano il non capire che le donne sono esseri umani a pieno titolo, e non il complemento dell'uomo.


Già era forte questo slogan; il climax l'ho raggiunto scegliendo tra i cartelli da appendere al collo quello con questo messaggio:


"Non sono lesbica. Ma la mia ragazza sì"


Già molto provocatorio indosso ad una donna, diventava incredibile indosso a me; è vero che il Ministro dell'Energia e dei Cambiamenti Climatici del Regno Unito, Chris Huhne, sta vivendo letteralmente una situazione del genere, in quanto avrebbe lasciato la moglie Vicky Price per mettersi insieme con la "lesbica in pensione" Carina Trimingham, ma l'ho saputo solo dopo l'Europride!


Mi è capitato di vivere una situazione che le assomigliava molto, però, e che richiedeva la dote della "compersion" (essere felici quando la persona che si ama è felice - anche se tra le braccia di un'altra persona); non era una situazione stabile ed è finita, ma la rimpiango un po'.


Aggiungo che ci sono donne che hanno cercato di farmi il lavaggio del cervello parlandomi della grande dote della fedeltà; non si offendano, ma non riesco a dare loro retta. Per cominciare, ho l'impressione che se le persone anziché tradire il loro partner o coniuge andassero a fare una corsetta, sarebbero gli italiani e non i kenioti i primi nella maratona, anche in quella femminile.


Inoltre, non sono in grado di accorgermi se la mia partner mi tradisce, e quindi mi rifiuto di premiarla per non averlo fatto. Né, soprattutto, chiederei mai a lei quello che non voglio sia chiesto a me. Tanto vale prenderne atto, minimizzare le conseguenze dell'infedeltà - come fanno le coppie gay - ed imparare la "compersion", anziché pretendere l'impossibile l'uno dall'altro.


Tutte queste considerazioni erano ovviamente ignote a coloro che sono stati incuriositi dal cartello, tra cui una troupe del TG2 che mi ha intervistato. Non ho sfruttato l'occasione al meglio, ma ho detto che partecipare al Pride significava lottare per i diritti umani, non solo per quelli dei gay, e che volevo che l'Italia si allineasse alle nazioni più avanzate del mondo anziché a quelle più arretrate. Al prossimo Pride imparo due frasi da dieci parole l'una per il caso io venga intervistato nuovamente.


Non tutte le persone hanno apprezzato; una ragazza mi ha detto: "Non ci banalizzate così!". Non mi è parso di averlo fatto, ma riferisco la frase a chi ne sa più di me e perciò la sua opinione vale di più.


Altre ragazze hanno riso, pensando probabilmente che stavo esprimendo un sogno impossibile - ma i Pride sono fatti anche per sognare, no? Una ragazza dai lineamenti orientali che portava il cartello:


"Nazinger still persecutes gays = Nazinger perseguita tuttora i gay"


è sembrata molto incuriosita ed ha ricambiato più volte il mio sguardo - ma non ci siamo scambiati una parola, e non posso perciò sapere che pensava davvero.


Altre persone mi hanno invece fotografato - dovevo essere proprio curioso, anche se credo che il primato sia stato di Daniele Speziari, che portava un cartello che pressappoco diceva:


"Se l'omosessualità è una malattia, telefonate al datore di lavoro per dirgli: 'Sono ancora gay, me ne sto a casa'"


Oltre ai miei cartelli, ho anche portato lo striscione del Pianeta Ur-Ano per un bel pezzo, finché ho pensato che, avendo già avuto il mio quarto d'ora di celebrità, mi conveniva lasciare ad altri la visibilità mediatica; prima di lasciarlo ho però incontrato una conoscente (trans MtF operata) che ha voluto baciarmi e salutare noi del "Pianeta Urano".


Considerato che appartiene al "Circolo Pink", un'associazione con cui abbiamo avuto ultimamente un mucchio di screzi, ho apprezzato molto il gesto; non è stata l'unica conoscente non-veronese che abbiamo incontrato, e sono stato particolarmente contento di incontrare dei sardi che erano gay senza essere antisemiti (purtroppo, il "socialismo degli imbecilli" fa tuttora molti adepti).


L'itinerario della manifestazione era molto simile a quello di molte altre a Roma: partenza da Piazza della Repubblica (che un tempo era l'esedra delle Terme di Diocleziano), passaggio per Piazzale dei Cinquecento (mi sono astenuto dallo scheccare davanti alla statua di Giovanni Paolo 2° perché il Pride era già da solo un possente sberleffo a tutti gli omofobi per convinzione, professione, o calcolo politico da cataratta senile), il Colosseo, ed arrivo al Circo Massimo.


Lì non ho avuto la pazienza di aspettare Lady Gaga, ho cercato un posto in cui mangiare un boccone, sono tornato in albergo, ed ho dormito fino al mattino. Ho quasi cinquant'anni ed una salute che è scappata di casa da decenni - avevo già fatto tanto.


Il giorno dopo abbiamo commentato i giornali e poi siamo tornati a casa. Chissà perché il governo che abbiamo si preoccupa di più dei nostri buchi che di bucare le montagne tra Bologna e Firenze; quello che ci passa dentro è un esofago di topo, un'autostrada della fame, non una moderna via di comunicazione.


Mentre viaggiavamo, tutti quanti usavamo gli smartphone per informarci sulle percentuali di chi aveva votato ai referendum - era la prima ed unica volta che le signore sono state d'accordo che le misure contano e che l'abbondanza serve al godimento finale. Se dicono che la legge del quorum è una legge maschilista, posso anche essere d'accordo.


Una volta arrivato, senza nemmeno passare per la doccia, sono andato a votare: era più importante lavarmi la coscienza che la pelle in quel momento. Avevo qualche perplessità sui referendum per l'acqua (la buona dottrina liberale osserva che è più facile per un privato lottare contro gli sprechi), ma ho preferito non rischiare di sbagliare le altre due schede, ed ho votato "Sì" per tutti quanti.


A proposito di buona dottrina liberale: è una delle perversioni del nostro paese che la nomea di "liberale" sia stata usurpata da persone che odiano la libertà religiosa, propugnano il razzismo contro i rom, attaccano gli immigrati (che pure hanno fatto la fortuna di paesi come gli USA, l'Australia, Israele e la Germania), rei-fica-no le donne, non vogliono rinunziare all'"Homophobia instrumentum regni", e non hanno mai letto Amartya Sen (con le sue penetranti analisi sulla diseguaglianza) e Martha Craven Nussbaum (la cui teoria liberale dell'eguaglianza vuole che non ci siano discriminazioni dovute alla religione, al genere od all'orientamento sessuale).


E come faceva notare l'Economist ( http://www.economist.com/node/18780831 ), il prestigioso settimanale britannico che ha messo Berlusconi in copertina con la didascalia "L'uomo che ha fottuto un intero paese" (ed ha fatto tradurre la frase in diverse lingue per diffondere meglio il messaggio), questo sedicente liberale, questo presunto imprenditore di successo è riuscito a far crescere l'Italia soltanto dello 0,25% all'anno (a valori costanti, cioè tenendo conto dell'inflazione) tra il 2000 ed il 2010 - soltanto Haiti e Zimbabwe, tra tutti i 195 stati sovrani al mondo, sono riusciti a fare di peggio.


Beato il Belgio, che da un anno è senza governo, ed ha fatto meglio di noi con il Berlusca!


(unquote)


Raffaele Ladu