Teorie queer e questione ebraica - 1/2 - Un comune destino

Ho letto ed acquisito al Milk questo libro:
e cerco di riferirvi quello che mi ha lasciato impresso; non è un libro facile, e per giunta si presenta come una raccolta di saggi di diversi autori su argomenti eterogenei - che costringono il lettore ad operare la propria personale sintesi.

Non mi pare il caso di riassumere i singoli saggi singolarmente - vi riferisco quello che da tutto il libro ho imparato, e mi riservo di correggerlo sulla base di ulteriori letture.

E' quasi un luogo comune che ebrei ed omosessuali hanno qualcosa in comune - se non altro per essere finiti entrambi nei campi di concentramento nazisti; non ci sono finiti per caso insieme, ma prima di spiegare il perché (od alcuni dei perché) devo fare il pignolo, ricordare che i confronti sono utili quando evidenziano non solo le somiglianze ma anche le diversità, e precisare che, mentre ebrei e rom sono stati oggetto di sterminio per "dolo specifico", ovvero i nazisti proprio li volevano estinguere e perciò hanno sterminato quasi sei milioni di ebrei e mezzo milione di rom, gli omosessuali lo sono stati per "dolo eventuale" - ovvero i nazisti li sottoponevano ad un regime durissimo, accompagnato da scherni, molestie e sevizie anche da parte degli altri prigionieri, che portò ad un tasso di mortalità di circa il 60%, il più elevato tra tutte le categorie di prigionieri che non furono oggetto di sterminio diretto.

Altro punto fermo, quello da cui ci conviene partire, è che sia i gay che gli ebrei hanno avuto uno stereotipo in comune: l'essere dei pervertiti sessuali. Quasi nessuno ormai ci prova a dirlo degli ebrei (una traccia dello stereotipo resta nelle molte barzellette sulla circoncisione, di cui si dubita sempre che alteri la vita sessuale degli ebrei), ma molti continuano ad insinuare che i gay corrompano i bambini, se non addirittura che li rapiscano, sevizino ed uccidano.

Quest'insinuazione nel caso degli ebrei ha un nome specifico: "accusa del sangue", ovvero la credenza che gli ebrei plagiassero la pasqua cristiana rapendo, salassando ed uccidendo un bambino cristiano, in quanto il suo sangue avrebbe avuto poteri taumaturgici.

Chi vuole una confutazione di questa menzogna non ha che da ricordare che in tutti i processi dell'inquisizione (vedi anche qui) le confessioni degli imputati rispecchiavano molto bene la teologia di chi li interrogava, e quando questa teologia si evolveva, anche le confessioni la seguivano come l'intendenza di napoleonica memoria - in una parola, anche quando non si possono provare le torture a danno di imputati e testi, si può sempre sospettare il plagio da parte degli inquisitori; chi non si accontenta di questa confutazione generale può leggere utilmente questo libro:

Quello che però vale la pena osservare è che le descrizioni di questi presunti rapimenti ed omicidi di bambini somigliano molto a quelle dei delitti che commetterebbe un pedofilo - insinuando così che gli ebrei avrebbero fatto queste cose non solo in odio alla religione cristiana, ma anche per soddisfare turpi voglie.


Più in generale, una delle sventure degli esseri umani è che è più facile definire un gruppo sulla base delle persone che esclude che sulla base delle persone che include; e maggiori sono le differenze tra gli inclusi e gli esclusi, più facile è distinguere i primi dai secondi - ed è inevitabile perciò che chi vuol distinguere a forza due gruppi umani, attribuisca loro costumi sessuali antitetici.


Quando, verso il 12° secolo, l'Europa cristiana s'impegnò nelle Crociate, e sentì perciò l'urgente bisogno di distinguere coloro che includeva (i cristiani) da coloro che escludeva e combatteva (gli ebrei ed i mussulmani), agli esclusi non fu solo riconosciuta una religione diversa da quella dominante, ma anche attribuita una sessualità dissimile da quella dominante.


Guarda caso, mentre nell'11° secolo il Liber Gomorrhianus composto da San Pier Damiani nel 1049 aveva procurato al suo autore non l'amicizia, ma l'inimicizia dei papi Leone 9° ed Alessandro 2° (vedi qui), che non vedevano nella "sodomia" del clero un grosso problema, nel 1102 il Sinodo di Londra dispone che i fedeli siano informati della gravità di questo peccato, e lo confessino - e nel medesimo paese e nel 1182 abbiamo il primo esempio di "accusa del sangue", secondo cui a Norwich un ragazzo di nome William sarebbe stato rapito ed ucciso dagli ebrei della città (vedi anche qui).


