Recensione: Hafez, Ottanta Canzoni


Hafez
Ottanta canzoni
Einaudi 2008
Il libro non è nuovo, dacché il suo autore (Shams al Din Mohammad Shirazi, detto Hafez, cioè "colui che sa il Corano a memoria") visse nel 14° secolo, ed il suo "Divan = Canzoniere" ispirò a Johann Wolfang Goethe il "Divano Orientale-Occidentale".
L'autore è un sufi, cioè un mistico mussulmano che ricerca attivamente l'unione con Dio, che non disdegna di cantare il vino come veicolo dell'estasi, e di rappresentare il rapporto tra l'uomo e Dio con l'amore tra l'uomo e l'uomo.
Mentre in altre tradizioni mistiche (si pensi al "Cantico dei Cantici") si usa l'amore tra l'uomo e la donna come metafora, Hafez usa tranquillamente l'amore tra un vecchio ed un giovane maschio - forse perché Dio è maschio nelle religioni abramitiche, ed il perfetto credente può essere solo un maschio in codeste religioni.
Nell'ebraismo si è evitato di ricorrere alla medesima metafora omoerotica separando l'aspetto trascendente (e maschile) di Dio dal suo aspetto immanente (e femminile), detto "Shekhinà = dimora" - ed è con quest'ultimo che il pio ebreo entra in rapporto eterosessuale (rapporto assai concreto, secondo Moshe Idel, secondo cui gli ebrei si dimenano pregando proprio perché concepiscono la preghiera come un rapporto sessuale con la Shekhinà); questa soluzione non è però ammissibile nell'islam, per il quale Dio è unico e semplice, ed i mistici sufi hanno dovuto perciò accettare l'omoerotismo almeno metaforico del rapporto tra l'uomo e Dio.
Ci si chiede spesso se Hafez si sia mai inebriato di vino e se la sua vita sessuale sia stata davvero più greca che islamica, e la risposta degli studiosi è che, in mancanza di riscontri, dobbiamo tener presente che la lode del vino e dei bei ragazzi era un genere letterario consolidato, ed anche le autorità più bacchettone sapevano che il più delle volte alla lascivia dei versi corrispondeva la morigeratezza della vita.
Possiamo comunque apprezzare l'eleganza dei versi di Hafez, e l'ironia sferzante che egli riserva verso gli ipocriti altolocati del suo tempo - ed anche del suo ordine mistico: i sufi erano (e sono) molto irriverenti anche con se stessi, e volentieri riconoscono anche all'infedele peccatore una santità superiore alla loro.


Raffaele Ladu