Berlin / Jason Lutes

Vidi al Cassero questo libro a fumetti, in due volumi:



me ne innamorai e lo acquistai per la biblioteca del Milk; è un buon libro, ma un po' meno di quello che mi aspettavo.

L'autore, Jason Lutes, cerca di rispondere alla domanda: com'è possibile che Berlino sia passata in poco tempo da capitale della Repubblica di Weimar a capitale del regime nazista, da luogo in cui si celebravano l'assimilazione e la Bildung ebraico-tedesca, ed una libertà sessuale che aveva fatto del famigerato Paragraph 175 lettera morta, il centro direzionale della Shoah, del Porajmos, e dell'universo concentrazionario in genere?

Per argomentare la risposta, indaga in modo molto appassionante e graficamente accurato sulla vita berlinese tra il settembre 1928 ed il settembre 1930, seguendo (soprattutto) le vite di due personaggi: il giornalista Kurt Severing e l'aspirante pittrice Marthe Müller; non mancano le sottotrame interessanti, di cui ve ne illustrerò una sola.

Come nel più trito dei cliché hollywoodiani, Kurt e Marthe si mettono insieme, e per un po' collaborano anche ad un'indagine giornalistica, volta a scoprire come poté accadere che il 1° Maggio 1929 la polizia berlinese avesse ucciso da 25 a 32 lavoratori che celebravano la loro festa partecipando ad un corteo organizzato dal partito comunista.

Ma il rapporto tra loro non dura a lungo: l'ex-fidanzata di Kurt, Margaret, è ben addentro le tenebrose notti berlinesi, e vi introduce Marthe, che scopre così di essere bisessuale (questa perlomeno è la mia interpretazione), e si mette insieme con una compagna di studi all'Accademia, Anne.

Marthe non si dichiara "lesbica", anche se la relazione con Anne è chiaramente erotica (qualcuno però mi deve spiegare perché mai i rapporti sessuali che lei ha avuto con Kurt sono graficamente molto più espliciti di quelli che lei ha con Anne - qui c'è un doppio standard all'opera!); ma non prova astio o risentimento per i maschi in genere (come accade ad alcune lesbiche che ho avuto occasione di conoscere), la relazione non segna una frattura nella sua vita, e mantiene l'amicizia con Kurt - questo mi fa congetturare che sia più corretto ritenerla bisessuale.

Esiste anche un altro personaggio nel libro, un jazzista americano gay, ma di lui si vede solo che frequenta le "pissottieres" di Berlino in cerca di sesso casuale, e solo una volta ha un'interazione più significativa con il suo partner del momento.

Sembra che l'omosessualità sia citata più per dovere d'ufficio che come elemento essenziale della storia.

Nel frattempo, la situazione politica precipita, ed il destino degli ebrei della città e della Germania viene bene espresso dalle vicende degli Schwartz, una famiglia ebrea assimilata, orgogliosa della propria germanicità e di quello che il loro figlio David impara in una scuola tedesca, tra i rimbrotti del nonno che insiste che il nipote studi invece solo la Torah e rispetti integralmente i precetti (tra parentesi, aprire un ombrello di sabato è vietato dalla legge ebraica - questo spiega perché il nipote cerchi di rifiutare l'ombrello che gli viene offerto per strada, e poi il nonno si arrabbi quando scopre che il nipote ha poi accettato).

L'unica cosa che unisce queste generazioni è il culto - ma la famiglia non può rimanere isolata dalla storia; Albert simpatizza per il comunismo, e di sabato, mentre le autorità scolastiche credono che egli stia godendosi il riposo imposto dalla sua religione, oppure frequenti una delle sinagoghe della città, egli invece vende per la strada l'A.I.Z., il giornale del partito comunista tedesco.

Il padre, quando lo scopre, lo rimprovera, non tanto perché anticomunista, ma perché sa che essere comunista ad un ebreo può costare molto di più che ad un gentile - e lo condanna a vivere tra casa, scuola e sinagoga.

L'unico tramite con il mondo rimane per lui quindi Pavel, un ebreo polacco che ricorda Tevye il lattivendolo, ma non ha famiglia, e vive spigolando vecchi oggetti dalle case demolite, e rivendendoli al padre di David (e qualche volta allo stesso David); pur essendo un uomo poverissimo, è molto timorato di Dio, e per un certo periodo alleva pure una bambina (non-ebrea) che ha salvato dalle grinfie di coetanee prostitute che volevano avviarla al loro mestiere.

Potrebbe essere uno dei 36 giusti nascosti di cui parla la tradizione ebraica, su cui si reggerebbe il mondo, ma (probabilmente: non lo si vede esalare l'ultimo respiro) morrà per le ferite inflittegli dai nazisti, non prima di essere riuscito ad affidare la bimba che allevava alla famiglia Schwartz.

Per quanto riguarda la risposta alla domanda di Jason Lutes, quella che egli dà mostra che comunisti e socialdemocratici in Germania hanno cercato solo di farsi le scarpe a vicenda (la strage del 1° Maggio 1929 fu voluta da un'amministrazione civica e da un governo socialdemocratici, ed i comunisti chiamavano i loro oppositori "socialfascisti", cosa che non verrà mai abbastanza rimproverata), impedendo alle istituzioni weimariane di consolidarsi, e senza badare alla crescente potenza del partito nazista.

Il libro infatti termina con le elezioni federali del 14 Settembre 1930, che vedono il partito nazista passare da 12 a 107 deputati, segnando l'inizio della fine della repubblica di Weimar, e di tutto il suo rigoglio culturale, secondo solo a quello di Parigi all'epoca.

Mi auguro che la SIAE non se la prenda se riproduco qui una coppia di tavole del libro (pp. 184 e 185 del primo volume), in cui Pavel e David parlano di Harry Houdini - nel libro non viene detto, ma il famoso illusionista era ebreo, e la tavola mostra quello che avrebbero dovuto fare gli ebrei tedeschi, se avessero avuto il genio del loro correligionario, e che farà la banda di jazzisti americani nelle ultime tavole della storia:





Il personaggio di Houdini ha molto affascinato Jason Lutes, che gli avrebbe poi dedicato il libro Houdini : The Handcuff King = Houdini : Il re delle manette.

Raffaele Ladu