In un libro di cui ho letto solo la recensione (lo acquisirò al Milk), ovvero:
avverte che anche nella letteratura inglese (non so se siano stati fatti studi analoghi nella letteratura italiana o di altre culture) l'ebreo è stato l'oggetto di quella che un teorico delle relazioni oggettuali chiamerebbe "identificazione proiettiva", ovvero il ricettacolo di tutto ciò che di sé rifiutava il dominante maschio bianco, etero e cristiano.


Poiché l'ideale di maschio dominante è cambiato con il tempo, anche ciò che si proiettava sugli ebrei con il tempo è cambiato - con il paradossale risultato che agli ebrei sono state attribuite caratteristiche contraddittorie ed incompatibili, in quanto proiettate su di loro in momenti storici diversi, e che nessuno si è mai curato di staccare da loro.


Per la precisione (vedi qui), Biberman afferma che lo stereotipo dell'ebreo "satanico", aggressivo, feroce, "ipervirile", è servito ad autori come Shakespeare, Milton, Marlowe, eccetera, a guidare la transizione dal modello del cavaliere al modello dell'uomo d'affari - con l'ebreo nella parte della persona obbligata a recitare un ruolo obsoleto, così come obsoleta sarebbe la sua religione.


In seguito quello che era "ipervirile" diventa "normativo", ed all'ebreo per contrasto viene attribuita la nomea di "sissy = femminuccia". Nella recensione al libro di Biberman non viene spiegato quando sarebbe accaduta la seconda transizione, ma il libro di cui sto parlando, "Queer Theory ...", la pone nel 19° secolo - secolo di nazionalismi, colonialismi ed imperialismi.


Una cosa che è diventata senso comune almeno dalla pubblicazione della "Storia della sessualità" di Michel Foucault è che la "sessualità" è nata solo nel 19° secolo dell'era volgare, quando si è cominciato a classificare gli individui sulla base di ciò che desideravano: quello che per la teologia cristiana (ma anche ebraica e mussulmana) era tuttalpiù un recidivo nel peccato di "sodomia", diveniva ora l'"omosessuale", una persona con una particolare struttura della personalità.



L'osservazione di Foucault è valida, se non la si prende tanto alla lettera da credere che prima che Kàroly-Mària Kertbeny coniasse il termine "omosessuale" nel 1869 non si fosse capaci di indurre dal comportamento di una persona la sua indole, e non si fosse perciò capaci di distinguere le persone a seconda dei loro desideri sessuali.


La distinzione tra i vari orientamenti sessuali nasce dall'esigenza ottocentesca di razionalizzare e massimizzare: se la procreazione, obbiettivo tradizionale di tutte le società, ed in particolar modo di quelle la cui religione dominante è abramitica, diventa un'ossessione (perché il numero è potenza), allora occorre individuare coloro che sono inadatti al compito, o perché dotati di tratti genetici indesiderabili (e, guarda caso, l'inventore dell'eugenetica moderna, Sir Francis Galton, provò a sovrapporre molte fotografie di volti ebrei nel tentativo di individuare il viso ebraico puro), oppure perché psichicamente inadatti a formare una famiglia (il "Compendium der Psychiatrie" di Emil Kraepelin fu pubblicato nel 1883), o perché non desiderano rapporti sessuali di tipo procreativo (a Kertbeny si può aggiungere Richard von Kraft-Ebbing, che pubblicò nel 1886 il testo "Psychopathia Sexualis").


L'associazione tra ebraicità e condotta sessuale deviante, moneta corrente in Europa almeno dal 12° secolo, non è cessata nel 19° secolo, anzi; mentre fino ad allora l'essere "giudei" o l'essere "sodomiti" era considerato una scelta (uno poteva cessare di essere ebreo battezzandosi, uno poteva smettere di compiere atti "sodomitici"), ora essere "ebrei" diventava una questione di razza (e quindi l'ebraicità diventava una caratteristica irrimediabile della persona - se ne ricorderanno le legislazioni antisemite nazista e fascista), e l'essere "omosessuali" una questione di indole, presumibilmente ereditaria.


Ci sono persone contemporaneamente gay ed antisemite (potrebbe essere stato il caso di Richard Wagner - vedi qui), ma il caso che più ci interessa è quello della persona nello stesso tempo ebrea e gay, ovvero la più distante dal modello ideale di maschio cristiano/ariano e sessualmente "normale"; secondo "Queer Theory ...",  un'interessante analisi del problema, l'ha data Marcel Proust nella sua monumentale "Alla ricerca del tempo perduto".


La madre di Marcel era una donna ebrea che aveva sposato un cattolico, e lasciato che Marcel fosse battezzato ed educato come tale; per la legge religiosa ebraica, lui era ebreo, ma era più facile per lui nella Francia a cavallo tra il 19° ed il 20° secolo ammettere di essere gay che di essere ebreo, ed i suoi personaggi riflettono i tormenti della sua identità ebraica, intrecciata alla sua autocoscienza gay. Ne riparleremo.


Va detto che lo stereotipo dell'ebreo "mollaccione", "effemminato" e "degenerato" attecchì in certa misura fra gli stessi ebrei europei, anche se evitarono di intenderlo in modo (omo- o tran-)sessuale; l'esempio più noto è dato dal sionista Max Nordau, che coniò il termine "muskel-Judentum = muscol-ebraismo" per indicare il suo obbiettivo di rendere fisicamente e moralmente forte la gioventù ebraica, e pubblicò un libro chiamato "Degenerazione", che però parla della civiltà europea in generale, non degli ebrei in particolare.


Queste idee non erano solo di Nordau: tutti i sionisti volevano rigenerare il popolo ebraico, ed il mezzo più appropriato per Theodor Herzl, il fondatore del moderno sionismo politico, era la creazione di uno stato degli ebrei in Palestina; i più smaliziati commentatori ebrei del tardo 20° secolo - primo 21° secolo, che pur ammirando Herzl e successori si interrogano su quello che hanno conseguito, non si sono risparmiati il gioco di parole "Palestine = Phallus-tine", ovvero hanno messo in evidenza che obbiettivo del movimento sionista non era solo una patria, ma la possibilità per gli ebrei di conseguire una piena mascolinità loro negata in Europa.


A questo proposito, "Queer Theory ..." esamina al microscopio la genesi di alcune delle dottrine freudiane, osservando che sono quelle che ci si potrebbe aspettare da una persona in condizione "postcoloniale".


"Postcoloniale" è la persona che appartiene ad un popolo suddito, e l'ebreo Freud era più tollerato che rispettato nella Vienna di fine ottocento; le persone "postcoloniali" sono obbligate a vigilare attentamente su se stesse per non attirare la riprovazione o la punizione dei dominatori - e la psicoanalisi legittima questo tipo di autosorveglianza.


Non solo: il maschio "postcoloniale" si sente menomato nella propria mascolinità, perché non ricopre un ruolo dominante, e per reazione può sviluppare misoginia ("non sono una femminuccia"), omofobia ("non sono una checca"), e razzismo ("non sono come quella razza lì") od antisemitismo (un ebreo può interiorizzare l'antisemitismo, magari non negando di essere ebreo, ma precisando: "Non sono mica come gli altri ebrei io!"); tutti questi atteggiamenti si possono rinvenire in Freud, e sebbene le teorie freudiane contengano anche l'antidoto ad essi, Freud non sempre seppe farne uso.


Va detto che non tutti in Europa condividevano la visione dell'ebreo come "effemminato": Biberman osserva che la narrativa di genere gotico, e specialmente le storie di vampiri, riattivano la visione dell'ebreo "satanico"; io ho notato che il film "Nosferatu" di Murnau, benché artisticamente valido, contiene grevi allusioni antisemitiche; ed il mio amico Daniele Speziari ha riferito che questo libro:
avverte nella prefazione che il vampiro può simboleggiare benissimo anche l'omosessuale, non solo l'ebreo, in quanto il vampiro riconosce altri vampiri, ma riesce a dissimularsi a chi non lo è, e di questo approfitta per nuocere alle altre persone ed alla società.


Nella società europea, l'"altro" è stato simboleggiato soprattutto da due figure: l'ebreo ed il gay - che spesso venivano confusi insieme, ed ad essi si attribuivano analoghe nefandezze. Non è un caso che abbiano condiviso tale destino anche nei campi di concentramento nazisti.


E, guarda caso (vedi qui), in Italia la promulgazione delle leggi razziali del 1938-XVI (è stato veramente un anno da culo) ha avuto come effetto collaterale l'impennata dei confinati per "pederastia", in quanto i "pederasti", pur non commettendo formalmente alcun reato, nuocevano alla qualità della razza italiana.


E' giusto ricordare insieme lo sterminio degli ebrei e le persecuzioni contro lesbiche e gay; dovrei ora parlare anche di somiglianze e differenze tra identità ebraica ed identità LGBT (lesbica, gay, bi, trans), ma penso che sia meglio scrivere un altro articolo.

Raffaele Ladu